2.

665 74 13
                                    


La campagna romana di notte è più bella. I grilli, un vento leggero, la luna che illumina il lago. Da piccolo, di notte, usciva di nascosto di casa per ammirare quello spettacolo. Una volta finì per addormentarsi e quando il padre lo trovò lì, sdraiato ai piedi di un albero accanto al fiume, gli venne un colpo. Dopo aver scoperto che in realtà era vivo e vegeto gli diede un ceffone che Mario si ricorda ancora. Sempre sotto quell'albero decide di aspettare il mattino, non voleva piombare a casa di notte, come un ladro, rischiando di spaventare tutti.

L'alba arrivò presto e il sole non tardò ad accarezzare quella barbetta incolta, nera come la pece. Il momento è arrivato, Mario si sciacqua il viso nel lago, si passa una mano tra i capelli e tirando un grosso sospiro si avvia verso casa.

<<Giusto in tempo per la zuppa di latte vedo!>>

<<Ziooooooo! Ziiiooo!>> urla la piccola Carlotta gettandosi tra le sue braccia. Quanto gli era mancato quell'odore di bimbo, quell'odore di buono.

<<Ciao amore mio, guarda un po' che t'ha portato zio, te piace? si? So' contento amore mio>>

Carlotta prende in mano quella bambola di pezza e corre dalla mamma, intenta a rifare i letti nella camera a fianco.

<<Ahò, chi non muore se rivede! Che c'hai?! T'ha già stancato Milano che sei ritornato tra noi poveracci?>>. Suo fratello Luigi non aveva preso bene la sua decisione di andare via da Roma. Anzi, si era sentito attaccato, giudicato e un po' offeso quando Mario aveva detto chiaramente di non voler finire come lui. Luigi era meno pretenzioso, aveva tutto quello che gli serviva: una moglie che amava tanto, una splendida figlia e zappando la terra, come diceva Mario, ci manteneva tutta la famiglia. Ma Mario era diverso, e lui lo sapeva, lo aveva sempre saputo, fin da quando era piccolo. << Va, vai a Milano vai. Chi te pensa, chi te vole?! I libri a te t'hanno fottuto il cervello, l'ho sempre detto io!>>. Si erano lasciati così, cinque anni prima. Ma non c'è stato un giorno in cui Luigi non l'ha pensato, tanto che appena lo vede gli salta al collo.

<<Diciamo che me so preso na pausa e mi fermo un paio di mesi. C'ho avuto un po' de problemi... poi ti spiego. Ma... ndò sta papà? È già uscito?>>

<<Sì, stamattina è uscito presto, vallo a trovà che lo fai contento!>>

<<Si, me cambio sti stracci e vado. Che so tre giorni che li tengo addosso>>

<<A Mariu', ma che bello vedette! Fatte da un bacio. Ammazza quanto sei bello, viè qua!>>

<<Concè come stai? Pure tu sei sempre più bella, te tratta bene mio fratello eh? Nooo, ma che è questa... nun ce credo n'altro fijo, oddio so' troppo contento!>>

<<Eh sì, diciamo che se demo da fa, verò Luì? Beh, ci vediamo stasera Mario, vi ho lasciato la zuppa di ceci, pronta, io scappo che semo tutti indaffarati!>>

<<Lavori ancora dal marchese? Ma co sta panza? Nun te stancà che quello stronzo mica se n'è importa se na poveraccia è incinta... >>

<<Sempre il solito sei. Guarda che il marchese non è cattivo, m'ha detto pure che se mi servono mi da qualche vestito usato dei figli suoi. Da marchesino lo vesto sto pargoletto>>

<<Ahahahahah, sto pargoletto? E chi te dice che è un maschio?>>

<<Eh, che ne vuoi sapere tu... una donna certe cose le sente. Ora devo andare proprio, se no me cacciano. C'è tutto il palazzo indaffarato, domani mattina arriva il marchesino, Claudio, te lo ricordi?>>

<<Claudio? Me pare un pochino. L'ultima volta che l'ho visto avremmo avuto dieci anni... credevo fosse morto!>>

<<No, macchè... è stato in collegio, poi ha viaggiato tanto... è stato a studiare a Londra e ora sta a Parigi. Però mi sa torna pe restà. Da quello che dicono il padre vuole lasciargli la tenuta. Dice che è un bamboccio, nun lavora, non fa niente...dice che è n'artista... beh, io vado, ve raccomando. Ciao Carlò a mamma, se vedemo stasera e mangiateve li ceci!>>

<< Sì amò, se vedemo stasera! io vado a lavorà... Carlotta la lascio da zia Assunta. Mariu' vai a salutà a papà, se vedemo a pranzo!>>

<<Se se, me sciacquo e vado. Ciao a zì, damme un bacetto. A dopo>>

Il bello di ritornare a casa forse è questo. Il tempo sembra non essere mai passato e tutti t'accolgono con un sorriso. "Chissà papà però" pensa Mario "non m'ha più scritto". Ma sapeva in fondo che al padre non avrebbe fatto altro che piacere riaverlo accanto.

Dopo aver bevuto un po' di zuppa di latte col pane secco, va in camera. Nulla è cambiato, due lettoni grandi e uno piccolo, il suo. Ancora c'era su la coperta che gli aveva cucito la mamma. "Mamma, quanto me manchi!". Il cuore gli si strinse per un attimo e per scacciare questi pensieri tristi decide prendere un po' d'acqua nel deposito di quella piovana e di lavarsi. "Claudio, l'artsita" cominciò a pensare. Certo che coi soldi puoi fare quello che vuoi. L'artista mantenuto dal papà. Già gli stava sul cazzo sto Claudio, degno fijo del padre, marchesino di Stocazzo pure lui.

Dopo un'ora circa decide di andare dal padre che, avendo una certa età, lavorava nei magazzini della tenuta.

<<Ah Cì, ma quello non è tu fijo Mario?>> gli dice un collega.

<<Che stai a dì Vitto'!>> Ciccio si gira e lo vede. Non sa bene quello che prova, se felicità, se angoscia, se rabbia. Mario vede solo che lascia il cesto di verdura che stava controllando per andargli incontro.

<<Mario, mannaggia a te, n'infarto me farai prende prima o poi!>>

<<Ciao papà, e chi t'ammazza a te. Come stai? Me sei mancato!>>

<<Anche tu fijo de na buona donna>>

<<Ahò, guarda che la buona donna sarebbe tu moje!>>

<<Fammè sta zitto fammè!>> impreca Ciccio mordendosi il pugno. Mario fin da piccolo lo faceva disperare. Non era calmo e tranquillo come Luigi, no! Lui era strano, introverso, parlava poco e sembrava sempre pensieroso. Era anche il figlio preferito di Lia, sua moglie. Quando la mamma era morta Mario era stato malissimo, e i suoi silenzi si erano fatti sempre più rumorosi.

<<Ciccio, che succede abbiamo visite?>> dice ad un certo punto una voce familiare.

<<Marchè, sì. Vo ricordate a mi fijo Mario? Il piccolo!>>

<<Ah, il milanese! Ben tornato Mario... che ci fai qui? Milano non ha soddisfatto i tuoi sogni?>>

<<Salve signor marchese. Sono tornato qui per qualche mese a trovare i miei. Tornerò presto a Milano, non si preoccupi. Sicuramente soddisfa i miei sogni più che sto posto. Con tutto il rispetto.>>

<<Vedo che il tuo bel carattere non ti ha abbandonato. Bene, resta quanto vuoi... anzi, visto che stai nella mia proprietà ti chiederò anche un favore. Pagato ovviamente>>

<<Guardi, se il favore consiste a zappare la terra non sprechi fiato... diciamo che non sono portato!>>

<<Ah, nelle tue condizioni disdegni pure il lavoro? Che figlio hai tirato su Ciccio? Uno sfaticato?>>

<<Con tutto il rispetto marchese, io a Milano lavoravo, e lavorerò ancora appena torno. Mio padre non m'ha mai mandato na lira, me so fatto sempre un culo così. Non è di certo lui il padre di no sfaticato!>> e no...Mario la lingua non se la sapeva proprio mozzicare.

<<Mario!>> lo ammonisce il padre <<Marchese lo scusi, è appena arrivato, è stanco. Ma mi dica, in che consiste il favore, o il lavoro?>>

<<Ringrazia che tuo padre è un brav'uomo. Ti piacciono i cavalli no? Mi ricordo che da piccoletto ti trovavo sempre nelle mie stalle, con Achille. Beh, domani arriva mio figlio, Claudio. Lo stalliere s'è fatto male. Mi serve qualcuno che per un paio di mesi si prende cura dei cavalli e insegni a mio figlio a cavalcare.>>

<<Grande e grosso nun sa cavalcare?>>

<<Non ti ho chiesto opinioni a riguardo Mario. Accetti sì o no?>>

<<Certo che accetto. Adoro i cavalli>> e poi vuoi mettere il divertimento di vedere il marchese Claudio di Stocazzo cadere come una femminuccia da cavallo. No, non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Claudio, l'artista... il mantenuto. Chissà de che arte se parlava poi. "So tutti boni a fa gli artisti coi sordi di papà", pensò.



Papaveri RossiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora