1.Lei

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Dicono che al ritorno di un viaggio non si é mai gli stessi. 

Io so quello che sono, lo so da sempre ed é per questo che sento la necessità di provare qualcosa in più. Qualcosa di non programmato, di non scontato o banale. Ho bisogno di emozioni, di esperienze forti per mettere alla prova me stessa. Ho bisogno di capire totalmente chi sono, qualcosa che va oltre quello che già so, qualcosa che spero di trovare in questo viaggio.

Ho avuto la forza di prendere questa decisione dopo tanto tempo, forse perché Lei ha bisogno di me, forse perché anche io ho bisogno di Lei.

Ed é per questo che sono su questo aereo.

Guardo il paesaggio fuori dal finestrino e mi sembra di stare già meglio. Mi sento libera, libera di fare scelte solo seguendo quello che secondo me é giusto, senza la necessità di chiedere a qualcun' altro l'approvazione. Sono passati anni dall’ultima volta che ho preso un aereo, e se penso a quanto la mia vita è cambiata non posso che sorridere.

Da bambina non vedevo l’ora di salirci, solo per bere del te freddo alla pesca. Lo amavo incondizionatamente, ma mia madre non me lo comprava mai, sosteneva che le bibite facessero male per il troppo zucchero che contenevano.

Sorrido ancora per la mia ingenuità mentre tengo stretta fra le mani la tazza di caffè zuccherato che mi sono fatta portare. Ho smesso di bere te freddo quando ho assaggiato il caffè. Forse ne sono dipendente ma non importa, non riuscirei mai a fare a meno della mia tazza di caffè bollente ogni mattina.

Sono cambiate tante cose, senza che io potessi controllare nulla. Forse è per questo che ho bisogno di vedere lei, l’unica persona che conosco che non è mai cambiata. Non hai mai smesso di credere nel suo sogno e ci è riuscita, rimanendo se stessa, nella sua stranezza e pazzia, ma sempre se stessa.

Chiudo gli occhi appoggiandomi allo schienale del sedile che mi hanno assegnato. Spero che mi possa accogliere e abbracciare. Avrei bisogno di un abbraccio adesso, voglio perdermi nelle braccia calde di qualcuno, di sentire quel calore che ho sempre cercato ma che non ho mai trovato. C’ero quasi riuscita e ne sono consapevole, ma qualcosa è andato storto, qualcosa che lui ha sempre imputato a me e alla mia rigidezza nel fare delle scelte.

“Informiamo i signori passeggeri che tra qualche minuto atterreremo nell’aeroporto di Heathrow, vi invitiamo a prendere posto e allacciare le cinture di sicurezza.”

Scaccio quei pensieri dalla testa, troppo spesso bussano alla porta, mettendo in dubbio tutto quello in cui credo. Ma non posso aprire le porte ora, non l’ho mai fatto e non lo farò mai. Non mi farò condizionare da qualcuno che non ha voluto provarci, che non ha voluto guardare più in fondo e che credo non abbia capito nulla di me. Forse invece ha capito tutto e io continuo a non voler credere in questa realtà ma ora non mi importa. Voglio vivere questo viaggio a 360 gradi, voglio divertirmi e ridere, ridere come non ho mai fatto prima, voglio svegliarmi con il sorriso e addormentarmi felice.

Ce la farò, ho sempre ottenuto quello che volevo e stavolta non sarà diverso; l’unica differenza è che dovrò fare i conti con me stessa.

Sono talmente presa dai miei pensieri da non accorgermi che siamo atterrati, l’asfalto scuro della pista d’atterraggio mi riporta alla realtà. Niente più nuvole, niente più spazi interminati, solo Londra e la mia vacanza che sta per iniziare.

Recupero la mia borsa dal porta oggetti e mi dirigo lentamente all’uscita dall’aeromobile. Davanti a me una bambina dagli occhi blu mi guarda con insistenza tenendo stretta fra le mani quella che sembra una Barbie o per meglio dire un Ken.

“Ciao” mi dice lei timidamente.

“Ciao piccola” rispondo io.

Mi sono sempre piaciuti i bambini, sono il ritratto dell’innocenza e racchiudono in loro stessi tutte le cose belle che ci circondano. Non posso fare a meno di sorridere quando vedo un bambino, anche se sono per strada, anche se sto facendo altro, non riesco a controllarlo.

“Sei bella” mi dice la bambina che tiene stretta la mano della madre.

“Anche tu lo sei, sono sicura che anche Ken lo pensa” le rispondo strizzandole l’occhio.

“Chi è Ken?” mi chiede incuriosita.

“Lui non Ken?” chiedo indicando la barbie che tiene fra le mani.

“No, lui è Zayn” risponde mostrando un sorriso. Nell’immediato capisco che quella bambola per lei è importante, lo vedo da come le se sono illuminati gli occhi quando ha detto quel nome strano, lo capisco da suo sorriso che non riesce a smettere di fare mentre sistema la giacca rossa di Zayn.

“Mamma mi porta al concerto di Zayn domani sera” continua la bambina senza smettere di sorridere.

Sorrido di rimando e capisco immediatamente a cosa si riferisce. Ho sentito parlare di loro più di una volta. Hanno avuto un successo incredibile in pochissimo tempo e sembrano essere un modello per ogni ragazzina esistente sul pianeta. Me ne ha parlato anche Lei, ed è anche per questo che sono qui in fondo, loro sono un modello, ma sono certa che in realtà sono semplici ragazzi catapultati in qualcosa di ancora troppo grande per loro e come ragazzi sbagliano, e lui ha decisamente sbagliato con Lei.

“Io sono Sarah” mi dice la bambina quando ormai siamo praticamente arrivati all'uscita.

“Io sono Grace” rispondo sorridendole.

“Sarah smettila di disturbare la signorina” interviene la madre scusandosi con lo sguardo.

“Non si preoccupi signora, non mi sta disturbando” rispondo con sincerità.

“La scusi, ma ha una vera ossessione per questi ragazzi e io non ho ancora capito come gestirla” dice la signora ridendo genuinamente.

“Ne so qualcosa” rispondo strizzandole l’occhio.

La differenza è che io non mi trovo a dover gestire una bambina di dieci anni circa, ma una ragazza di vent’anni che dovrebbe aver capito come gira il mondo ormai. Piccole differenze che cambiano radicalmente la situazione.

“Sarah, saluta la signorina, papà ci aspetta!” suggerì la madre alla piccola Sarah.

“Ciao Grace!” dice lei sfoderando quel sorriso al quale mi sono già affezionata.

“Ciao Sarah, e divertiti al concerto” rispondo.

Mi incammino tenendo la mia borsa bianca sulla spalla. Spero che la mia valigia arrivi velocemente, ora che sono qui, così vicina a Lei non vedo l’ora di abbracciarla.

Il segnale acustico del nastro risuona nella stanza ormai gremita di gente, segno che le valigie stanno per arrivare. Cerco di farmi spazio fra la persone non appena individuo il mio trolly nero. Riesco a recuperarlo e stando attenta a non inciampare sui miei stessi piedi, mi dirigo velocemente verso le porte automatiche. Sono agitata, sono euforica e so che questo mi porta sempre a perdere la coordinazione; il multitasking di cui spesso mi vanto in ambito universitario e non, va a farsi friggere quando sono agitata. Mi capita raramente, mi capita solo con le persone a cui voglio bene e Lei certamente è ai primi posti della lista.

Le porte si aprono e immediatamente la cerco fra la folla. Mi guardo intorno, analizzando i mille volti che mi trovo davanti. Mi blocco all’improvviso quando la vedo.

Capelli dorati, bellezza disarmante, occhi profondi. Eccola li la mia migliore amica.

A kind of magicDove le storie prendono vita. Scoprilo ora