Capitolo 11

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POV's Elisa
Mi svegliai ma di Dam neanche l'ombra, come se non fosse mai stato qui. Dubitai di essere andata a letto con lui e andai allo specchio e notai una macchia scura sul collo
-Allora nun me lo so sognato!!- gridai Andai a prepararmi. Indossai una gonna nera corta, degli stivaletti alti, un top nero con dettagli dorati e la giacca di Dam... quella della terrazza. Misi anche un cappello a tesa larga e uscii di casa. Mi avviai verso scuola mentre fumavo una sigaretta.
Lo vidi. Era lì appoggiato alle colonne dell'ingresso come sempre, aveva un foglio a me familiare in mano ed era circondato da ragazze in ammirazione. Non capivo la situazione finché non iniziò a cantare... Era la nostra canzone, quella che gli avevo scritto la sera prima, quella che parlava di me ma anche di lui... ma la stava cantando ad altre ragazze, giocando con i loro corpi, e ogni parola che cantava mi faceva male... male da morire
"Te sei fatta fregà! Brava scema ma che credevi. Uno come lui con te? IMPOSSIBILE! Ed ora piangi, soffri perché ormai dovresti saperlo, no? Dopo quello che è successo."
Mi avvicinai a lui
-Ma bravo! Bravo davvero! Se ti serviva una scrittrice bastava dirlo! Ti sei preso gioco di me! Ed ora voglio essere pagata! Dammi 100 euro, 50 per il pezzo e 50 per la scopata! Mi fai schifo Damiano David! Non voglio più vederti!- gridai cercando di trattenere lacrime impossibili da tenere
-Piccolì aspetta! Famme spie...-
-Piccolì un cazzo Damiano!- lo interruppi -Non sono la tua piccola e tu non sei mio. Sono sempre stata un oggetto per te! E pensare che mi stavo innamorando di te...- dissi per poi ridere delusa
-Ma io...-
-Damiano basta. Sono già stata male abbastanza.- dissi schifata
-Ah e riprendite la giacca.- dissi per poi lanciargliela e andandomene
Lui rimase lì con la giacca in mano e lo spartito nell'altra.
Era lì che mi fissava andare via
Arrivai a casa e appena chiusa la porta mi accasciai a terra tra i singhiozzi e le lacrime. Non poteva succedere di nuovo.
-cazzo!- gridai -non di nuovo!- andai in camera volevo solo sdraiarmi ma appena entrai vidi il letto sfatto e sentii il suo profumo. Tirai un pugno allo specchio ferendomi la mano,il polso e il braccio. Il suono del vetro mentre si rompeva era uguale a quello che aveva fatto il mio cuore quando avevo visto Damiano. Il sangue non si fermava e incominciavo a sentirmi male: non riuscivo a muovere la mano e quindi guardai la ferita. Era molto profonda perché delle schegge si erano infilzate nella mia carne e nella furia le avevo tirate via senza pensare alle conseguenze... La cosa stava degenerando e io perdevo fin troppo sangue, così tanto da non reggermi in piedi. Quindi mi accasciai in un angolo della stanza. Maledicevo il giorno in cui quel moro alto e intrigante mi aveva restituito lo spartito, il giorno in cui mi aveva salvata alla festa e accudita durante la notte, il giorno della terrazza e la notte scorsa. Maledicevo me e il fatto di essermi fatta fregare da quegli occhi così potenti che avevano segnato la mia rovina.
"E adesso sto per svenire perché il sangue non si ferma e ho paura. Ho paura di non poter più rivedere quegli occhi e quel sorriso, ho paura di non poter più sentire la sua voce calda e di non poter più giocare con i suoi capelli selvaggi... Ho paura. Ho freddo. Ciao Dam."
Sentii la porta sbattere e qualcuno correre nella mia stanza. Vedere lo specchio rotto e seguire la scia di sangue sul pavimento in legno, fino a vedermi rannicchiata in un angolo. Sentii gridare e stringere il polso. Mi sentii stretta al petto di un ragazzo che singhiozzava e imprecava. Sentii il suo profumo mischiato all'odore metallico del mio sangue...
-Piccolì resisti ti prego-
"Dam"

CONTINUA...

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