Passarono i mesi, riuscivo a vedere l'evidente cambio delle stagioni, dal freddo pungente dell'inverno, al lieve tepore del sole primaverile. Ormai io ed Alex ci vedevamo quasi tutti i giorni e ormai i miei genitori si erano abituati alla sua presenza in casa, non mi ero mai dichiarata, anche se il cuore mi batteva forte ogni volta che mi scriveva, mettevo i miei sentimenti in un angolo e mi godevo quella tranquillità di quando mi faceva sentire così speciale, così... accettata quando mi diceva qualcosa di dolce, mi ricordo tutte quelle frasi a memoria:
"Tu non sei "strana" sei l'unica che riesce ad essere quella che è quando il mondo le va contro corrente"
"Sei troppo speciale per questo mondo"
"Cento sorrisi falsi non valgono neanche uno dei tuoi sorrisi"
Ogni volta me le ripetevo in testa, e finalmente mi sentivo meglio, come se stessi tornando a galla e riuscissi a respirare dopo tanto tempo, neanche Elisabeth mi diceva queste cose, al massimo ero io a dirle a lei quando piangeva, ero guarita finalmente, e quando gli altri mi dicevano che ero strana mi ero convinta che non era più così male essere strani, essere normali era troppo "noioso"! Alla fine trovai anche il coraggio di farmi crescere la frangia che ora mi arrivava sino al naso e che tenevo dietro le orecchie, ero libera.
Era il 23 marzo quando mi decisi, erano passati cinque mesi da quando incontrai per la prima volta Alex -e quindi anche da quando ebbi quel incidente- ormai lo conoscevo troppo bene, eravamo migliori amici, così quel giorno mi alzai dopo una nottataccia, dopo che l'avevo passata a rimarginarci sopra, e tentai di nascondere al meglio le occhiaie, mi misi una felpa bianca con sui scritta in rosso e nero "Brooklyn NY", dei jeans blu scuri a vita alta e una camicia rossa a quadri sbottonata, e uscii così velocemente che quasi mi dimenticavo di bere il caffè, oggi portava pioggia, anche se il cielo era sereno, così non mi portai l'ombrello. Arrivata a scuola Elisabeth e Alex mi accolsero all'ingresso, Elisabeth mi corse in contro abbracciandomi rischiando pure che mi facesse cadere <ciao Eli> dissi io sorridendo le <ciao Greta> rispose carica di energia che non le vedevo da tempo, gli occhi le brillavano come non mai, probabilmente era perché conosceva alla perfezione i miei intenti, quando glieli ho raccontati qualche giorno fa per telefono ebbe un attacco di panico e si mise ad urlare così tanto che dovetti allontanare l'orecchio dal cellulare e poi si vantò di quante volte mi ha detto che saremmo stati carini insieme ed io negavo tutto. <Oggi è il grande giorno> disse lei a bassa voce per non far sentire ad Alex <deve essere tutto perfetto> continuò scandendo bene l'ultima parola <eddai ora non esagerare> dissi spingendola con una gomitata <come non potrei? Forse non hai capito la gravità della situazione, ti vuoi al ragazzo più carino, affascinante, dolce, simpatico, comprensivo> <calma! Calma! Stai cominciando a delirare!> Esclamai forse a voce troppo alta. Ci dirigemmo verso Alex che vi salutò con un sorriso <ciao Greta> <ciao> ricambiai, ci incamminammo verso la nostra classe e mi venne in mente una cosa, mi avvicinai all'orecchio di Eli e le sussurrai <ma che gli devo dire? Io non mi sono mai dichiarata ad un ragazzo> <non vorrei dire cose scontate, ma in questi casi bisogna dire quello che pensi, sta tranquilla Gre, non potrà mai rifiutare> <grazie Eli sei la migliore> <di che cosa state parlando?> chiese Alex intrufolandosi nel discorso <no niente, stavamo solo parlando di quando dovremmo uscire> dissi io in modo brusco, infondo era una mezza verità visto che dovevamo veramente vederci la prossima settimana, precisamente per pasquetta <ah! Vi dispiace se vengo anche io, sapete non ho niente da fare a pasquetta> "come non avevi niente da fare a Natale e a capodanno" avrei voluto dire. Stranamente Alex non mi ha mai portato a casa sua e non mi aveva mai fatto conoscere la sua famiglia, nonostante che lui venisse a trovarmi praticamente tutti i giorni, possibile che viva da solo? O che non abbia parenti? <Si certo> disse Elisabeth raggiante portandomi alla normalità. Entrammo in classe con molta calma e ci sedemmo tutti e tre vicini -io nel mezzo- in seconda fila poco prima che suonasse la prima campanella e quando suonò la seconda il prof di scienze cominciò a scrivere alla lavagna. Passai tutta la lezione a pensare, pensare a cosa dire ad Alex, continuai a ripetermi in testa frasi, su frasi, su frasi tentando di trovare il modo adatto di dirglielo, e soprattutto QUANDO. Dovevo trovare il momento giusto, non potevo dirglielo così su due piedi, ma non sapevo proprio come fare. Forse mi facevo troppe paranoie, forse Eli ha ragione, forse.
***
La giornata finì in fretta e piano piano delle nuvole di pioggia si stavano avvicinando e mettendo tuoni e fulmini, rimpiansi di non aver portato l'ombrello, ed anche se mi sbrigai ad uscire in fretta, quando arrivai al portone della scuola stava già piovendo a dirotto e la strada d'asfalto era diventata un fiume di montagna che scorreva a tutta velocità, mi abbottonai il parka per non sentire freddo ma purtroppo le nuvole davano segno di voler grandinare, non mi piace affatto la grandine, pezzi di ghiaccio che colpiscono le macchine e le finestre emettendo un rumore assordante, non c'era niente di bello in questo. Con questo tempo non potevo stare sotto la pioggia, sarei tornata a casa bagnata fradicia e non vedevo nessuno che potesse prestarmi un ombrello. Rimasi lì a pensare per due minuti quando mi ricordai che Oggi mia madre sarebbe venuta a prendermi con la macchina visto che aveva un po' di tempo e quindi non mi rimaneva che aspettare là. <Stai aspettando qualcuno?> mi voltai di scatto, Alex era apparso in silenzio accanto a me per non farsi notare è quasi, quasi non mi faceva venire un colpo <ma che fai? Mi hai spaventata>, e ci mettemmo a ridere, questa situazione mi ricordava, in qualche modo, di quando Alex mi aveva abbracciata per la prima volta per consolarmi a causa dei miei compagni, proprio lì, proprio in una giornata piovosa. Mi decisi, era il momento giusto <Alex?> <Si?> chiese lui sorridente <ti ricordi di quando mi hai consolato per la prima volta perché ero stata presa in giro qualche mese fa?> mi guardo negli occhi <si, come potrei dimenticarlo?> anche io lo guardai negli occhi, presi fiato e parlai <io ci tenevo a ringraziarti, per tutte quelle volte che mi hai tirato su quando tutto il mondo voleva tirarmi verso il basso, per tutte quelle volte che mi hai fatto sentire speciale come nessun'altro aveva fatto prima e per tutte quelle volte che mi incoraggiarmi a continuare le mie passioni e per aver sorretto ogni mio pianto, ogni mia decisione, tutto...> feci una pausa per prendere fiato e vidi la macchina di mia madre, no non ora, non adesso, devo sbrigarmi <... perché tu devi sapere Alex, che... mi piaci, ma non come amico, io provo molto di più che una semplice amicizia e spero che sia lo stesso per te> Alex si fermò davanti a me come pietrificato, sul suo volto non c'era un briciolo di emozione, mi guardava con sguardo assente e i suoi occhi erano diventati grigi, aspetta grigi? Come era possibile? La gente con cambia colore degli occhi così in fretta e soprattutto in una maniera così drastica, erano diventati un grigio metallico, inespressivo, facevano paura, Alex mi posò lentamente la mano sulla guancia ed io mi appoggiai ad essa, fortunatamente era ancora il mio Alex. Il clacson di mia madre mi disse che dovevo andare allora dissi sottovoce <ciao> e me ne andai lasciando Alex davanti alla scuola, ormai mezza deserta.
***
Quando si fece notte mi addormentai serena, sentivo di essermi tolta un grande peso, ero felice, non vedevo l'ora di vedere Alex il giorno seguente, chissà se lui in quel momento stava pensando ad una dichiarazione da farmi, probabilmente sarà più bella della mia, ma lo stesso mi riempiva di gioia. Chiusi gli occhi, e quando il mio respiro si faceva sempre più pesante, io scendevo, piano, piano, in quel magico e sereno oblio, poi più nulla. Non pensavo a nulla, non ricordavo nulla, e la mia mente era offuscata, tutto intorno a me era nero, come se mi trovassi in una stanza completamente vuota e infinita, in lontananza vedevo una luce bianca, era appena percettibile, ma potevo sentire il suo calore in contrasto con il freddo della "stanza", volevo raggiungerla, volevo sentire ancora di più il suo calore, ma più tentavo di avvicinarmi, più la distanza che mi separava da quella luce sembrava aumentare. Ad un tratto sentii una risata, una di quelle che riesce a farti gelare il cuore, scura e roca, tanto che sembra uscita da un film, mi faceva paura, e veniva dalle mie spalle, mi misi a correre verso quella luce che potevo solo sperare che con la sua luce possa aiutarmi, come quando da piccoli si aveva paura del buio e volevi soltanto che qualcuno accendesse la luce, scacciando via le ombre, le paure. Mi sentivo stanca, non riuscivo a correre, ma non potevo smettere, non dovevo smettere. Con la fortuna che mi ritrovavo, mi ritrovai a inciampare sulle mie stesse gambe e cadere in avanti, e quando il mio corpo si accasciò al suolo, mi svegliai con il respiro affannato, era solo un sogno, lo sapevo benissimo, ma sembrava così reale, così familiare. Mi alzai e ebbi la sensazione che mi manchi qualcosa, tastai il petto per vedere se c'era ma niente, non ricordavo nulla, che cosa stavo cercando? Perché mi sembrava di aver perso qualcosa di importante? Perché non riusciamo a ricordare? Continuavo a farmi queste domande finché il pensiero non svanì quando varcai la soglia della porta della scuola, il mio sguardo stava già scrutando in cerca di una chioma rossa o,ancora meglio, di una bionda, ma nulla. Ero un po' più in ritardo del solito per via dei miei pensieri e quindi pensai che erano già in classe. Vi entrai poco prima della seconda campanella e nell'entrare diedi uno sguardo fugace alla classe per vedere se c'erano i miei amici, Elisabeth si era seduta in seconda fila accanto all'enorme finestra dell'aula dove il sole che appariva e scompariva dalle nuvole faceva risplendere i suoi capelli in sfumature rossastre e mi faceva segno di sedermi accanto a lei, cercai anche Alexander ma non c'era e quindi mi dovetti sedere accanto ad Eli e un banco vuoto che lei aveva tenuto apposta per lui come tutti i giorni di scuola, era molto raro che mancasse, le volte che era assente si potevano contare sul palmo di una mano e quindi vi rimasi perplessa.
***
Finita la scuola tentai di contattare Alex al telefono mandando un paio di messaggi ma a quanto pare aveva il cellulare spento, che gli sia successo qualcosa? Lo chiamai per tre volte ma c'era sempre la segreteria, tentai di non preoccuparmi e sperai con tutta me stessa che sarebbe venuto a casa mia e magari dirmi che cosa prova. E se mi stesse evitando?! Mi scappò un grido soffocato, sperai con tutta me stessa che non fosse così e andai a farmi una doccia per schiarirmi le idee. L'acqua bollente che scorreva violenta sulla mia pelle mi aiutò con i miei nervi tesi, detestavo la situazione in cui mi trovavo e non sapevo come distrarmi. Mi buttai sul letto con i capelli appena asciugati e con solo l'accappatoio addosso rimuginando su cosa fare, dovevo sfogarmi, volevo scappare ed andare a cercarlo, è quello fu un colpo di genio, mi misi delle scarpe nere da corsa, dei leggins dello stesso colore e una felpa bianca, mi feci una coda alta, indossai le cuffiette collegate al cellulare nella tasca dei leggins con la musica degli "imagine dragons" e andai a correre.
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Il mio demone
FantasyChe cosa succederebbe se la tua vita fosse totalmente "normale" ad un certo punto la ritrovassi tutta sottosopra e il tuo modo di vedere le cose in modo totalmente "paranormale"? Beh, lo stai per scoprire