Capitolo sette - Domande

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Danger si ritrovò in una stanza cupa, illuminata da qualche spiraglio di luce proveniente da delle crepe sui muri. Un divano in velluto rosso stava al centro della stanza, con un tavolino in legno di quercia di fronte. Le pareti erano nere, le finestre alte ma coperte dalle tende bordeaux; appena ci si avvicinava alle pareti si udivano delle urla di terrore in lontananza. Un grande camino era posizionato in mezzo alla parete principale; era senza fine, dietro le grandi fiamme si apriva una voragine dalla quale provenivano grida e pianti di disperazione. Poi in alto, sopra il camino, un trono formato da ossa e teschi umani era attaccato al muro; nessuna scala per raggiungerlo.

Danger non si sentiva per niente a disagio, come se in quel posto ci fosse già stato. Ma le mani gli sudavano. Stava in piedi in mezzo alla stanza, aspettando che lui arrivasse. Poi dei passi avanzarono alle sue spalle. Si voltò.

«Danger, come stai?» chiese l'ignoto.

«Dimmi cosa vuoi».

Lui rise: «Sei sempre la solita testa calda». Poi si diresse verso un tavolo con sopra delle bottiglie, prese due bicchieri e li riempì di un liquore rosso fuoco. Guardò Danger: «Vuoi?» ma lui scosse la testa. Il secondo bicchiere venne riempito ugualmente e glielo diede in mano: «Ti conviene bere. Abbiamo una questione importante di cui parlare». Danger prese un sorso dal bicchiere, poi si sedette sul divano dopo che gli fu dato il permesso di farlo. Lui invece, con un gesto della mano, come per magia fece spuntare dal pavimento delle radici che formarono un ripiano su cui sedersi; si accomodò accavallando le gambe.

«Penso tu sappia perché ti ho portato qui».

«Ne ho una vaga idea» aveva risposto Danger con tono sarcastico.

«Bene, allora dimmi. È lei?»

Danger guardò il suo bicchiere che stava muovendo tra le mani, poi sorseggiò: «No». Il suo tono freddo e menefreghista.

«È impossibile!»

A questo punto Danger lo guardò dritto negli occhi: «Se ti dico che non è lei, non lo è».

L'uomo fece un profondo respiro per controllare la rabbia, poi si guardò l'anello rosso rubino che portava sempre al dito: «Danger, tu sai cosa ti succede, vero, se menti?»

«E perché dovrei mentirti? Ho fatto tutto ciò che mi hai chiesto, ma la ragazza non ha avuto l'adaperio. Fine della storia».

«Allora presumo sia morta nell'esplosione».

Danger sentì una fitta allo stomaco e strinse il bicchiere nella mano: «In realtà...» voleva evitare di dirlo, ma sapeva che prima o poi lo avrebbe scoperto, «c'è stato un piccolo imprevisto».

«Cioè?»

«Elijah l'ha salvata».

Lo sguardo di Danger sul bicchiere, il silenzio scese nella stanza. Si sentiva il crepitio delle fiamme nel camino, ma niente si muoveva. Ad un certo punto il silenzio venne sovrastato da un grido pieno di rabbia. Lui scaraventò nel fuoco l'intera bottiglia di liquore, poi prese il controllo delle fiamme e le innalzò su tutta la parete.

«Ecco che ricomincia» aveva detto tra sé e sé Danger. Le fiamme arrivarono a toccare il soffitto, illuminando tutta la stanza di un colore arancione. Poi l'uomo si voltò. Gli occhi rosso sangue e i canini sporgenti.

«Come ha osato salvarla dall'esplosione!» la voce forte e metallica.

«È Elijah, lo conosci. Lui salverebbe chiunque gli stia a cuore. Anche me». Danger se ne stava tranquillo sul divano, senza timore.

WINTER FALLEN - Angel || Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora