Jenna
Saluto Madison ed esco dallo studio.
Marc mi sta aspettando sul marciapiede al di là della strada, appoggiato ad un muretto basso.
Quando mi vede attraversare la strada, sorride. Ricambio, e cerco di dissimulare il mio imbarazzo.
-Come mai al lavoro così tardi?- mi domanda una volta essermi avvicinata a lui.
Mi stringo nelle spalle:- Io e Madison abbiamo dovuto sistemare lo studio fotografico perché domani mattina abbiamo un servizio.- rispondo, poi cambio argomento.- Avevi qualche piano per stasera?
-Nessuno, ma poi ho pensato che non ti ho mai portato a fare un giro sulle spiagge di Santa Monica.
Sorrido:- Mi sarebbe piaciuto vedere il tramonto, ma ormai il sole è calato da un sacco di tempo.
-Oh, non avremo bisogno del sole, ci basteranno le stelle.- risponde, ed io scoppio a ridere.
-Da quando sei diventato un poeta?- gli domando, ma Marc scuote la testa.
-Sono un pittore, non un poeta. Anche se entrambi sono artisti.- mi dice, poi si incammina lungo il marciapiede.
Lo seguo, e rimaniamo in silenzio finché non riesco a sentire il rumore del mare e l'aria inizia a diventare salmastra.
Chiudo gli occhi ed espiro profondamente.
-Adoro il profumo del mare.- dico, ancora tenendo gli occhi chiusi.
-Scommetto che adorerai ancora di più la spiaggia di Santa Monica.- ribatte Marc.
Vorrei rispondergli, ma quando arriviamo sul molo mi manca il fiato.
Il pontile è pieno di bancarelle che vendono cibo e bevande calde, oltre a souvenir del posto. L'atmosfera che si respira è magica, ma quasi tutte le mie emozioni vengono resettate quando Marc mi prende per mano e mi trascina in mezzo alla folla in fila per un hot dog o per lo zucchero filato.
E' una sensazione familiare, il suo palmo stretto contro il mio. Non so dire se mi piaccia oppure no, non riesco a descriverlo.
Mi manca il fiato quando aumenta la stretta. Chiudo gli occhi per un secondo e cerco di recuperare un contegno. Sento le guance calde, e ho una paura tremenda di essere arrossita. Come potrei spiegarglielo?
Per fortuna Marc non mi sta guardando, e continua a trascinarmi in mezzo alla folla fino a quando non superiamo il molo.
A quel punto mi lascia, ed io sono quasi sicura di essermi ripresa del tutto.
Se nota le mie guance rosse non lo da a vedere, ringraziando il cielo.
-Sei pronta?- mi domanda, prima di scavalcare una ringhiera e di dirigersi in spiaggia.
Lo guardo, esitando per un attimo.
Non riesco a vedere il mare perché davanti a me ho almeno un centinaio di ombrelloni dello stabilimento che stiamo violando.
Per un attimo penso che potrebbero arrestarci, e proprio non vorrei tornare in commissariato.
-Ti serve aiuto per scavalcare?- mi domanda Marc, ed io riemergo dai miei pensieri. E' davanti a me e neanche me ne ero accorta.
Scuoto la testa, alzo una gamba e scavalco senza problemi.
Marc ride, ed io vorrei tanto sapere cosa gli passa per la testa, ma dato che non so neanche cosa passa per la mia di testa...
-Sei sicuro che possiamo stare qua?- gli chiedo, mentre procediamo verso la riva.
Mi prende i polsi e mi gira con le spalle verso il mare, per poi guardarmi ardentemente.
-Non potremo assolutamente essere qui. E' una spiaggia privata, ma ha la vista migliore di tutte.- mi dice, ed io sgrano gli occhi.
-Marc! Potremo finire nei guai!
-Hai deciso che saresti finita nei guai nell'esatto momento in cui ci siamo conosciuti.- risponde, e la verità nascosta fra quelle parole mi provoca un brivido lungo la schiena.
Lo nota, e scoppia a ridere, senza mai distogliere i suoi occhi azzurri dai miei.
Non so cosa ci sia nell'aria stasera, perché arrossisco di nuovo.
-Dico sul serio.- provo a ricompormi.- Non voglio farmi arrestare per violazione di domicilio. Ne ho avuto abbastanza del commissariato per tutta la mia vita.
-Lo so. Ma ti prometto che non succederà niente di male.- dice ancora.
Mi tiene ancora per i polsi, e quando me ne rendo conto sento il corpo riempirsi di pelle d'oca. Prego affinché non se ne accorga, ma quando punta gli occhi sulle mie braccia perdo ogni speranza.
E' in quel momento che i miei occhi scendono lungo il suo viso, puntandosi sulle labbra.
In un attimo ripenso a tutti i momenti dolci che abbiamo passato insieme: il nostro primo abbraccio fuori dalla casa dei genitori di Bonnie, il viaggio insieme, il nostro primo bacio a New Orleans, l'Australia, le coccole sul divano quando rientravo dal lavoro, risvegliarmi al mattino con le sue labbra che percorrevano la mia schiena nuda, i "Ti amo" che sapevano di eterno sussurrati nel cuore della notte
Ogni singolo momento nostro mi ripassa davanti agli occhi, e mi rendo conto di quanto sia stato facile riuscire di nuovo a fidarmi di lui. E' stato naturale, normale, come se fosse inevitabile.
Ed ora, mentre gli guardo le labbra, penso che non vorrei altro che mi baciasse.
Trattengo il fiato, e Marc serra la mascella.
-Jenna...- sussurra, avvicinandosi lentamente.
Sta per baciarmi. Me lo sento, è evidente. Ogni cosa nella mia mente urla che è sbagliato, che dopo non saremo più in grado di essere noi stessi, di stare bene insieme.
Ma qualcosa, nel profondo del cuore, urla che invece non esiste cosa più giusta di questa, che c'è una ragione se Bonnie mi ha convinta a partire per Los Angeles.
Marc lascia i polsi, ma percorre le mie braccia lasciando una scia di brividi, fino ad arrivare sulle mie guance.
I nostri respiri diventano una cosa sola, e la luna splende su di noi, come la prima volta a New Orleans.
Chiudo gli occhi un istante prima che le nostre labbra si uniscano, e non aspetto altro che quel contatto...
-Ehi, voi due! Cosa ci fate nella mia proprietà?- urla qualcuno, in lontananza.
Riapro gli occhi, in tempo per vedere Marc che sgrana gli occhi e si allontana veloce dal mio viso.
-Corri!- dice solo, prima di prendermi per mano e trascinarmi via.
Faccio fatica a tenere la sua andatura, e correre sulla sabbia non è esattamente la cosa più facile che esista.
Sento i granelli infilarsi nelle mie scarpe, ma non ci fermiamo finché non sentiamo più il proprietario dello stabilimento urlarci contro.
A quel punto sono completamente senza fiato. Marc mi lascia la mano, ed io quasi cado a terra per la fatica.
-Tu...- dico solo, e lui scoppia a ridere.
-Ammettilo, è stato emozionante.- mi risponde, ed io gli rivolgo uno sguardo truce.
-Dopo che mi avevi detto che non saremmo finiti nei guai... hai anche il coraggio di rispondere così?! Potevi almeno rallentare, non tutti sono alti come te!
-Jenna, se avessi rallentato, ora il proprietario ci starebbe ancora addosso.
Mi siedo sulla sabbia, incurante di tutti i granelli che mi resteranno attaccati ai pantaloni.
Marc fa lo stesso, e la sua improvvisa vicinanza mi fa tornare in mente il bacio mancato, qualche minuto prima.
Arrossisco, e ringrazio che Marc non lo stia tirando in ballo.
Fissa l'orizzonte, ed io lo imito. L'oceano, spettacolare come solo lui sa essere, si estende davanti a noi. La Luna è perfettamente al centro del cielo, alta e magnifica, circondata da miliardi di stelle.
-Wow.- dico solo, e Marc sorride.
-Avresti dovuto vedere la vista dall'altra spiaggia... è ancora più bella perché hai l'adrenalina provocata dal divieto di stare lì che fa sembrare tutto più perfetto.
Sorrido, e gli do una spallata per ricordargli che sono ancora arrabbiata con lui.
Ride, ma poi si distende sulla sabbia, con le mani dietro la nuca e fissa le stelle.
Lo guardo per un attimo, poi mi sdraio anch'io.
-Hai mai dato un nome alle stelle?- gli domando.
-No. A cosa serve?
-Ho letto un libro, qualche anno fa.- rispondo, sorvolando sul fatto che il protagonista si chiamasse come lui.- C'era questo ragazzo che non poteva più tornare a casa dai suoi fratelli, e per ricordarli sempre iniziò a dare i loro nomi alle stelle. Helen, Julian, Ty, Livvy, Dru, Tavvy, e persino la sorellastra acquisita, Emma.
-E' una cosa triste.- risponde, e percepisco il suo sguardo preoccupato su di me.
-Lo so. Ma da allora non posso fare a meno di pensare a lui, ogni volta che guardo le stelle.
Non risponde subito, ma dopo qualche secondo.
-Quando starò via, per non dimenticarti di me, farai la stessa cosa? Darai il mio nome alle stelle?
Scoppio a ridere:- Marc, starai via per una settimana, non per l'eternità.
-Lo so, ma magari al mio ritorno avrai trovato un aitante giovane ed io rimarrò sullo sfondo.
-Dato come è andata a finire l'ultima volta con "l'aitante giovane", credo che prima cercherei la tua approvazione.
Sorride:- Sarà un onore, signorina Martins.
Rido ancora:- Vuoi che ti accompagni all'aeroporto, domattina?
-E poi come torneresti a casa?
-Potrei farmi venire a prendere da Madison, o posso sempre chiamare un taxi. Oppure posso chiedere a Frederick.
-Sicura?- mi chiede, ed io annuisco.
-Va bene, allora. Mi farebbe piacere.
Rimaniamo in silenzio ad osservare il cielo fino a quando gli occhi quasi non mi si chiudono.
-Credo sia ora di andare.- dice allora, e mi aiuta ad alzarmi.
Il viaggio di ritorno in macchina è tranquillo. Alla radio passano "My immortal", una delle mie canzoni preferite.
Quando parcheggia l'auto davanti al mio palazzo, mi volto a guardarlo.
-Ti passo a prendere domattina alle 7,45. Non fare tardi, altrimenti penserò che tu non voglia farmi partire.
Scoppio a ridere, e l'atmosfera è così diversa rispetto a quella della sera prima.
-Buonanotte.- gli dico, sporgendomi verso di lui e lasciandogli un bacio sulla guancia.
-Buonanotte.- risponde anche lui. Gli sorrido, poi scendo e vado via.
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RomanceTERZO LIBRO DELLA SERIE "DREAMS" "Lui è lì, e mi sta osservando. Cerco di mostrarmi fredda, chiudo gli occhi e provo a nascondere tutta la sofferenza di cui lui è il principale artefice. Sono passati 380 giorni dall'ultima volta in cui l'ho visto."