Per avanzare ogni tanto serve retrocedere

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Stanotte non c'è verso di chiudere occhio.
Appena Harry mi ha tirato su dal divano per portarmi con lui a letto persino la bambina si é svegliata, euforica di quel momento intimo.
Ché di momenti intimi, nell'ultimo mese e mezzo, ne potrei contare sulle dita di una mano, perciò mi sono imposta di non aprire gli occhi, di fingermi addormentata e di godermi in silenzio quel suo tenermi stretta al petto.
Le sue mani le ho sentite ovunque, quando ci siamo sdraiati e lui ha continuato a tenermi stretta a sé. Premute sulle mie scapole, quasi a poterle contenere interamente, mi hanno scaldato le ossa, i muscoli e ogni fremito del mio corpo si è sciolto e rilassato, per poi sfumare via.
Le sue labbra mi baciavano piano la fronte e la tempia, la sua voce mi chiedeva di parlargli.
Ed io sono rimasta zitta.
Ancora una volta.
Inerme sotto ai suoi vezzi e sotto alle sue mani enormi, non riuscivo più a nutrire quel risentimento che avevo provato di fronte alle sue parole a cena.
La loro freddezza si è dissolta dentro di me, ma non ha attecchito da nessuna parte. E quel poco che mi ha lasciato è stato poi spazzato via dai suoi baci soffici, dalle sue mani calde e dalla sua voce profonda, roca e rassicurante.
Perché è questo ciò che voglio ed è allo stesso tempo ciò che non riesco più a chiedergli.
È diventato un tabù persino per me stessa misurare le sue distanze e dar loro una motivazione. Che poi mi sento persino sciocca a considerare questo risvolto della nostra relazione fra me e me, nel quadro del tutto, figurarsi a parlarne con lui.
Come se potesse essere il problema principe, per Harry, il fatto che non stiamo in intimità da settimane ormai.
Se poi entra in casa e mi nega persino il nostro solito bacio, solo perché ci sono delle sue alunne in salotto a farmi compagnia, siamo proprio alla frutta.
Vorrei potermi concedere il dubbio, chiedendomi che cosa, di fatto, lo tenga ancora legato a me, visto che ormai mi scansa, ma nel mio caso la risposta è più che ovvia e me la porto addosso.
Anzi, dentro.

Fuori il cielo sta facendo in tempo a tornare color indaco e né io né la bambina siamo ancora riuscite a riposare un istante, da quando ha cominciato a scalciare tutta contenta di essere fra le braccia del suo papà.
Prendo un profondo respiro e rotolo piano- nel vero senso del termine- verso l'esterno, liberandomi il fianco dal braccio di Harry.
Voglio poterlo guardare un po', perciò mi giro sul fianco e mi avvicino a lui- lentamente, goffamente e pesantemente.
La meraviglia che mi pervade gli occhi è immutata, quando il suo volto assopito entra nel mio campo visivo.
E sarà la luce tenue che penetra dalla finestra, sarà che l'azzurro del cielo sulla sua pelle lo mistifica ancora di più, ma la stretta allo stomaco fa ancora più male, ora, mentre lo guardo incantata.
I suoi capelli stanno ricrescendo. Niente di lontanamente simile alla folta chioma mossa che gli arrivava alle spalle e che non ho fatto in tempo ad attorcigliare tra le mie dita, ma il movimento riccio e morbido è tornato a prendersi le corte ciocche sul capo e ai lati del viso.
Sembra uno di quei cherubini che riempivano le pagine del mio libro di arte, solo coi capelli di cioccolata e gli occhi verdi- ora chiusi e rilassati sotto le dita del sonno.
La mandibola non è neanche contratta, eppure lo spigolo dell'osso è talmente netto, sotto la pelle fresca di rasatura, così tagliente da ferirmi gli occhi solo a percorrerne la linea perfetta e angolare.
Respira piano, lento e regolare, con un lato del viso affondato nel cuscino e le braccia avvolte al suo, di busto, da quando gli ho negato il mio.
Facendo attenzione a non svegliarlo, decido di prendermi io un po' di quell'intimità e di quei contatti che sto desiderando da troppo tempo, ormai. Così allungo le dita, riscoprendomi ancora capace di tremare solo a toccarlo, e scivolo indice e medio dal mento all'angolo lievemente arrotondato della mandibola.
Non me lo chiedo nemmeno il perché.
Il come sia possibile.
Perché non è niente di così incredibile che stia fremendo di piacere solo carezzandogli il viso nel silenzio di questo mattino, mentre lui è ancora addormentato e non può nemmeno accorgersi di quella mia disperata richiesta di contatto fisico.
Muovo piano la punta delle dita sul suo viso, scorrendo sulla sua pelle come se stessi carezzando l'acqua fresca e mi piacesse da impazzire aspettare il momento in cui mi deciderò ad affondarci tutta la mano.
Rigenerante, sarebbe. Ma evidentemente no.
Perché è come pensare che possa farlo, che possa veramente prendermi il resto e affondare in lui, solo esercitando un po' più di pressione sulle sue labbra-
«Non dormi più?», mi domanda la sua voce, roca di sonno e di sorpresa ed io ritiro la mano quasi che le sue parole mi abbiano tirato uno scappellotto sul dorso, a mo' di rimprovero.
Non mi aspettavo si svegliasse- da quando ha il sonno così leggero?
«Scusa, i-io- non era quello che volevo ottenere-», blatero parole a caso, confusa e sicuramente non aiutata dalle lunghe ore di silenzio immoto che ho trascorso sveglia.
I suoi occhi si riaprono in uno scatto secco delle palpebre, contrastando il movimento all'ingiù delle sopracciglia, ora tremendamente aggrottate.
Sto aspettandomi una ramanzina per aver interrotto il suo sonno ad un'ora dalla sveglia, quando, inspiegabilmente, vedo le sue labbra contrarsi in una smorfia divertita, accompagnata dal suono di una risata sommessa.
«E cos'è che volevi ottenere, sentiamo?», mi chiede beffardo, riprendendo le mie scuse davvero poco sensate- così, per farne dello spirito suppongo.
«Ah- io...v-volevo solo toccarti», rispondo, mordendomi la lingua subito dopo per la tremenda ambiguità della mia risposta.
«Voglio dire-non in quel senso», mi affretto ad aggiungere, per poi trattenere il respiro quando il suo sguardo si accende di malizia?, divertimento?
L'insonnia mi gioca brutti scherzi.
«Cioè, sì, anche in quel senso, ma-»
«Joy»
«Sì, sì... ho capito- cioè, lo so già», replico subito per evitarmi l'ennesimo rifiuto, ché davvero non lo potrei sopportare alle sei del mattino.
Mi giro sulla schiena, lo sguardo si perde sul soffitto candido appena in tempo per evitare di doverlo vedere mentre emette quello sbuffo scocciato.
E quasi mi fa più male del rifiuto, ora.
«È solo che-», mi lascio scappare e poi trattengo il respiro. «Mi manca sentirti».

Joy D. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora