«Kol. Brady», dissi a denti stretti. Sembrava che si fossero saltati addosso da un momento all'altro. Dopo un paio di secondi, finalmente, Kol distolse lo sguardo e lo posò su di me.
«Chi è?», domandò.
«Brady, branco della mezzaluna, vent'anni», rispose lui, venendo accanto a me. «Vuoi l'dentikit completo, Mikaelson?» Gli sputò quelle parole in faccia. Kol fece per aggredirlo, ma io lo fermai, appoggiandogli una mano sul petto. Scossi la testa e fulminai il mio amico con lo sguardo. Kol non si meritava quel trattamento.
«È morto?», domandai incerta dopo un po'. Kol si passò una mano nei capelli, poi mi guardò dritto negli occhi.
«Non ancora», rispose scuotendo la testa. «Probabilmente in questo momento sta sputando sangue. È con Klaus ed Elijah». Il suo sguardo si incupì e subito mi preoccupai.
«Cosa succede?», gli chiesi, con tono più dolce. Scosse la testa, ma il mio sguardo intimidatorio lo fece cedere. Delle volte mi sembrava di avere molto potere su quel ragazzo, e non volevo approfittarmene. Il suo sguardo da cerbiatto, prima di parlare, si impuntò nei miei occhi e, come era successo già un paio di volte nei giorni precedenti, sentii le farfalle nello stomaco.
«Ho paura ci sia sotto qualcosa di più pericoloso e potente», ammise.
«Ma ormai l'annuncio del mio matrimonio con Klaus è stato fatto, e le streghe non sono più un pericolo, no?»
«Non si tratta solo di quello. Le streghe non saranno più un pericolo quanto ci consegneranno i paletti che ci potrebbero uccidere, ma penso che Marcel sia più potente di quanto crediamo. Non vuole che Klaus prenda il controllo, e farà di tutto per o per impedirlo». Si chiuse nelle spalle e, senza aggiungere altro, se ne andò.
Mi risedetti sul letto accanto a Brady, che era rimasto in silenzio, e cercai di rilassarmi. Appoggiai la testa allo schienale e feci dei respiri profondi, sotto lo sguardo accusatorio del mio amico.
«Cosa c'è tra te e l'originale?», sbottò furioso. Mi tirai sù e lo guardai, confusa.
«Nulla», dissi con semplicità.
«Ho visto come lo guardi e come lui ti guarda. Ha praticamente ceduto sotto il tuo sguardo». Il suo tono divenne sempre più alto.
«Abbassa la voce prima che ti senta qualcuno», lo rimproverai a denti stretti. In quella casa avevo sempre la sensazione che qualcuno mi osservasse, ventiquattro ore su ventiquattro.
«Non c'è niente tra noi due», ribadii. «Kol mi ha semplicemente offerto l'aiuto di cui avevo bisogno per superare la cosa», dissi vagamente, perché non volevo usare l'espressione la morte dei miei genitori. «Mi ha accompagnato dal tenente, e mi è rimasto vicino come un buon amico. Tutto qui». Non ero molto sicura di quelle parole, e la mia voce mi tradì. Brady serrò la mascella, ma non disse niente. «È meglio che tu vada prima che arrivi Niklaus», concludo, ancora sconcertata dalle sue parole. Lui annuii, ma un frastuono proveniente dall'ingresso ci fermò. Lui si mise davanti a me, per cercare di proteggermi, come se prevedesse già la nostra imminente fine.
Tutto d'un tratto, la porta si spalancò di colpo e fece capolino Niklaus.
«Devo parlarti», disse, senza nemmeno degnare Brady di uno sguardo. «Subito», aggiunse poi.
Annuii, e Brady ci superò, poi se ne andò. Klaus richiuse la porta, e io mi sedetti sul letto, aspettando che lui parlasse. Cominciò a camminare per la stanza, riflettendo.
«Mi dispiace», disse infine. Ne rimasi sorpresa. Non mi era sembrato un uomo che ripeteva spesso quelle semplici parole. «I tuoi genitori non ci sono più, e, non so perché, mi sento in dovere nei tuoi confronti. Sei giovane, eppure sei talmente razionale da accettare di sposarmi per la tua fazione».
Vivevo con loro ormai da un mese, e li conoscevo da poco più, eppure, anche se non ci passavo molto tempo insieme, mi erano sembrate delle brave persone, e mi avevano dato un alloggio e una vita senza che gliela chiedessi. Forse mi stavo affezionando a loro.
«Ma ormai abbiamo procrastinato troppo. È arrivato il momento di sposarci». Chiusi gli occhi e mi rilassai, perché sapevo che aveva ragione. Annuii.
«Quando?», chiesi. Abbassò lo sguardo.
«Tra due giorni». Quella frase mi risulto come uno schiaffo in faccia.
«Due giorni?», chiesi con voce stizzita. Lui annuì. «Ok. Marcel è morto?», domandai. Avevo bisogno almeno di quella speranza.
«Purtroppo no. C'è stato un contrattempo. Ci sposeremo, ma Marcel sarà un problema futuro». Quindi l'assassino dei miei genitori era vivo.
Constatai che, l'unica cosa che necessitavo in quel momento, era di bere qualcosa di forte, per dimenticare tutto.
Poi fece una cosa inaspettata. Si avvicinò e mi scoccò un fugace bacio sulla guancia, poi se ne andò. Forse non ero solo io ad essermi affezionata. Infondo, anche se non ci avevo parlato molto, ero una presenza fissa nella loro vita, quindi era normale il fatto che si fossero abituati alla mia presenza e che volessero almeno un po' bene alla povera orfanella che abitava in casa loro.
Feci un breve punto della situazione. Su questo piano si trovavano le camere da letto, sopra c'era un altro piano che non sapevo cosa contenesse, mentre, al piano di sotto, c'erano la cucina, il salotto e l'ingresso.
Mi diressi di corsa giù per le scale, notando con piacere che non c'era in in giro nessuno, e mi diressi verso la cucina. Era grande, molto all'antica, con al centro un enorme tavolo di legno. Mi avvicinai di soppiatto alla dispensa, che trovai tutta vuota, a eccezione dell'ultima anta, che era piena di liquore. Se la spassavano bene, i Mikaelson.
Presi una bottiglia di vodka e me la nascosi sotto la maglia, pensando stupidamente che nessuno potesse vederla. Salii di corsa verso la mia camera, ma mi fermai quando ero proprio davanti alla porta, perché, dietro di me, sentii una strana presenza.
«Tutto bene?», disse una voce alle mie spalle. Mi girai appena, in modo da scorgere la figura slanciata di Kol. Feci un sospiro di sollievo.
«Si, si, grazie», risposi velocemente. «Ora devo andare». Senza aspettare una risposta, mi infilai in camera, e chiusi la porta a chiave.
Quando i miei genitori erano ancora in vita, mi era stato vietato bere perché, secondo loro, per colpa dell'alcool avrei potuto farmi sfuggire informazioni sui vampiri, perciò la prima volta che mi ubriacai, due anni prima, fu anche l'ultima.
Però papà si rifugiava spesso nell'alcool quando il lavoro andava male, quindi potevo concedermelo anche io questa volta.
Tuttavia, dato che quella non era ufficialmente casa mia, aver preso quella bottiglia mi era sembrato un po' come rubarla.
Mi sedetti sul letto e lasciai cadere la testa sul cuscino e accanto la bottiglia. L'idea di bere da sola mi faceva sentire un po' sfigata ma, hey andiamo, i miei genitori erano morti, di lì a poco avrei dovuto sposare un originale, e il mio migliore amico pensava che mi piacesse un Mikaelson, e stavo iniziando a crederlo pure io. Mi meritavo una meritata disconnessione dal mondo reale.
Aprii la bottiglia e mandai giù un lungo sorso di liquore, che quasi mi fece perdere i sensi lì seduta stante. Il liquido amaro mi diede l'impressione di bruciarmi la gola, ma globalmente era insapore. Buttai giù un altro lungo sorso, ripensando alla chicchierata con Brady. Pensava davvero che ci fosse qualcosa tra me e Kol? Eppure, quando aveva cercato di baciarmi, qualcosa in me si era acceso, e Brady mi conosceva abbastanza bene da notarlo?
Eppure, dato che mi ero accorta di quella scintilla, forse stavo cominciando davvero a provare qualcosa per Kol? Oppure era l'effetto dell'alcool? Sperai che quella vera fosse la seconda opzione.
Dopo aver bevuto circa un terzo della bottiglia, la chiusi e la lasciai cadere accanto a me. Non mi sentivo male, almeno, non ancora, ma, quando feci per alzarmi, la testa cominciò a girare, e io caddi sul letto, in preda alla nausea.
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true love
FanfictionL'erede di una fazione. Una grande responsabilità. Quanto sarà disposta a perdere per salvare ciò in cui crede? L'alleanza tra vampiri e umani è indispensabile e, Kahlen, si ritroverà catapultata in un mondo a lei sconosciuto, dove non avrà nessuna...