Marc
Jenna abbozza un sorriso prima di andarsene. La sento scendere le scale, e dopo qualche minuto parte il suono di una batteria dall'impianto stereo di Frederick.
Le è sempre piaciuto fare la doccia con la musica di sottofondo, me lo ricordo bene. È stata una delle prime cose che mi hanno colpito di lei.
Ricordo una delle prime sere in cui eravamo in viaggio per realizzare i sogni di Bonnie. Camila ancora non si era aggiunta, ed eravamo solo io, lei e Frederick.
Ho sempre dormito poco, e quasi tutte le notti mi svegliavo di soprassalto. Allora uscivo sul balcone del nostro motel, prendevo un po' d'aria e aspettavo che il sole sorgesse.
La prima volta che Jenna mi ha seguito non pensavo che quella sarebbe diventata la nostra abitudine, il nostro piccolo segreto.
Siamo rimasti a parlare fino all'alba, ed è stato bello e dannatamente intenso. Quando la guardavo riuscivo ancora a vedere il dolore dietro ai suoi occhi scuri.
Chiudo gli occhi ripensando a quei momenti con nostalgia. Eravamo pronti a dirci tutto, consapevoli che quelle parole sarebbero rimaste incastrate nella notte.
"Perché quanto ti fai la doccia metti la musica al massimo?" le avevo chiesto una volta. Lei aveva sorriso, e aveva aspettato qualche secondo prima di riuscire a trovare le parole giuste.
"A volte i pensieri nella testa fanno un rumore tremendo, ma la musica alta riesce a fare ancora più rumore. Mi serve per non pensare, almeno per una mezz'ora, a quanto mi senta sola ora che Bonnie non è più qui." mi aveva risposto.
Riapro gli occhi. Questa musica così allegra stona con la pessima giornata che stiamo ancora vivendo.
Mi alzo in piedi, e lascio la camera di Frederick e Camila.
Al piano inferiore "Lalala" dei The Cab poma al massimo dalle casse dell'impianto stereo. Ce ne è una per ogni stanza, e Jenna non deve essere stata capace a selezionare solo la cassa del bagno.
Il suo cellulare è collegato all'impianto, e quando mi avvicino per spegnere nelle altre stanze inizia a vibrare.
Lo guardo, e sul display compare l'immagine di lei e Malcom, sulla spiaggia di Santa Monica. Lei sorride radiosa, e lui la tiene stretta per la vita mentre le bacia una guancia.
Il tatuaggio "DREAMS" è ben visibile sul braccio di Jenna. Inchiostro permanente sulla pelle per ricordare sempre, in ogni istante.
Sua sorella le ha appena mandato un messaggio. Ha scritto l'ora del suo arrivo in aeroporto, niente di più.
Non voglio farmi i fatti suoi, così smetto di leggere il resto del messaggio.
Vado in cucina per cercare qualcosa da mangiare. Dubito che Jenna riuscirà a farlo, ma almeno posso provare a cucinarle il suo piatto preferito.
Sto per prendere una padella dal mobile, quando Jenna entra in cucina come una scheggia.
-Ti prego aiutami a fermare la musica. Non ci riesco!- dice.
Ha i capelli ancora bagnati, e gli abiti di Camila le vanno un po' grandi.
La maglietta bianca le cade morbida lungo i fianchi, e anche i pantaloni arrivano ben oltre la caviglia.
Ha i capelli ancora bagnati, e le gocce le stanno bagnando i vestiti, ma non sembra importarle.
La seguo in salotto e spengo l'impianto stereo. Jenna si rilassa visivamente.
-Grazie.- mi dice. La osservo meglio. Ha gli occhi rossi.
Spero non abbia pianto da sola sotto il getto della doccia, ma non glielo domando perché tanto so che non mi direbbe la verità. Non le chiedo neanche come sta, è piuttosto evidente che non sta bene.
Come potrebbe?
-Ti ho visto, prima in cucina. Non è necessario che prepari qualcosa anche per me. Non ho fame.- sussurra, sfinita.- Voglio solo andare a letto.
Senza il minimo preavviso la tiro a me e la abbraccio. La stringo forte, e lei non impiega molto a lasciarsi andare.
Soffoca a malapena un urlo di frustrazione, poi ricomincia a piangere.
I singhiozzi sono così ravvicinati che non so come faccia a riuscire a respirare.
Ci sediamo sul divano, e lei si raggomitola ancora di più contro di me. Tra le mani stringe la mia mia maglietta, così forte da farsi sbiancare le nocche.
Inizio a cullarla piano piano, mentre lei butta fuori tutto il dolore che sente dentro. Continua a piangere per almeno un'ora, e quando i singhiozzi iniziano a cessare mi accorgo che si è addormentata.
Sono felice che sia riuscita a farlo. Forse il sonno le porterà un po' di pace.
Un rapido sguardo all'orologio mi dice che sono solo le 22,18. Non sono stanco, però.
La osservo mentre lentamente sprofonda in un sonno sempre più profondo, dettato dallo sfinimento.
I capelli arruffati sono ancora un po' umidi sulle punte. Ad ogni respiro le palpebre si muovono impercettibilmente e le labbra sono leggermente dischiuse.
È bella e disperata.
Se chiudo gli occhi posso ancora credere che questi sei anni lontano da lei non siano mai esistiti.
Ci rivedo insieme, quando lei rientrava dal lavoro ed io l'aspettavo in cucina. Dopo cena ci sdraiavamo sul divano o sul letto e guardavamo insieme qualche film. Ma non arrivavamo mai al finale. Uno dei due si addormentava prima, oppure iniziavo a baciarla e tutto il resto non aveva più importanza.
Un brivido caldo mi scorre lungo la schiena quando ripenso alla sensazione della nostra pelle nuda che si sfiorava nelle notti in cui avevamo preferito amarci piuttosto che dormire.
Come abbia fatto ad arrivare a questo punto senza di lei proprio non lo so. Ma adesso, mentre la guardo dormire, mi rendo conto di quanto io abbia ancora bisogno di lei per sentirmi completo.***
Il sole batte violentemente contro i miei occhi. Quando li riapro vedo appannato per alcuni secondi, ma dopo riesco a mettere a fuoco.
Sono ancora seduto sul divano di Frederick, ma Jenna non è più fra le mie braccia.
Per un attimo ho paura che se ne sia andata chissà dove, però poi sento lo sciacquone del bagno e mi rilasso contro lo schienale del divano.
Il telefono mi vibra in tasca, e quando lo prendo è impossibile non sorridere. Frederick mi ha inviato una foto.
Camila è sdraiata sul letto della clinica privata, e accanto a lei è seduto Frederick. Tiene in braccio un fagotto bianco da cui si intravede solo una piccola testolina rosa. Juliet.
Non ho mai visto mio fratello sorridere così tanto, ed è una sensazione strana sapere che sono diventato zio. Wow.
Jenna esce dal bagno, e quando vede che sono sveglio alza una mano in segno di saluto.
-Non volevo svegliarti, ma avevo bisogno urgentemente del bagno.- dice, prima di accoccolarsi nuovamente contro di me.
Mi irrigidisco un attimo, travolto dalle sensazioni, e lei lo percepisce.
-So che questa cosa è sconveniente per entrambi, ma non sono ancora abbastanza lucida per pensare. E ho bisogno di un abbraccio, e tu sei l'unico in casa che possa aiutarmi.
Le bacio la fronte, poi sorrido, rilassandomi:- Non c'è problema, Jenna. È solo che non me l'aspettavo, tutto qua.
La stringo un po' e finalmente anche lei si rilassa.
-Guarda.- le dico, mostrandole la foto sul cellulare. Lo prende, la osserva per un attimo e poi sorride.
-Deve essere nata stanotte. Frederick ha provato a chiamarmi, ma stavo dormendo e non ho risposto.
-Voglio andare a trovarli.- dice dopo avermi restituito il telefono.
-Va bene.- le rispondo.- Quando arriverà la tua famiglia?
-Non verranno. Ieri li ho chiamati e li ho convinti a non partire.
-Cosa? Perché?- le chiedo, poi le accarezzo la schiena. Quando mi rendo conto di quanto sia intimo come gesto mi fermo, imbarazzato.
Lei non sembra notarlo:- Non c'è bisogno. Mamma si è agitata tantissimo, ma sono riuscita a tranquillizzarla quando ha sentito che stavo bene. Solo Sara partirà, dovrebbe arrivare entro l'ora di pranzo.
-A parte andare a trovare Juliet, cosa vuoi fare?- le domando. Lei alza la testa dal mio petto e mi guarda.
-Non posso restare a casa di Frederick. Prima di partire per Los Angeles io e Malcom avevamo visto altri appartamenti. Li abbiamo scartati perché troppo piccoli, ma ora ci sono solo io. Andrà bene uno di quelli.
Poi dovrei chiamare la polizia, per sapere se posso entrare in casa almeno per prendere un po' delle mie cose. E...
-Frena, Jenna. Non devi fare tutto oggi.
Sbuffa, poi appoggia di nuovo la testa sul mio petto.
Il cuore inizia a battermi a mille, e la stringo un po' di più:- So io cosa fare oggi. Andremo in ospedale, poi a prendere tua sorella. La accompagneremo in albergo, pranzeremo con lei e poi troveremo qualche pazzia da fare, per distrarci un po'. Che ne pensi?
-Cosa intendi per pazzia?
-Conosco un locale in cui si possono lanciare piatti contro un muro per sfogare la rabbia. Oppure potremo optare per una discoteca in riva al mare, visto che la musica ti aiuta a non pensare.
E poco sopra Los Angeles c'è un belvedere da cui si vede tutta la città. Ci vado ogni volta che ritorno a casa dopo un lungo viaggio.
Jenna sorride:- Sai che ti dico?- risponde, alzandosi in piedi di scatto.
La guardo: ha i capelli scompigliati e gli occhi gonfi per le lacrime di ieri sera.
-Voglio fare tutte quelle pazzie che hai appena detto, e voglio farle oggi.
Preparati Marc Juves, stai per essere travolto da un ciclone chiamato Jenna Martins.
Scoppio a ridere mentre lei corre al piano superiore, pronta a vestirsi per uscire immediatamente.
Le sue parole mi rimangono impresse nella mente, e non posso fare a meno di pensare che il suo ciclone mi abbia già investito in pieno.
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RomanceTERZO LIBRO DELLA SERIE "DREAMS" "Lui è lì, e mi sta osservando. Cerco di mostrarmi fredda, chiudo gli occhi e provo a nascondere tutta la sofferenza di cui lui è il principale artefice. Sono passati 380 giorni dall'ultima volta in cui l'ho visto."