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Ormai è da una settimana che Mario lavora come stalliere. Tiene in ordine le stalle e i cavalli, li ciba e li spazzola, ma la cosa che gli fa amare questo lavoro è il contatto diretto con gli animali, coccolare e tenere in forma quelli più anziani e domare quelli giovani e selvaggi. Uno in particolare ha rapito il suo cuore. È un cavallo nero con una macchia bianca in mezzo agli occhi a forma di foglia. Mario, sta cercando di domarlo da circa tre giorni con scarsi risultati. Passa da amore a odio e ancora non gli ha dato neppure un nome.

La domenica è il suo giorno preferito. Tutti, marchese e sottoposti, vanno a messa e Mario può rimanere sdraiato sulla riva del lago, a leggere, con la testa appoggiata all'albero che tanto amava da piccolo. Non sa bene perché ma quell'albero gli dà quasi un senso materno e ogni volta che ha bisogno di sentirsi bene ritorna lì. La sua testa è piena di pensieri: Piero non scrive, non sa che fine Augusto avesse fatto o se i papaveri rossi avessero organizzato un'altra manifestazione. Sui giornali non si parlava d'altro che delle rivolte di Milano e questo lo frustava parecchio; avrebbe dovuto essere lì con loro e invece, come un codardo, è scappato via.

<<Cosa stai leggendo?>> una voce lo distoglie da questi pensieri. Claudio. È la prima volta che sente la sua voce, la prima volta che gli rivolge direttamente la parola. Lo aveva visto ogni tanto passeggiare, con la sua amica Letizia o con la sorella, ma non si erano mai parlati. Qualche cenno di saluto, nulla di più.

<<Alfieri>> risponde secco, colto di sorpresa.

Claudio si abbassa verso di lui per leggere il titolo del libro.

<<Della tirannide>> accenna un sorriso <<sarà meglio che mio padre non lo scopra, Alfieri è un intellettuale di moda tra i rivoluzionari>>.

<<Non credo che lo verrà mai a sapere, se lei non gli dirà nulla!>>

<<Non è mia abitudine fare la spia, Mario. Giusto?>>

<<Sì, mi chiamo Mario. Mi scusi signor marchese, non mi sono nemmeno presentato!>> Mario si alza in piedi e gli porge la mano. Ad un tratto si è ricordato delle buone maniere e che sta parlando con il suo superiore. Ecco cosa odiava di questo posto... sentirsi inferiore a qualcuno.

<<Mi chiamo Claudio. Chiamami così, abbiamo quasi la stessa età... >>

<<Solo se mi prometti di non dire neanche questo a tuo padre!>>

<<Giuro!>> esclamò Claudio incrociando le dita davanti alle labbra. <<Ti conosco da appena un minuto e siamo già alla seconda promessa.>>

Mario lo guarda. Rimane imbambolato per qualche secondo e pensa che, forse, si è sbagliato su di lui. Non sembra antipatico e altezzoso come il padre, anzi! Lo tratta come un suo pari e questo non può che fargli piacere. <<Allora, quando iniziamo le lezioni?>> gli dice.

Claudio lo guarda in maniera perplessa, non capendo cosa Mario voglia dire.

<<I cavalli...tuo padre mi ha detto che vuoi imparare!>>

<<Ah... mio padre! Lui vorrebbe che io facessi troppe cose. A me i cavalli non piacciono, Mario. Anzi ho letteralmente paura di loro. Da piccolo ho avuto un brutto incidente e da allora non sono più salito su un cavallo. Questo, credo, mi rende meno virile ai suoi occhi... ecco perché insiste.>>

<<Ti chiedo scusa allora. Io non ne avevo idea. Tuo padre non mi piace, è presuntuoso e arrogante. Si crede superiore a tutti gli altri e non ha capito che non è migliore di nessuno, è stato solo più fortunato. E la fortuna è una gran puttana...>>

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