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Mancano circa due fermate all'arrivo. Oggi l'autobus sta andando veramente piano. Il centro sembra lontano migliaia di chilometri. Forse è solo l'agitazione di vedere di nuovo quel ragazzo, James, che mi sta facendo sembrare interminabile questo viaggio.
Finalmente sono arrivata.
Sono davvero in ansia. Credo che se smettessi di camminare finirei per accasciarmi per terra a causa del tremolio frenetico delle mie gambe.
Mia madre non mi avrebbe potuto mandare direttamente a Los Angeles per prendere le tende? Per me sarebbe stato molto più facile.
E invece no. Devo andare proprio in quel negozio.
Mentre questi pensieri continuano a girovagarmi per la testa, mi ritrovo tutto a un tratto davanti al negozio. Il negozio tanto temuto.
Mi do un'ultima occhiata alla vetrina per vedere se sono abbastanza decente. Prendo un bel respiro profondo e mi faccio forza. 'Non devi essere goffa. Non devi essere maldestra' mi ripeto per cercare di entrare con la massima sicurezza in tasca.
Entro. Non appena varco la soglia mi dirigo verso la cassa dove vi è un signore dall'aria molto indaffarata. Ha le sopracciglia aggrottate e continua a ripetere cose a bassa voce tra sé. Penso stia facendo dei conti.
Non vorrei disturbarlo ma, non so a chi altro chiedere. "Mi scusi, posso chiedere a lei?"
"Un secondo solo" mi ferma con un mano.
Posa l'ultima moneta all'interno della cassa. "Mi scusi se l'ho fatta aspettare, mi dica" mi domanda gentilmente.
Gli sorrido. "Sono Emma Spencer, mia madre ha comprato qui, la settimana scorsa, degli addobbi da consegnare venerdì sera".
"Lasci che controlli" passa il dito su una lista sulla quale vi sono segnati tutti i nomi, cognomi e indirizzo delle prossime consegne. "Ah! Spencer! Eccoti qui. Dimmi cara, cosa ti serve?"
È veramente gentile questo signore.
"Vorrei sapere se avete delle tende grandi, molto grandi, con gli strass, paillettes oppure semplici brillantini"
Mi guarda subito con uno sguardo di intesa.
Lascia immediatamente la cassa per andare a prendere qualcosa nello sgabuzzino.
Tutto a un tratto si sentono rumori buffi e il respiro affannato del signore. È divertente sentirlo così preso nella sua ricerca.
Non appena torna, sbatte sul bancone uno scatolone impolverato e chiuso con lo scotch. Prende il taglierino, e inizia ad aprire la scatola misteriosa.
Non appena lo apre si vede questa stoffa nera e piena di brillantini...  assomiglia un po' al cielo di notte in estate. "È perfetta" dico mentre la guardo esterrefatta. Già la immagino all'entrata della sala, lascerà tutti di stucco.
"Desidera altro?" Mi chiede gentilmente. Lo guardo e insicura della mia risposta dico che do un'occhiata per vedere se trovo qualcosa che potrebbe piacermi.
Vado avanti e dietro ripetendo il giro degli stessi scaffali per circa due, tre volte fino a quando decido di ritornare alla cassa per pagare.
Non appena torno, vedo un ragazzo alto, con le spalle molto possenti, girato di spalle. Tossisco gentilmente per cercare di attirare la sua attenzione, mentre era preso nel mettere in ordine le candeline che gli erano state portate dal corriere, del quale ne avevo sentito la presenza mentre ero presa nel mio giro all'interno del negozio. Quando si gira sento un colpo al cuore. Il sangue nelle vene cessa di scorrere. Il respiro è affannato. E' proprio lui.
"James!" dico scioccamente.
"Wow! Quanta confidenza! Adesso mi chiami anche per nome? E ancora non mi hai gridato contro? Principessa fai progressi!" mi dice sarcasticamente. Ma perché deve mettermi in imbarazzo in questa maniera? Possibile che non abbia ancora mandato giù il fatto che l'altro giorno gli sia scattata in questo modo? Non pensavo se la legasse al dito in questa maniera.
Mi guarda perplesso e poi mi dice "Ehi, guarda che stavo scherzando. Se ci sei rimasta male ti chiedo scusa, pensavo di strapparti un sorriso." Glielo dico io o ci arriva da solo che facendo così mi fa solo venire i nervi?
"No tranquillo, non importa. Dovrei pagare questo." Taglio corto. Mi sento troppo in imbarazzo per poter sostenere una conversazione tranquilla con lui. Mi rende tanto agitata e smonta completamente la persona equilibrata che sono. Anche se devo ammettere che la cosa non mi dà poi così tanto fastidio. Certo se però oltre che balbettare o urlargli contro, riuscissi anche a dialogarci tranquillamente sarebbe magnifico.
Lui abbassa lo sguardo dispiaciuto per come ho interrotto la nostra conversazione. "Basta così?" mi dice dopo aver battuto il cartellino della tenda. Annuisco e accenno un mezzo sorriso che gli possa far capire che sono sul punto di andarmene. Imbusta quel che ho appena comprato e me lo passa.
proprio nel momento in cui sto per afferrare la busta, le nostre dita si sfiorano. Involontariamente alzo lo sguardo, sento come una scossa. E' appena arrivata al cuore. Lui mi guarda dritto negli occhi. Sono sicura che anche lui sta sentendo le stesse cose, glielo leggo scritto sul volto. Sembra sorpreso.
Tutto ad un tratto ad interrompere quella splendida atmosfera che si era creata e che sembrasse interminabile, ritorna il signore che mi ha servito precedentemente. "Tutto bene?" domanda incuriosito e con una risatina sotto i baffi che non me la racconta per niente giusta. Scrollo la testa per tornare sul pianeta Terra. "Si, si. E' tutto ok, stavo giusto per andarmene". Afferro la busta ed esco frettolosamente dal negozio.
Sento un formicolio sfrenato proprio dietro la schiena. I brividi stanno prendendo parte in tutto il mio corpo. In quell'attimo, breve ma speciale, ho sentito un qualcosa che, non so... forse mi ha permesso di sentire finalmente un qualche sentimento profondo. Uno di quelli che non sentivo da tanto tempo.

Ebbene si. Non sono sempre stata così fredda. Al contrario, quando ero più piccolina ero sempre stata sentimentale. Sempre razionale, ma credevo molto nei sentimenti, nelle sensazioni e anche nelle emozioni.
Poi un giorno arrivò lei, la paura accompagnata a braccetto da lui, il cancro. Questo schifo di malattia stava per portarsi via il mio amatissimo papà. Ero piccola quando glielo diagnosticarono, ma ricordo ancora quando mia madre mi pronunciò queste parole: "Tesoro mio, bisogna essere forti. Per lui e per noi." In quel momento capii di non potermi permettere di essere debole, di mollare, e di lasciare che mio padre si lasci distruggere da quello che avrebbe cercato di portarlo via da me.
Jenny era ancora più piccola, non capiva bene quello che stava accadendo, perciò ero io la sua principale forza. La sua perla. Io ero quelle parole di cui lui si nutriva per poter andare avanti, oltre ai sorrisi, agli abbracci e agli sguardi di intesa che con mia madre si scambiava.
Ricordo ancora quando durante le terapie gli tenevo la mano e gli sussurravo all'orecchio che doveva essere coraggioso. Gli spuntava sempre un sorriso maestoso che mi faceva capire che non avrebbe mai mollato.
Il momento più bello fu quando mi arrivò la notizia della sua guarigione. Quello fu uno dei momenti più emozionanti della mia vita.
Mio padre, il mio grande eroe, aveva sconfitto uno dei più grandi mostri.

Appena arrivata a casa corro in camera di mia madre per avvertirla di essere ritornata e che le compere sono andate a buon fine. Busso e sento che è al telefono... "ok Rick, sta' tranquillo, se non te la senti e sei stanco non è un problema, glielo dico io alle ragazze" e sento che attacca.
"Mamma, era papà al telefono?" domando con tono autorevole.
"Cosa? No! Erano solo i soliti venditori al telefono." mi guarda cercando di farmela bere "Hai trovato la tenda?" mi chiede per cambiare argomento. Decido di non insistere e mi lego al suo discorso "Si mamma, è qui in questo scatolone". Mia madre si alza dal letto per poter analizzare per bene quello che le ho portato. "Ottimo lavoro soldato" mi dice carezzandomi la guancia.
Adoro quando fa così, ma è evidente che sta nascondendo qualcosa. Ma ancora non so cosa.
Lo scoprirò.

You're my perfect melodyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora