4. Amicizie tattiche

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Dopo il singolare incontro avuto in mensa con Jeff, Drake Miller si ritrovò ad attraversare il parcheggio insieme al suo amico Jonathan diretto verso la sua Mercedes GLS, un enorme SUV di colore Blue Canvansite.

Si rigirava le chiavi dell'auto tra le mani, stizzito e irritato. Non gli era piaciuto come erano andate le cose a pranzo e non solo perché quella matricola del primo anno lo aveva praticamente chiamato idiota. Perché cazzo si era comportato da coglione con quel ragazzino?

Jonathan, nemmeno gli avesse letto nel pensiero, interruppe le sue elucubrazioni mentali per chiedergli: «che diamine ti è preso oggi a mensa?»

«Che vuoi dire?» Meglio fare il finto tonto, si disse Drake aggrottando la fronte infastidito. Negare era sempre la soluzione migliore e poi già quella situazione gli stava letteralmente sugli zebedei, avere Jona a mettergli ulteriore pressione addosso non era il caso.

«Che voglio dire?» gli chiese il suo amico squadrandolo ambiguo. «Ultimamente ti comporti in modo strano. Di solito non fai che lamentarti di tutte quelle oche che ti ronzano intorno ma sono settimane ormai che sembri esserti trasformato in Mr. Simpatia.»

Drake fece una smorfia a quelle parole e rispose risentito: «io sono un tipo simpatico».

«Sì certo» fu la risposta condiscendente dell'altro. «Quanto una sedia imbottita di cactus.»

Trattenne un profondo respiro ed evitò di allungargli un cazzotto nello stomaco. «A volte mi domando com'è che siamo ancora amici io e te.»

«Non lo siamo», ci tenne a precisare Jonathan, «io ti sfrutto per i passaggi in auto, tu per passare gli esami.»

In verità, lui e Jonathan si conoscevano dalle medie. Drake aveva passato più tempo in sua compagnia che con chiunque altro. I suoi genitori, entrambi avvocati di successo, erano sempre impegnati in qualche causa importante e raramente erano a casa. Jona e la sua famiglia erano diventati praticamente la sua seconda casa. Aveva perso il conto dei pomeriggi passati ad ingozzarsi di patatine e altre schifezze mentre giocano insieme con l'x-box sul tappeto di casa sua.

A dispetto di molti altri, Drake sapeva con certezza che Jonathan non si era avvicinato a lui per il suo status sociale o per il suo conto in banca, come sapeva di poter sempre fare affidamento su di lui in caso di bisogno.

Il fatto che lo aiutasse con lo studio era vero, Drake non era un tipo molto costante e perdeva interesse molto facilmente. Jonathan era quello che di solito lo riportava con la testa sui libri, volente o nolente, mentre lui dava una svegliata alla vita troppo perfettina del suo amico.

A guardarli insieme non erano poi così ben accoppiati. Jona vestiva sempre in modo impeccabile, odiava il disordine e gli imprevisti. Drake al contrario viveva nel caos, amava improvvisare ed era tremendamente irrequieto. Averci a che fare non era facile, troppo volitivo e imprevedibile. Eppure Jonathan se la cavava benissimo.

A loro due, durante gli anni universitari, si erano uniti Jack e Mark, uno parlava troppo, l'altro per nulla. In fin dei conti si compensavano a vicenda e cosa non meno importante Mark era l'unico in grado di far tacere Jack. Quel piccoletto poteva essere un vero stronzo, senza contare che le sue abilità con le arti marziali erano davvero ottime. Era un vero spasso vederli discutere mentre se le davano di santa ragione, perché guarda caso, anche Jack praticava il karate, anche se non era ai livelli di Mark.

Per quanto riguardava Jonathan, lui era un tipo da calcio. Drake invece si divideva tra qualche partita di rugby e qualche allenamento di boxe.

«Giusto, già che ci siamo prestami gli appunti di diritto privato» gli disse ricordandosi della data imminente dell'esame.

«Okay, okay, dato che oggi sono magnanimo e bendisposto vengo a studiare da te.»

Drake si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato. «Ti ho solo chiesto gli appunti, non di parcheggiare il tuo grosso culo nel salotto di casa mia.»

«Shhh, oggi è martedì e la tua governate fa sempre una torta buonissima il martedì. E poi ti ho già detto di smetterla, insultare il mio sedere non aiuterà a migliorare la reputazione del tuo – inesistente – culo.»

Drake alzò gli occhi al cielo. Il suo culo non era inesistente, era normale.

Prese il telecomando dell'auto per sbloccare le portiere quando con la coda dell'occhio vide un ragazzo dai capelli biondi affrettarsi lungo il viale dell'università. L'impertinente matricola del primo anno che profumava di vaniglia. Seriamente, vaniglia. Drake quell'odore gliel'aveva sentito addosso quando gli si era avvicinato con quel suo sorriso innocente. Come faceva un ragazzo ad avere quell'odore? Le femmine profumano di dolci, non i maschi.

«Jonathan» chiamò l'amico che già si era infilato in auto pregustano la torta che avrebbe messo sotto i denti da lì a poco. «Invita anche quel tuo amico Mike e il suo gruppetto al party in piscina.»

«Perché dovrei invitarli io se la festa è a casa tua?» gli chiese l'amico perplesso quando anche lui fu entrato in auto.

«Perché sei tu il vicino di casa, non io.»

«Ex-vicino» precisò Jonathan, «e comunque vuoi davvero avere delle matricole alla festa? Saremo praticamente solo quelli dell'ultimo anno.»

«Sì, sarà divertente» gli rispose con lo sguardo ancora incollato alla zazzera bionda che si allontana in fretta.

«Come ti pare.»


Per chi ha una conoscenza delle auto praticamente inesistente come la mia, ecco qui l'auto di Drake:

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