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Marc

-Allora.- dice Jenna non appena si è lanciata sul mio letto. -Cosa mi sono persa?
Sorrido, per l’ennesima volta da quando l’ho rivista.
-Sono stato a cena con il mio agente e l’acquirente, e ho scoperto che è la mia professoressa di arte delle superiori.
Si copre gli occhi con le mani e fa una smorfia:- Ah, le superiori sono un tormento.
-Perché?- mi siedo accanto a lei.
-Non tutte le persone sono nate belle come te. Io ero bassa, cosa che sono ancora oggi, e avevo l’apparecchio e le bolle in viso. Il ragazzo che mi piaceva non sapeva neanche della mia esistenza, e per ottenere qualsiasi cosa dovevo lottare venti volte in più rispetto a mia sorella.
Scoppio a ridere:- È la sorte dei fratelli maggiore. È normale.
-Sarà anche normale, ma è profondamente ingiusto.
Rido ancora, e lei fa lo stesso.
-Anche io non brillavo particolarmente alle superiori.- commento, e lei mi guarda, allibita.
-Non ti credo Marc Juves. Nemmeno un po’.
-Mi dispiace deluderti, ma è la verità. Per non parlare del ballo dell’ultimo anno.
Prende il cuscino e se lo stringe al petto.
Mi piace come si comporta. Come se fosse anche camera sua, come se si sentisse così a suo agio insieme a me. Mi fa sentire bene.
-Adesso mi racconti tutto. Voglio sapere ogni cosa di quel ballo.- si mette seduta sempre stringendo il cuscino al petto.
Ha i capelli scompigliati, e il viso visibilmente stanco. Sono le due del mattino, e per uno come me che dorme pochissimo la notte è appena cominciata.
Ma lei? Non è abituata a rimanere sveglia fino all’alba, e oltretutto è volata a Chicago solo per stare con me. Magari le mancavo. Sarebbe bello, dato che lei mi è mancata più di quanto sia disposto ad ammettere a me stesso.
Mi guarda con i suoi grandi occhi castani, aspettando che dica qualcosa, ma non riesco a pensare ad altro che a lei, di come tutti gli sforzi che ho fatto per dimenticarla siano stati inutili.
Dannazione, mi sento quasi in vena di scrivere una poesia. Potrebbe venir fuori qualcosa di veramente bello.
Potrei scrivere di quanto mi piaccia il suo profumo, o di quando mi capita di fantasticare sul suo sorriso. Esiste cosa più bella del suo sorriso? Se c’è non l’ho mai vista.
-Marc?- interrompe i miei pensieri all’improvviso, passandomi una mano davanti agli occhi.
-Scusa, mi ero perso.- butto là, sperando che non faccia ulteriori domande.
Sorride, e so già che quello che sta per dirmi mi metterà in difficoltà. Me ne accorgo dalla luce che brilla nei suoi occhi.
-Stavi pensando ad una ragazza, giusto?- mi chiede.
Prendo tempo per rispondere, e lei si sdraia di nuovo sul letto, sfinita.
La imito solo perché voglio guardarla dritto negli occhi. Le nostre gambe si sfiorano. Il letto da una piazza e mezza è troppo piccolo per evitarlo.
Non so dove mettere le mani, così decido di prenderle le sue e stringerle.
-È la ragazza che hai accompagnato al ballo di fine anno? Come si chiama?- mi chiede ancora.
Sospiro, mentre le accarezzo i palmi.
-Emma.- rispondo.- Ma non stavo pensando a lei.
Non aggiungo altro, ma quasi mi aspetto che mi chieda ancora qualcosa.
Invece non lo fa. Chiude gli occhi per un secondo e si avvicina un po’ a me.
Siamo così vicini, e condividiamo lo stesso cuscino. Se solo spostassi la testa verso di lei, potrei baciarla.
Chiudo gli occhi anche io, investito all’improvviso dalla consapevolezza che ora siamo molto più vicini di quanto siamo mai stati negli ultimi tempi.
Certo, solo due giorni fa ho quasi perso il controllo, ma le sensazioni che sto provando adesso sono completamente diverse.
Credo che Jenna si sia addormentata. Le palpebre si muovono appena, e il petto si solleva in modo lento e regolare.
Le sfioro una guancia, attento a non svegliarla.
Sorrido, e questa volta sono io ad avvicinarmi a lei, stringendola.
Da quando siamo nuovamente amici abbiamo dormito insieme un paio di volte, ma mai in un letto e mai Jenna ha rappresentato così tanto per me.
Ormai è inutile negarlo a me stesso.
Amo Jenna Martins, e non sono sicuro che potrò mai smettere di farlo.

***

I

l mattino dopo mi sveglio per colpa di un raggio di sole troppo invadente.
Jenna ed io siamo ancora abbracciati, e sono sicuro che ormai il cuscino abbia preso il suo profumo.
Lei da le spalle alla finestra, e dorme ancora profondamente.
Vedo della neve sul piccolo terrazzo della mia stanza. Deve aver nevicato parecchio, e spero che Jenna abbia portato vestiti abbastanza pesanti per affrontare questo gelo.
Lentamente apre gli occhi anche lei, quasi avesse sentito la mia mente pronunciare il suo nome.
-Ehi.- le dico, scostandole una ciocca di capelli dal viso mentre lei chiude con forza gli occhi per proteggersi dalla luce.
Schiaccia il viso contro il mio petto, ed il gesto è così inaspettato che all’inizio mi irrigidisco un po’.
Le accarezzo la schiena, e rimaniamo così per qualche minuto.
Non diciamo niente, forse perché effettivamente non c'è niente da dire. Mi sembra di aver già vissuto questa scena, ma non smetto di accarezzarla.
Mi piace coccolarla.
Mi fermo solo quando alza la testa e mi dà un delicato bacio sulla guancia.
-Buongiorno.- mormora prima di rimettersi giù. -Hai già dei programmi per oggi?
-A dire il vero sì.- riprendo ad accarezzarla.- Alle 11.00 mi vedo con George, il mio agente, e dopo venderemo ufficialmente il quadro alla mia ex professoressa.
Oggi pomeriggio sono libero. Hai voglia di fare qualcosa in particolare?
Sorride:- Sarebbe bello visitare la città.  E poi devo trovare qualcosa da regalarti per Natale.
Scoppio a ridere:-Mancano due settimane a Natale, Jenna. Hai tempo.
-Lo so, ma vorrei regalarti qualcosa di più bello rispetto ad un set di pennelli nuovi. Ne hai già centinaia.
Non rispondo, ma continuo a sorridere.
Lei mi osserva per un attimo, poi si allontana e scende dal letto.
Va in bagno e quando vede lo stato dei suoi capelli, arruffati per colpa della notte, la sento sbuffare pesantemente.
-Perché devo sempre essere un disastro la mattina?- si rivolge al suo riflesso nello specchio, ed io scoppio a ridere.
-Smettila, Marc. Dico sul serio.- borbotta qualcos'altro, poi esce dal bagno e rimane a guardarmi qualche secondo.
Credo che stia percependo l’intimità di questo momento. Abbiamo dormito insieme, e siamo così a nostro agio quando siamo insieme che sembra quasi che non sia passato un solo secondo da quando ci siamo lasciati. Quasi.
-Vado in stanza, ho bisogno di una doccia.- distoglie lo sguardo dal mio, poi si alza sulle punte e prende il suo cappotto dall’attaccapanni appeso alla porta.
-Ti aspetto per colazione.- mi alzo dal letto e la raggiungo.
Fa finta di pensarci su:- Non so se ho voglia di fare colazione con te. Devo rifletterci.
-Stanotte non hai dovuto pensare a niente, mentre ti addormentavi fra le mie braccia.- non posso fare a meno di pungolarla un po’.
Inaspettatamente sorride, poi mi bacia la guancia e se ne va.

***

Sto aspettando Jenna per la colazione da ormai dieci minuti, quando la vedo scendere le scale.
Indossa un abito nero che le fascia alla perfezione il petto e si allarga dalla vita in giù.
Le maniche sono in pizzo, così come la schiena.
I capelli sono sciolti, e le onde leggere le incorniciano il viso.
È stupenda.
-Stai benissimo.- le dico non appena mi è vicina.
-Anche te. Questo colore ti dona.- indica la mia camicia bianca, poi sorride.
-Sarebbe davvero un peccato se, per sbaglio, dovessi rovesciare il mio succo addosso a te.
Scuoto la testa mentre ci avviamo verso un tavolo libero.
-Abbiamo mezz'ora prima che arrivi l’auto che ci porterà in ufficio da George.- le dico.
Una cameriera prende le nostre ordinazioni, poi se ne va verso la cucina.
-Non ho mai conosciuto il tuo agente.- commenta Jenna.
Annuisco:- Te lo presenterò oggi. Non è molto simpatico, ma è bravo nel suo lavoro.
Sorride:- Sono contenta che sia una persona affidabile. Spero di essermi vestita in modo adatto, non sono mai andata alla vendita di un quadro.
-Sei bellissima, te l’ho detto prima.- ribadisco, e mentre la cameriera posa le ordinazioni davanti a noi, potrei quasi giurare di averla vista sorridere per le mie parole.

***

Non mi piace.
Decisamente non mi piace il modo in cui George sta guardando Jenna.
È come se se la stesse mangiando con gli occhi, divorando con lo sguardo ogni centimetro di pelle scoperta. Le gambe, le braccia leggermente abbronzate e perfino quel poco di pelle che si intravede dal pizzo sulla schiena.
Lei sta analizzando il suo studio, e non sembra accorgersi di lui.
Siamo in piedi e George invita a sederci, ma rifiuto. Sto bene in piedi, e Jenna è troppo assorta nei suoi pensieri per rispondere.
Aspettiamo la signora Grimaldi, che a quanto pare è in ritardo.
Poso una mano sulla schiena di Jenna, e la avvicino a me.
Lei sorride, sorpresa, mentre le sussurro tra i capelli:- Non dare troppa confidenza a George. Non mi piace come ti sta guardando.
-Non sapevo che avessi una ragazza.- ci interrompe George.
Stringo maggiormente il fianco di Jenna, poi gli rispondo:- Che ci vuoi fare, abitiamo lontani e ci sentiamo solo quando riesci a piazzare un quadro.
Jenna sorride, beffarda, stando al gioco e sfidandomi con lo sguardo.
Le bacio una guancia perché non posso farne a meno. Sono a pochi centimetri dal suo viso, e quando appoggia una mano sul mio petto, sorrido.
George non dice più nulla, e sono dannatamente contento di averlo messo a tacere.
Qualcuno bussa alla porta, e dopo qualche secondo vediamo entrare la signora Grimaldi.
Squadra Jenna, ancora abbracciata a me, poi le sorride.
-Te devi essere la ragazza di Marc. È un vero piacere conoscerti.
Jenna ricambia, porgendogli la mano:- Anche per è un onore conoscerla. Marc mi ha parlato molto di lei, sono contenta che lo abbia aiutato a crescere.
-Bene.- sopraggiunge George.- È ora di dare inizio alla trattativa. Chi vuole cominciare a parlare per primo?

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