Capitolo 14

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Erano passati ormai dodici giorni dalla mia partenza, quel giorno nessuno si era degnato di venirmi a salutare ed, onestamente, me lo aspettavo, anche se ammetto che dopo tutto quello che era successo tra me e Luke speravo di potere vedere un'ultima volta il suo viso prima di dovermene andare definitivamente, ma, a mia sorpresa, purtroppo nemmeno la sua ombra si presentò alla soglia della porta. Ero talmente delusa ed infuriata nei suoi confronti che non riuscivo assolutamente a comprendere il suo atteggiamento, non aveva nessun motivo per comportarsi in tal modo, a meno che io non fossi stata un semplice passatempo per lui. Forse la cruda realtà era quella, eppure, ogni volta che pensavo al modo in cui mi aveva guardato dal primo giorno in cui ci eravamo incontrati, non potevo credere che fosse tutto finto. Come poteva esserlo? Per quanto mi sforzassi non ero in grado di dimenticarlo, ogni minuto il mio pensiero ricadeva fisso su di lui, ma ormai quello che era successo tra noi era finito e dovevo andare avanti. Volevo odiarlo, ma proprio non ci riuscivo. Pensare che io non valevo più nulla per lui, probabilmente mi aveva anche sostituito con qualche nuova preda, proprio come si fa con i giocattoli vecchi di cui ormai non te ne puoi più fare nulla. Ma come poteva essersi già dimenticato tutto quello che c'era stato tra noi? Non volevo crederci. Non volevo che finisse tutto così. Avrei voluto che mi avesse cercato all'impazzata solamente per baciarmi un'ultima volta da farmi perdere il fiato, avrei voluto che mi avesse detto che gli sarei mancata e che non avrebbe smesso un secondo di cercarmi. Invece, lui era semplicemente sparito. Non riuscivo a pensare a come avrebbe potuto ferirmi di più, il suo pensiero mi logorava e mi uccideva sempre più con il passare del tempo.

Ero in salotto, seduta sul divano, intentata a versarmi una classica tazza di té caldo da godermi assieme ad una piacevole lettura di uno dei miei libri preferiti, quando sentii bussare alla porta del mio piccolo appartamento. Fuori era già buio, così prima di aprire guardai nello spioncino curiosa di capire chi fosse a fare bruscamente irruzione a casa mia ad un'orario simile. Speravo fosse Luke, ma mi sentii mancare l'aria quando riconobbi un volto familiare:  Jack. Cosa ci faceva lui lì? E, soprattutto, come aveva fatto a scoprire il mio indirizzo? Aprii piano la porta con il cuore che mi pulsava in gola: era vestito in modo sportivo, con un paio di jeans e una polo neri, aveva un aspetto tremendamente sexy, non mi ero mai accorta di quanto fosse effettivamente seducente come ragazzo. 

« Che succede? » domandai smorzando la tensione che si era creata tra noi. Era evidente che entrambi fossimo in imbarazzo e non sapessimo esattamente cosa dire oppure come comportarci, fortunatamente l'inventiva delle donne è più pronta rispetto a quella degli uomini.

«Eravamo tutti in pensiero per te, non ti sentiamo da giorni. » disse non guardandomi negli occhi, era chiaro che stesse mentendo. Non riuscivo proprio a comprendere come alcune persone potessero avere una simile faccia tosta dopo tutto quello che era successo. 

«Eravate troppo impegnati da non venirmi a salutare il giorno della mia partenza? » tentai di chiudergli la porta in faccia, ma qualcosa si inceppò. Vidi una scarpa di Nike bloccare la chiusura.

«Emilie, non ignorarmi, ti prego. » mi supplicò.

«Volevi vedere come stessi? Bene. Ora puoi anche andartene. » ero talmente infuriata che gli occhi iniziarono a pizzicarmi e ci passai una manica sopra per asciugarli, per qualche assurdo motivo il mio umore e i miei occhi erano legati ad un doppio filo. Una reazione umiliante. 

«Si tratta di Luke. » ammise improvvisamente. Solamente ad udire quel nome il mio cuore iniziò ad accelerare con un ritmo pericolosamente sempre più veloce, odiavo l'idea che il mio umore dipendesse da una sola persona. Decisi di ascoltare quello che aveva da dirmi per potermi togliere quel fastidioso dubbio e mettermi finalmente l'anima in pace, inoltre se aveva fatto così tanta strada solamente per parlarmi doveva trattarsi di qualcosa di importante. Jack non mi sembrava il tipo che amasse sprecare il suo tempo libero a prendersi gioco delle persone. Non era come Isaac. Lasciai la presa della porta e uscii in cortile assieme a lui, non avevo mai permesso a nessuno di entrare nella mia piccola tana personale, figuriamoci a lui. 

« Ti ascolto. » dissi in tono risoluto fissandolo dritto negli occhi con le braccia incrociate. 

« Ti posso assicurare che Luke avrebbe voluto essere qui con te. » 

« Immagino. » feci una risata acida che rimbombò per tutta la stanza. Non ero arrabbiata. Non sentivo niente. Solo un mal di stomaco lancinante, un dolore continuo che sembrava dovesse mangiarmi da dentro.

« Hai tutte le ragioni per non credermi, ma non é in una buona situazione in questo momento ed ha bisogno di te. » infilò la mano in tasca e mi porse un biglietto completamente nero, con scritto sopra solo un indirizzo ed un numero di telefono in bianco, niente altro. « Questo é l'indirizzo di suo padre, ossia del Preside Sparker. Devi tornare, Emilie. »

« E perché dovrei? » domandò il mio orgoglio.

« Lui l'avrebbe fatto per te. » mi guardò in modo tremendamente serio. Una parte di mie sapeva che aveva ragione, l'altra parte, invece, era completamente terrorizzata. Qual era la cosa giusta da fare?
Vita, una parola così corta, fatta solo di quattro lettere che al loro interno nascondono tutto il mistero del nostro esistere. Se c'è una cosa che ho imparato con la maturità, é che non possiamo permetterci di avere rimpianti a causa del mancato coraggio e dell'orgoglio. Dobbiamo vivere senza pensieri perché solo in questo modo abbiamo il nostro destino nelle nostre mani. E io non potevo perdere Luke.

 « Va bene. » dissi improvvisamente. Jack nascose un mezzo sorriso e io, dentro di me, cominciai a sentire nuovamente un'energia crescere. Ero pronta a riprendermi la mia felicità.

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