EPILOGO

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KOL

«Cosa intendeva?», mi chiese Kahlen, non appena Marcel se ne fu andato. Mi passai una mano nei capelli.

«Solo che sto avendo problemi con il nutrirmi». Non appena finii di parlare, lei scosse il capo e indietreggiò. Dopo essersi voltata, si diresse su per le scale. Corse su, verso la sua camera, e io lasciai passare pochi minuti, prima di seguirla.

Per non dare nell'occhio.

Dato che la capa della fazione umana era sposata con l'erede dei vampiri, Marcel era obbligato ad abdicare al suo trono, quindi non mi faceva più paura.

«KOL!», gridò improvvisamente una forte voce proveniente dalla camera di Kahlen. Mi guardai intorno, ma pare che nessuno l'aveva sentita. La sentii di nuovo, perciò corsi su per le scale.

Poco dopo, capii che, nessuno, oltre me, poteva sentirla, perché la musica proveniente da sotto era troppo forte.

Corsi verso la voce, che riconobbi come quella di Marcel, e quello che mi aspettò mi fece morire.

Marcel teneva Kahlen stretta per il collo, mentre lei non riusciva a respirare. Le morse il collo e io reagii istintivamente. Mi buttai addosso a Marcel, e lui la sbatté contro il muro. Un rivolo di sangue seguì il suo corpo che scivolava lentamente a terra.

Riuscii a mordere Marcel sul collo, imbrattandomi metà viso del suo sangue, ma la sua ferita si rimarginò subito.

Riuscì a liberarsi dalla mia presa, mi tirò un pugno che mi mandò a terra, e si riavvicinò a lei. La tirò su dal collo, io mi alzai ma non feci in tempo a fare nulla.

La sua mano affondò nel petto di Kahlen, mentre un rivolo di sangue le usciva dalla bocca, poi estrasse la mano, con il suo cuore ancora pulsante in mano.

Venni accecato dalla rabbia. Presi Marcel per il collo, come aveva appena fatto col lei, e lo cominciai a prendere a pugni e a morsi.

Un rumore proveniente da sotto mi fece distrarre, e in un attimo Marcel scappò. Avevo la bocca, i denti, e le mani, persino lo smoking, imbrattato di sangue, ma nulla confronto al corpo inerme di Kahlen.

Caddi in ginocchio davanti a lei, mentre le lacrime cominciavano a offuscarmi gli occhi. La presi in braccio e la scossi, ma lei non si mosse.

Non aveva più il cuore. Marcel l'aveva lasciato proprio accanto a me. Mi appoggiai sul suo cadavere e cominciai a piangere, scosso dai singhiozzi.

«Kol», disse una voce alle mie spalle. Mi girai di colpo, e vidi Niklaus. Mi asciugai gli occhi con la manica.

«Nik», dissi. Il suo sguardo era fisso su Kahlen, e una lacrima gli stava rigando la guancia. Quando poi lo posò su di me, capii immediatamente cosa stava pensando.

«Nik, non è come sembra». Kahlen era morta, c'ero solo io, era evidente che fosse stato un vampiro e io ero pieno di sangue. Era quello il piano di Marcel? Metterci fuori gioco entrambi allo stesso momento? In modo che Klaus non avesse più modo di riprendersi la città?

«KOL!», gridò. «L'hai uccisa!», ringhiò. «Io avevo bisogno di lei! Tutti noi!» Ormai non era più la ragazzina che doveva sposare, era diventata un membro effettivo della famiglia.

«Nik no!», sbraitai, ma lui non mi stava ascoltando. «Nik, io l'amavo!» Il suo sguardo si indurì e divenne distante. Ormai aveva deciso.

Aprì la giacca del completo ed estrasse un pugnale d'argento. «NO!», dissi, invano. Mi afferrò e mi immobilizzò per il collo. Cercai di dimenarmi, ma il combattimento mi aveva sfinito.

Appoggiò la punta del pugnale proprio dove si trovava il mio cuore e, prima di pugnalarmi, disse: «Fatti un bel viaggio all'inferno, fratello».

Poi mi infilzò.

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