Capitolo 5

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Due mesi dopo

«Ti farà bene! Fidati di me!» affermò mia nonna con sicurezza. Forse non si rendeva conto che l'unica sicura e convinta era lei, perché io non avevo nessuna voglia di trascorrere una settimana in un campeggio italiano alle Isole Canarie. Nonostante il fatto che fosse stato invitato anche Andreas, il mio migliore amico, io rimasi fermo sulla mia posizione. La morte dei miei genitori non aveva completamente abbattuto le mie barriere, come speravo accadesse. Ero molto più unito alla mia famiglia, a mia sorella in particolare, ma non riuscivo più a relazionarmi con gli altri. Trovavo una scusa per ogni singolo appuntamento con gli amici, anche con le ragazze che stavo frequentando. Con Andreas però non andò esattamente così, lui fin da subito seppe comprendere la situazione e tutto ciò che essa comportò. Riuscii a raccontargli tutto, tutto quello che era accaduto quel giorno. Alla notizia della morte dei miei genitori lui sbarrò gli occhi e mi strinse in un abbraccio che trasmetteva tante, forse troppo, emozioni e sensazioni; tranne una, l'unica che non volevo proprio ricevere: la pietà. Lui lo capì. Lui c'era e non se ne andava. Proprio per questo riuscivo a parlare con lui, perché sapeva esattamente ciò di cui avevo bisogno, in ogni momento.
«Riccardo hanno suonato alla porta» Disse mia sorella, interrompendo i miei  pensieri.
«Adesso vado» risposi e mi avviai verso all'ingresso.
«Andreas» esclamai non appena aprii la porta e me lo trovai di fronte con un tempismo quasi ridicolo.
Non feci in tempo nemmeno a chiedergli perché fosse qui, che lui mi disse: «Non dire altro, prepara le valigie, domani si parte!»
«No Andre ne abbiamo già parlato, io non ci voglio venire» risposi riferendomi al viaggio, mentre accompagnai il mio amico al divano.
«Ciao caro» lo salutò mia nonna e lui rispose con un cenno ed un sorriso. Poi rivolse di nuovo il suo sguardo su di me.
«Riccardo pensi di restare qui a casa? Due mesi fa saresti stato entusiasta e adesso?» domandò retoricamente e mi incendiai. Con quale coraggio era arrivato a chiedere cosa fosse cambiato da due mesi a questa parte? Proprio quando stavo iniziando a sentirmi bene con me stesso, in dieci secondi era crollato tutto e per di più per colpa dell'unica persona con cui mi sarei giocato anche la vita.
«Andreas ma come ti permetti? Sai benissimo cos'è successo! Mi aspettavo di essere capito da te, che tu mi sostenessi, che tu fossi mio amico!» esclamai arrabbiato. Lui sospirò e replicò: «Proprio perché sei così importante per me ti sto dicendo questo. Devi staccare la spina, lasciati andare. Rimanere a casa a piangerti addosso, non ti riporterà indietro i tuoi genitori. Nulla lo farà. Non puoi arrivare a 90 anni con il rimpianto di non aver mai vissuto. Loro non ci sono più, ma il ricordo rimane, tu rimani e finché non te ne andrai io non ti permetterò di rovinare la tua esistenza». Le lacrime iniziarono a scorrere sul mio volto. Per la prima volta, però, non per i miei genitori, ma per me stesso e per tutti i limiti che mi stavo ponendo.
Cercavo di convincere gli altri di non aver voglia di fare questa vacanza, quando in realtà sapevo benissimo che il problema era un altro: non volevo fare pietà a nessuno, così mi fingevo forte con gli altri ma quando ero solo crollavo come una casa senza le sue fondamenta.

Chissà se ti arriva il mio pensiero♥️ #RedericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora