Capitolo 1

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Al giorno d'oggi la cosa più importante per un essere umano all'interno della società é senza alcun dubbio la propria relativa reputazione, siamo talmente terrorizzati dal giudizio altrui che ci porta ad avere paura di noi stessi. Come mi definiscono? Esistono svariate ed intriganti versioni sul mio conto, molte persone mi ritengono il tipo di ragazza talmente testarda ed orgogliosa che non ammetterà mai i propri errori a voce alta, forse un po' viziata, così ostinata nei suoi ideali che potrebbe farsi male una dozzina di volte, ma non smetterebbe mai di riprovarci. Altri, invece, mi vedono come una semplice egoista con un cuore di pietra che pensa solamente ai propri interessi, non curante di chi la circonda, alquanto impulsiva, un po' ingenua, lunatica e facilmente irritabile, ma alla fine dei conti come posso biasimarli: non é facile avere a che fare con un animo come il mio. Ho un carattere difficile, impossibile da domare e in diciannove anni di vita tutt'ora stento a capirmi io in prima persona, addirittura a sopportarmi a volte.

Dopo la morte di mio padre decisi di dare una svolta alla mia vita, di ricominciare, di dare a me stessa una seconda possibilità e, proprio per questo motivo, come primo passo mi trasferii in Arizona, lasciando alle spalle il mio passato e la mia piccola vita canadese. Onestamente non ero ancora sicura di quanto potesse essere buona questa mia folle decisione, ma provare non mi sarebbe costato nulla, così mi iscrissi ad un campus universitario che assomigliava piú che altro ad un labirinto, inutile dire che mi persi dopo solamente una quindicina di minuti dal mio arrivo. I ragazzi erano tutti alquanto frenetici e nessuno di loro sembrava essere volenteroso ad aiutare una banale matricola come me, anzi mi guardavano tutti accigliati, ma questo non mi recava alcun tipo di problema, anzi mi era sempre piaciuto cavarmela da sola e dimostrare a me stessa che ce l'avrei potuta fare senza l'aiuto di nessuno. Finalmente scorsi in lontananza la camera 181 e non vidi l'ora di appoggiare per terra quei bagagli che mi perseguitavano da ormai dodici ore, così solcata la porta lasciai cadere tutto e mi buttai a capofitto sul primo letto che trovai. Le mie gambe erano completamente a pezzi ed esigevano una meritata pausa di relax, nell'email informativa che mi avevano inviato avevano precisato che avrei avuto un bagno privato all'interno della mia stanza ed alzando lo sguardo notai la sua probabile porta, di conseguenza mi alzai intenta ad andarmi a fare una doccia calda, ma nel momento esatto in cui mi avviai vidi un petto nudo davanti ai miei occhi. Un petto nudo di un ragazzo con un fisico asciutto ed atletico. Ci fissammo in silenzio per qualche secondo, i miei pensieri erano abbastanza confusi in quell'istante e, a giudicare dal suo sguardo, supposi anche i suoi. Notai che l'unico indumento che indossava erano un paio di boxer, probabilmente era appena uscito dalla doccia dato i suoi capelli neri corvini ancora umidi che gli nascondevano leggermente gli occhi color perla.

« Chi cavolo sei tu? » mi domandò all'improvviso acidamente scandendo ogni singola parola.

« Chi sei tu se mai, sei nella mia stanza.» risposi risoluta tenendogli testa.

« No, questa é la mia stanza da oltre un anno. » sbraitò sottolineando la parola "mia", poi prese da un comodino un mazzo di chiavi e iniziò a sventolarle di fronte al mio naso facendomi scorgere la targhetta con inciso "Stanza 181". Non poteva essere vero, doveva esserci un errore per forza. Corsi a prendere le mie chiavi sperando di scoprire di essermi sbagliata, ma quella era assurdamente la mia nuova camera.

« E tra l'altro questo é un dormitorio maschile. » mi guardò alquanto divertito, chissà quali assurdi pensieri gli stavano frullando per la mente.

« Deve esserci un malinteso, vado a parlare con la segretaria. »

« Con il segretario. » precisò lui. Mi bloccai all'istante, possibile che fossi l'unica ragazza in tutto il campus? In effetti mi ero accorta di aver incrociato solo ragazzi nel tratto a piedi fino al dormitorio, ma non ci avevo dato peso. Perché non mi avevano detto nulla quando avevo inviato la richiesta di iscrizione?

« Seguimi. » mi ordinò mettendosi una felpa e un paio di jeans strappati. Avrei voluto rispondergli, ma mi trovai costretta ad ascoltarlo al fine di risolvere quella situazione il prima possibile. Ci recammo in un piccolo ufficio estremamente caotico dove erano presenti libri e fogli sparsi per tutta la stanza,  mi domandai come un essere vivente potesse sopravvivere per più di un'ora in un ambiente simile.

« Avevate detto che avrei avuto la stanza solo per me! » sbraitò nuovamente il mio presunto nuovo compagno di stanza entrando in segreteria.

« Signorino Sparker, che succ... » tentò di dire un uomo molto minuto seduto dietro ad un'enorme  scrivania di quercia di legno che lo faceva sembrare ancora più piccolo di quanto realmente fosse. Un'immagine alquanto buffa.

« E poi chi diavolo é questa?! » strillò nuovamente.

« Mi sto domandando lo stesso di te. » sputai quelle parole in modo estremamente acido. L'uomo quando mi vide rimase paralizzato come se avesse visto un alieno, non una semplice ragazza.

« Mi scusi, signorina, lei sarebbe? » mi domandò il segretario sistemandosi i piccoli occhiali rotondi.

« Mi chiamo Emilie Tremblay, ho inviato un'email di iscrizione due mesi fa che avete approvato. »

« Sì, mi ricordo, ma credevamo voi foste un ragazzo. » disse con imbarazzo.

« Io? » scoppiai in una profonda risata, ma evidentemente ero l'unica che trovava quella situazione bizzarra.

« E quindi? La cacciate o no? »

« Signorino Sparker, ormai l'iscrizione é giunta al suo completo e... Non ci é mai capitata una situazione del genere... » sillabò completamente in preda al panico il  piccolo segretario nell'intento di trovare una soluzione sfogliando numerosi raccoglitori.

« E quindi questa qui deve rimanere nella mia stanza? » lo guardai accigliata, doveva essere il tipico ragazzo egoista e presuntuoso abituato ad avere tutto con uno schiocchio di dita. Intollerabile.

« Non vedo altre alternative. Finché non troveremo un'alternativa plausibile soluzione, Signorina Tremblay, lei dovrà condividere la stanza con il Signorino Sparker, ma non dovrà farsi vedere nei corridoi del campus. » ad udire quelle parole il ragazzo mi squadrò dalla testa ai piedi, poi uscí dalla stanza sbattendo rumorosamente la porta. Non potevo crederci. Non volevo crederci. Come poteva essere accaduto?

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