25 - Sta succedendo di nuovo, non è vero?

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Accendi semplicemente una luce nella devastazione,
Così lontano, lontano
Perché sto ancora respirando
Perché sto ancora respirando da solo

"Still breathing"
Green Day

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«Non sei affatto male Stewart» dice Harry riferendosi alla mia guida mentre scendiamo dalla sua auto.

Me la sono cavata abbastanza bene. Sono abituata al cambio manuale, perché la mia auto a Montreal ne è provvista, per il resto, Harry è stato paziente e mi ha insegnato un paio di trucchetti per non farla singhiozzare. Alla fine mi sono decisamente divertita al volante della sua bambina, come l'ha chiamata lui.

«Dove siamo?» gli domando osservando con curiosità l'enorme casa che vedo di fronte a noi.

Non l'avevo notata dalla strada perché gli alberi la nascondono quasi per intero, ma ora, che abbiamo percorso tutto il vialetto, fino ad arrivare sotto ad un piccolo portico, non posso non notare quanto sia immensa. «Non avevi detto che mi portavi a fare la migliore colazione del mondo?» gli chiedo non appena si ferma davanti alla porta principale.

«E infatti è così.» Prende un altro mazzo di chiavi dalla tasca del suo cappotto, ne infila una nella serratura e resto a guardarlo con occhi sbarrati quando mi accorgo che la porta si apre e lui entra con nonchalance all'interno, invitandomi a fare lo stesso. «Devo venire a prenderti in braccio?» mi chiede quando è dentro.

«Harry...» mi affaccio alla porta. Si sta togliendo il cappotto per metterlo in quello che credo sia un armadio a muro, e a quel punto mi nasce un sospetto. «...ma questa non sarà mica...»

«Sì Chloe, è casa di mio padre...» Harry conferma l'ipotesi che si stava concretizzando nella mia testa, ancora prima che potessi rivelargliela. «...ora, puoi gentilmente entrare?» Mi guarda e sorride, si sta divertendo della mia incertezza.

«Ma non potevi dirmelo prima?» Entro anch'io, ma sono infastidita da questa sorta di sorpresa.

Di certo non mi aspettavo di entrare in casa del presidente della società, senza avvisare, e vestita come se stessi scappando di casa.

«Dammi il tuo giubbotto.» Allunga una mano verso di me, ed io lo tolgo, ma mi sento estremamente a disagio. Lo mette insieme al suo, poi chiude l'armadio. «Vieni con me e smettila immediatamente di pensare. Adesso!» Allunga di nuovo la mano e stavolta l'afferro tentando di fare quello che mi ha chiesto, ma mi devo impegnare davvero tanto per riuscirci, quindi decido di concentrarmi sul contatto delle nostre mani unite mentre osservo l'ampia scala che porta al piano superiore, ma poi i miei occhi finiscono sulle sue ampie spalle e non riesco più a guardare altro.

Lasciamo la scala alle nostre spalle e lo seguo fino alla fine del corridoio. Sento dei rumori provenire dalla stanza illuminata di fronte a noi, ma non faccio in tempo a chiedere niente perché siamo subito dentro. È una cucina enorme, molto moderna, dotata di qualsiasi tipo di elettrodomestico, e spicca un'isola al centro della stanza con tre sgabelli perfettamente allineati. Vicino ai fornelli, c'è una donna indaffarata a preparare un qualcosa che da qui non riesco a vedere.

«Buongiorno.» Non appena Harry la saluta, lei si volta nella nostra direzione e il suo sorriso è davvero dolce.

Credo sia sulla cinquantina, capelli corti e scuri. «Ciao... Pensavo fossi uscito presto stamattina» gli dice la donna soffermando il suo sguardo sulle nostre mani ancora unite.

«Più o meno... Mio padre?» chiede Harry che lascia la presa sulla mia mano per posare il palmo alla base della mia schiena, invitandomi implicitamente, ad avanzare nella stanza.

The Beginning ||H.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora