Marc
La clinica è decisamente troppo grande per i miei gusti.
Ci siamo persi almeno tre volte, ed siamo arrivati lì da mezz'ora.
-Ho un'idea.- dice all'improvviso Jenna.
Siamo nella sala d'attesa del reparto di cardiologia, e lei è appoggiata completamente alla parete con la schiena. Sembra quasi che stia bene, ma gli occhi la tradiscono, lo fanno sempre. Sono l'unica parte del suo corpo che lei non riesca a controllare.
Ecco un altro motivo per cui mi sono innamorato di lei, sette anni fa. Ma non penso che quello che siamo stati ci possa essere d'aiuto in questo momento.
-Spara.- le rispondo, e lei si volta a guardarmi.
Da quando il suo sguardo è così espressivo?
-Ieri ho preferito usare un coltello.- mi risponde, ed impiego qualche secondo per capire la sua allusione venata di fin troppo sarcasmo.
Mi porto una mano sugli occhi:- Scusa, non intendevo...
-Lo so. Volevo solo avvertirti che sono pericolosa. Starmi troppo vicino potrebbe non essere salutare per te.
Comincia a camminare lungo il corridoio, ed io la raggiungo. Le tocco un braccio con la mano, e lei sobbalza per poi ritrarsi di scatto.
-Jenna, non sei pericolosa. Ti prego, cerca di capirlo.- le dico, cercando il suo sguardo. Lei continua imperterrita a guardare davanti a sé, e con la lingua si puntella la guancia.
-Marc, certo che sono pericolosa. Ieri ho ucciso il mio ragazzo, non ho esitato un attimo a conficcargli un coltello nel cuore.
-Sei stata obbligata. Se non l'avessi fatto ora non saresti qua a parlare con me, ma ti troveresti distesa nell'obitorio della polizia.- le rispondo, cercando di farla ragionare.
Scuote la testa, ma almeno torna a guardarmi dritto negli occhi:- Forse. E se invece avessi aspettato l'arrivo della polizia? E se invece di prendere un coltello avessi afferrato una padella e gliela avessi lanciata addosso? Malcom non mi avrebbe mai uccisa.
-Non puoi sapere cosa avrebbe fatto Malcom se tu non ti fossi difesa, ma le persone agiscono senza sapere cosa fanno quando sono in preda alla follia.
Non risponde, ma si toglie il giacchetto di pelle nera che indossa. Sotto porta una camicetta bianca a maniche corte.
Quando le guardo le braccia sgrano gli occhi. I segni delle mani di Malcom sono neri sulla sua pelle. Riesco persino a contare le dita. Quasi non distinguo l'inchiostro del tatuaggio dalla sua pelle tumefatta.
Mi viene la pelle d'oca mentre ritorno a fissarla negli occhi.
-Vedi questi?- dice, indicandosi i lividi con il mento. -Sono un promemoria. Ci metteranno un bel po' per andarsene, e mi daranno il tempo per allontanare tutte le persone cui voglio bene.
Preferisco fare del male alle persone che non conosco piuttosto che a chi tengo.
-È per questo che hai convinto i tuoi genitori a restare a New York? Hai paura di ucciderli?
Non risponde, ed io non riesco più a trattenermi. Le prendo il viso fra le mani e costringo Jenna a guardarmi.
-Ascoltami. Quello che hai in testa di fare... è una pazzia. Te non hai nessuna colpa di quello che è successo ieri, e non ti permetterò di allontanare le persone alle quali dovresti aggrapparti per superare il trauma.
Scoppia a ridere, e per un attimo mi fa veramente paura:- Superare il trauma? Marc, sei serio? Sto bene.
-Stamattina non mi sembravi così in forma.- ribatto, ma lei esita un po' prima di rispondere.
-È buffo.- risponde poi.- Non ti sei fatto né vedere né sentire per cinque anni, e adesso credi anche di capirmi.
Mi afferra i polsi e si scrolla le mie mani dal viso:- Sai, ho aspettato per un anno inutilmente che ti facessi vivo, prima di rivederti al matrimonio di Frederick. E anche dopo, nonostante tutto quello che ti avessi detto là, ho continuato ad aspettarti finché non ho incontrato Malcom.
Sono uscita con diversi uomini prima di lui, ma nessuno era riuscito a prendermi, perché è stato capace di farmi capire che potevo tornare ad amare qualcuno di nuovo, nonostante tutto il dolore che avevo provato per te.
E adesso è morto, e la persona che ero riuscita a dimenticare grazie a lui pretende di consolarmi. La vita non finisce mai di stupirmi.
Il silenzio che adesso aleggia tra noi è pieno di imbarazzo.
Lei estrae il telefono della tasca e compone un numero. Si porta il cellulare all'orecchio e dopo qualche secondo riconosco la voce di Frederick dall'altra parte.
-Mi vieni a prendere? Sono al reparto di cardiologia e mi sono persa.- gli dice prima di incamminarsi verso l'ascensore e lasciarmi da solo, con più rimorsi che pensieri.
Mi appoggio alla parete e mi lascio scivolare a terra.
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Después
RomanceTERZO LIBRO DELLA SERIE "DREAMS" "Lui è lì, e mi sta osservando. Cerco di mostrarmi fredda, chiudo gli occhi e provo a nascondere tutta la sofferenza di cui lui è il principale artefice. Sono passati 380 giorni dall'ultima volta in cui l'ho visto."