Jeff si sbarazzò del piatto usa e getta e iniziò ad esplorare la festa. Ad onor del vero si aspettava qualcosa di più selvaggio, ma sembrava una normale festa tra ragazzi con un po' di alcool in più e una grossa piscina ad attirare l'attenzione.
Era arrivato il momento di trovare il suo obbiettivo. Aveva tergiversato già troppo ma, doveva dargliene atto allo zotico, il buffet era stato ottimo e aveva dovuto necessariamente assaggiare ogni cosa.
Iniziò a vagare in giro, senza troppa fretta, per capire dove fosse Drake, ascoltando frammenti di conversazioni qua e là e tenendosi alla larga da Mike che era ancora nelle grinfie di Jonathan; l'aspirante giudice stava facendo un buon lavoro con il suo amico.
La ricerca risultò però infruttuosa.
Dov'era il padrone di casa? Era casa sua, da qualche parte doveva pur essere.
Decise così di allontanarsi dalla calca di gente e dalla musica per infilarsi in casa.
Nessuno gli aveva detto che non poteva, certo nemmeno gli avevano detto che poteva. Ma questi erano dettagli e, alla fine, l'importante era non farsi beccare.
Socchiuse la porta, per fortuna aperta, che si affacciava sulla piscina e sgattaiolò nella stanza buia.
Gli unici rumori che si udivano era il rap attutito che fuoriusciva dalle casse e il ticchettio di un orologio. La stanza era deserta.
Dopo aver impiegato qualche secondo ad abituarsi all'oscurità decise di recarsi al piano superiore e, reggendosi al corrimano delle scale in fondo alla stanza, cercò di fare meno rumore possibile camminando in punta di piedi. Era strano che Drake non fosse in giro. La festa era la sua e la casa pure, ma di lui non c'era traccia.
Deciso ad arrivare a capo di quel mistero e a portare a termine la sua missione, scacciò via le deboli remore che facevano timidamente capolino in un angolo della sua mente e poggiò il piede sul parquet del piano superiore.
Nell'aria c'era un buon odore di legno e sandalo. Nella penombra riusciva a scorgere un corridoio di fronte a sé, tutte le porte erano chiuse e alle pareti erano appesi quadri dall'aria costosa.
Avanzò lentamente sul lungo tappeto indiano e appiccicò l'orecchio ad ogni porta nella speranza di udire qualcosa.
Arrivato alla terza stanza sulla sinistra fu fortunato. Sentì dei gemiti sommessi provenire dall'interno e dal tono profondò indovinò fosse Drake a fare quei rumori.
Schioccò la lingua e un'espressione disgustata gli comparve sul viso. Quel bastardo si stava scopando una delle sciacquette che gli ronzavano sempre intorno. Fece per voltarsi e tornare alla festa ma una vocina maligna dentro di lui lo bloccò sul posto. Si girò nuovamente verso la porta e appoggiò le mani sul pannello.
I polpastrelli tamburellavano senza far rumore sul legno spesso e lui guardava con occhi vuoti la venatura di castagno più chiara all'altezza dei suoi occhi. Dentro di lui si stava consumando una battaglia feroce.
La parte malata di Jeff diceva di socchiudere la porta e sbirciare, quella sana urlava di non fare il coglione e di portare le chiappe dabbasso. Era curioso. Quella piccola porzioncina instabile dentro di lui ogni tanto si faceva sentire e gli faceva fare qualche cazzata.
Come quando si era lanciato nella camera da letto del suo vicino armato di telecamera.
Non è che volesse vedere Drake che si faceva una tizia a caso, ero solo curioso, punto.
Quei quattro neuroni che si facevano di funghetti allucinogeni continuavano a insistere sulla genialata di quell'idea. Si morse un labbro indeciso. Sarebbe stata solo una sbirciatina, una cosa veloce. Nessuno si sarebbe accorto di niente, non aveva nemmeno bisogno di inventarsi una scusa. Se Mike avesse solo immaginato quello che gli passava per la testa se lo sarebbe caricato in spalla e lo avrebbe consegnato direttamente nelle mani del direttore di un centro mentale per disturbi gravi.
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The Golden Boy
RomanceJeffrey si è appena trasferito in una nuova città per frequentare l'università che ha sempre desiderato. Le cose sembrano andare bene e la sua vita da fuori sede scorre piacevolmente. Ad intralciare il suo pacifico cammino arriva però Drake Miller...