Se non si districa, tanto vale darle fuoco

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Non ho mai visto Joy più a pezzi di così.
Anzi, non ho mai visto nessuno più a pezzi di lei.
Seduta sul divano, non ha nemmeno la forza di guardarmi in faccia.
Le ho già chiesto almeno una dozzina di volte di spiegarmi cosa è appena accaduto davanti alla porta di casa, perché, per dio!, ha appena vomitato persino l'anima e lei la sta facendo passare come una cosa del tutto normale.
Non parla. Se ne sta lì- ferma, seduta immobile sul divano con gli occhi gonfi di lacrime e le gambe strette al petto.
«Parlami... ti prego- dimmi cosa posso fare».
La sto letteralmente supplicando di darmi un indizio, una via da imboccare, una soluzione che possa riaggiustare tutto prima che sia irreparabile.
E non parlo di me o di noi.
Parlo di lei.
Non posso vivere nella consapevolezza di averla completamente ed irrimediabilmente sfasciata.
Una studentessa modello. Una testa brillante in un corpo semplicemente da adorare.
I giorni in cui a scuola mi divertivo a punzecchiarla a lezione e a prenderla un po' in giro- sembrano ormai i giorni di un'altra vita.
Di un altro posto.
E di un altro tempo.
Perché ora che sto di fronte a lei e la guardo, frantumata a terra in mille piccoli pezzi per causa mia, non riesco a capacitarmi di come ci siamo ridotti a questo punto.
Non riesco neanche più a chiedermi come io abbia potuto- perché l'ho fatto e l'ho rifatto troppe volte per permettermi ora di dirmene sconvolto o costernato.
«Joy-», insisto e la voce mi si spezza.
«Va' via, per favore», freme lei. Le sue labbra tremano, le dita si stringono ancora di più al maglione, serrando ancora di più le gambe al petto. «Lasciami da sola, ho- bisogno di stare da sola»
«No- per favore non fare così».
Spinge quel groppo.
Ma lei scuote il capo. «Non c'è più niente da dire, Harry». Singhiozza lei, affondanfosi i denti nella carne del labbro. «Devo solo accettarlo, ma se tu rimani qui non ce la farò»
«Ascoltami, per favore», la supplico, accovacciandomi davanti a lei. «Non so cosa ti abbia detto Chelsea- ma ora, ti prego, ascolta me»
«No», ribatte in un soffio di voce quasi inudibile. «Hai avuto più di un mese per dirmi come stanno le cose fra di voi-»
«Joy, non era un discorso facile da affrontare per me- puoi capire almeno questo?».
Non solo non sembra capirlo. Semplicemente non sembra proprio interessarle sforzarsi di farlo.
Mi osserva cinica e spietata dal divano, l'unica emozione che palesa all'esterno è racchiusa in quelle lacrime che continuano a rigarle il volto.
Per il resto, la sua faccia è una maschera di odio.
E per quanto senta di meritarlo, in fondo- non riesco ad accettarlo.
«Mi hai fatto credere che non era nulla di importante per te», risponde infine, alzandosi debolmente dal divano. La seguo con lo sguardo mentre scivola a passo trascinato verso la porta d'ingresso. «Io ti ho creduto. Mi sono sentita persino giustificata a mettermi in mezzo per riaverti», aggiunge fremendo di collera. «Per poi scoprire che delle due quella di troppo sono sempre stata io»
«Quella di troppo?! Ma ti stai ascoltando?!». Sgrano gli occhi, incredulo che si stia sentendo davvero così.
Lei, poi.
«Avete avuto una storia. E ora che è tornata hai scelto lei-»
«Joy- sono qui con te», la interrompo, sentendo gli occhi aprirsi ancora di più e bruciare dolorosamente.
Non voglio crederci che si stia sentendo la vittima sfavorita in questa gabbia. Lo siamo tutti e tre- ciascuno a modo proprio. E se dobbiamo analizzare le posizioni in cui ci troviamo, la sua non è di certo peggiore della mia o di quella di Chelsea.
Per un mese non ho fatto altro che raccontarle bugie su bugie, mentendole più volte e spudoratamente, pur di tornare da Joy.
«La sto tradendo in continuazione, possibile che non ti suggerisca un cazzo-».
I suoi occhi tremano per una frazione di secondo, dandomi l'impressione che abbia finalmente colto il punto.
Ma poi sceglie il momento più sbagliato per fare uscire l'adolescente immatura e costantemente in guerra col mondo.
E le sue labbra si serrano di punto in bianco, mentre scivola gli occhi sulla porta.
«Non dovrei farlo più. Stavolta è davvero finita».
Fa male.
Maledettamente male- ma se spera che la preghi in ginocchio di ascoltarmi, beh, che vada al diavolo anche lei insieme a noi. Le ho appena detto implicitamente che per me lei vale più di una donna che ho amato per undici anni e la sua unica reazione è stata quella di invitarmi ad andarmene.
Inghiotto il groppo informe nella gola, annuendo greve. Dopodiché le scocco uno sguardo cupo e profondamente addolorato.
È evidente che ho sprecato più occasioni di quelle che meritavo per evitare di portare entrambi a questo punto- e per quanto mi possa detestare, ora, dirle anche solo una parola di più non mi riesce possibile.
E vorrei- lo vorrei davvero. Ma pur aprendo bocca, non riesco ad emettere alcun suono.
Perciò- sì, meglio lasciar perdere.
Davvero, basta.
Non si può continuare così- non è sano per lei né tanto meno per me.
E a soffrire ora siamo in tre, quindi a che pro?
Spremuti fino all'ultima goccia da un groviglio di sentimenti fra loro in guerra, siamo arrivati al limite.
La tela in cui sono intrappolato, sta intrappolando anche Chelsea ora.
E sta distruggendo persino colei che l'ha filata.
Perciò ha senso il suo coraggio di chiudere- e forse avrei dovuto averlo io, ma di adulto e maturo ho veramente poco a differenza di Joy.

Joy D. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora