Capitolo 16

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La sabbia sotto i piedi mi stava aiutando a rilassare i nervi, mentre  il leggero venticello estivo mi scompigliava i capelli. Non riuscivo a formulare un pensiero concreto perché subito gli antichi "demoni" del passato riaffioravano.
Mi sentivo un prodotto, un misto tra ciò che ero, unito alle conseguenze che nella mia vita avevo subito. Era tutto più difficile senza di loro.
Iniziai a camminare nervosamente avanti e indietro nella spiaggia libera. Ogni parola, ogni gesto erano un susseguirsi di cose senza senso. Non ricordo ne come ne perché ma mi ritrovai a correre. Correre e urlare. Cercavo una modo per liberarmi, per scaricare tutte le mie tensioni. Avrei voluto colpire un muro talmente forte da sfondarlo, da dimostrarmi che sono un uomo, un duro, che non cede alle sue emozioni. Non mi era mai passato per la mente che un uomo è più vero, se si lascia andare alle emozioni, ma oramai le paure più grandi mi opprimevano, fino a nascondere la persona che ero veramente. Più correvo, più sentivo la tranquillità sciogliere i miei nervi, ma ben presto mi resi conto che non avrei potuto correre troppo distante o mi sarei perso.
Scorsi lungo la riva una torretta per i bagnini e mi avvicinai a grandi passi. Avevo davvero bisogno di trovare un posto dove scaricare tutta la mia rabbia, un posto solo per me. Che fosse mio e di nessun altro. E quello sembrava proprio perfetto.
Salii le scalette velocemente e aprii il piccolo sportello ma non poteva esserci peggiore "sorpresa".
«Veramente?» chiese sarcastica Federica seduta a gambe incrociate esattamente dove avrei dovuto esserci io.
«Me ne vado». Non c'era luogo dove non la incontrassi. La situazione era così complicata che stava andando di male in peggio.
«Come? Tu che non cedi mai? Tu che non hai fatto altro che infastidirmi? Te ne vai per la seconda volta oggi?» sibilò nervosa. Era ancora arrabbiata. Era sicuramente arrabbiata. Scesi le scale e lei si alzò per venirmi dietro. Speravo con tutto il cuore che non mi seguisse, ero così furioso che sicuramente non avrei saputo rispondere delle mie azioni.
«Nemmeno le palle per rispondermi».
«Tu sei così» iniziai ma dovetti fermarmi. Non riuscivo a trovare un aggettivo da attribuirle.
«Sei una stronza. Tu ci godi a vedermi così. Tu cerchi di farmi arrabbiare, mi provochi e lo ottieni. Vedi cosa succede, sei il fastidio in persona» urlai. Le stavo attribuendo colpe che non aveva, anzi al contrario mi aveva aiutato a rendermi conto di questi problemi. In quel momento però non riuscivo a capirlo e l'unica cosa che riuscivo a fare era continuare a litigarci.
«Te lo giuro io non ho mai incontrato una donna più odiosa di te» urlai in preda alla rabbia, senza accorgermi di quanto avessi superato il limite.
Lei serrò gli occhi e quando li riaprì, capii. Capii che stava per piangere e una fitta mi lacerò dentro, come se mi avessero puntato e ucciso con una lancia. Un dolore tremendo, soffocante e inaspettato.
Avrei voluto rincorrerla e scusarmi, ma in quel momento sapevo che ero troppo arrabbiato con me stesso per riuscire a fare un discorso serio con lei. Ma rimaneva il senso di colpa.

Chissà se ti arriva il mio pensiero♥️ #RedericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora