Capitolo tredici - La punizione

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Cameron si sentiva come un criminale in manette. Camminava davanti al preside e affianco a lei c'era Molly, che teneva la borsa stretta tra le mani. Era nervosa. Probabilmente non era mai stata nell'ufficio del preside. C'è sempre una prima volta, pensò Cameron, che teneva le braccia lungo i fianchi e i pugni ben chiusi. Suonò la campanella proprio mentre erano ad un passo dalla presidenza: non poterono evitare gli sguardi incuriositi dei compagni, che uscivano dalle aule spintonandosi per osservare – e probabilmente anche immortalare in un video – le due colpevoli della giornata, e guarda caso Cameron era una di loro, proprio lo stesso giorno del suo rientro.

«Allora ragazze», il preside si sistemò la giacca, per poi accomodarsi alla sua scrivania, «mi volete spiegare cosa ci facevate in piscina? Considerando i vostri abiti infradiciati, deduco non foste andate lì per nuotare».

Le due ragazze, che stavano in piedi di fronte alla cattedra, iniziarono a parlare ininterrottamente, cercando di sovrastare l'una le parole dell'altra, mescolando le loro voci in un chiasso da tapparsi le orecchie. Il preside batté una mano sulla scrivania e in un attimo calò il silenzio.

«Ragazze!» si alzò tenendo le mani sulla scrivania. «Fate silenzio e sedetevi». Molly obbedì subito sedendosi sulla sedia di destra, quella più vicina a lei. Le gambe le tremavano e sentiva la gola chiudersi, i suoi occhi giravano per la stanza osservando ogni particolare, dalla pianta posizionata sopra una libreria ben ordinata, al fermacarte azzurro sopra la scrivania. Voleva guardare dappertutto pur di non incrociare lo sguardo dell'uomo di fronte a lei. Cameron invece rimase per un istante con le braccia incrociate a fissare il preside, senza alcuna intenzione di sedersi.

«Cameron...» sospirò il preside, «per favore. Siediti e parliamone». Senza staccare lo sguardo da lui, spostò la sedia con il tallone e si sedette.

«Senza alzare la voce, Cameron potresti dirmi cos'è successo?»

Lei deglutì. «Stavamo parlando, poi lei mi ha fatto inc...» lo sguardo del preside la fulminò, «arrabbiare. E io l'ho spinta in piscina». Cameron sperava che quella falsa versione della storia lo convincesse.

«Non ci crederei neanche se l'avessi visto. Sei una pessima bugiarda Cameron». Poi spostò lo sguardo su Molly. «Vorrei mi diceste la verità».

Molly stava sudando, avrebbe dovuto evitare per tutto il giorno di alzare le braccia per non mostrare le ascelle pezzate. Lo sguardo le cadde sulla borsa fradicia. Non aveva neanche avuto il coraggio di aprirla per vedere se i libri fossero ancora tutti interi, il suo cellulare e tante altre cose, probabilmente inutili, ma che rappresentavano la personalità di Molly. Le gambe le tremavano, facevano su e giù così velocemente che i talloni battevano sul pavimento provocando un ticchettio causato dalla suola delle scarpe. Il preside la guardò come per dire "avanti, di qualcosa".

«La verità...» Molly si stava facendo coraggio, «la verità è che io ho...»

«Lei ha solo cercato di difendersi». Cameron la interruppe. «Ho ricevuto dei biglietti di benvenuto questa mattina e qualcuno mi ha fatto credere che uno di questi fosse stato scritto da Molly. Così mi sono arrabbiata con lei, poi l'ho rincorsa in piscina, lei è scivolata ed è caduta in acqua, ma vedendo che non sapeva nuotare mi sono tuffata per evitare che affogasse. Abbiamo parlato, io non ce l'ho con lei perché so che è innocente. Si è soltanto difesa».

«Difesa da chi?» intervenne il preside.

«Da questa scuola di merda».

Il preside indietreggiò per poi sedersi sulla sedia girevole. Poggiò i gomiti sui braccioli laterali e unì le mani una sopra l'altra in un pugno, che poi si portò alla bocca. Iniziò ad ondeggiare con la sedia a destra e a sinistra, con sguardo pensieroso. Dopo qualche secondo di riflessione alzò lo sguardo verso le ragazze sedute di fronte a lui. «Posso vedere quei biglietti di benvenuto?»

WINTER FALLEN - Angel || Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora