3. Ci sono io con te

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Le ore  che seguirono trascorsero lunghe, monotone, identiche le une dalle altre. Quell'ozio forzato era davvero insopportabile e l'essere occupata a fare NIENTE mi portava automaticamente a pensare TROPPO. Ricordavo con nostalgia i bei tempi nel distretto di Shiganshina con mia sorella, mia mamma, mio padre, i miei amici...Il fiume di ricordi era troppo doloroso. Erano delle immagini che si formavano nella mia mente da sole, pensieri venuti da chissà dove ma che sapevo fossero destinati a finire lì, perchè erano solo ricordi di Vita che quei dannati giganti avevano portato via. Successe tutto troppo all'improvviso e in quegli istanti capii che il destino non ti dà preavviso quando deve succedere qualcosa, che non sempre sei tu a decidere lo svolgersi delle situazioni e devi cercare di essere quanto più forte possibile, senza dare nulla per scontato, perchè nelle situazioni più gravi, anche la più piccola mano, diventa una vera e propria ancora.

L'orologio scoccò le 14:00, Eren e Mikasa si allontanarono, ed io ero rimasta con nipote e nonno.

- Perchè ti stai alzando? - Chiese Armin all'anziano signore.
- Devo...Fare una cosa. -
- Cosa?-
- Nulla di importante, tu...resta qui.-
- Dove sono la mamma ed il papà? Eppure ci siamo dati appuntamento qui già ore fa... -
- Torneremo presto tutti assieme, te lo prometto...-
- Nonno, io vengo con te! -
- Fai come vuoi...-
Si incamminarono ed io li seguii.

*******

> Che ci fa qui tutta questa gente?

Erano aumentati di numero, ammassati come maiali nei porcili. C'era anche l'esercito.

- Armin devi andartene di qui! -
-No, mamma! Vi ho già persi una volta, non voglio perdervi di nuovo! -
- Ce la caveremo, vedrai...-
- Ma, papà! Come puoi non capire che questa è solo una missione suicida!? Nonno! Tu... non dici nulla?-
Ascoltai il dialogo in disparte e riuscii dunque a comprendere la situazione: per evitare il sovrappopolamento, lo Stato aveva mandato in "missione di soccorso" centinaia di persone con la scusa della mancanza di personale, compresa la famiglia di Armin. Tutto ciò mi fece rabbrividire, come si poteva essere così meschini?
- Vi prego! VI PREGO! -
Armin cominciò a strillare, il suo viso si i riempì di smorfie, dove ogni ruga d'espressione era il corrispettivo esterno delle ferite del cuore.
- NON MI LASCIATE! NON ANDATE! -
Sul volto della madre, un' espressione straziata dal pianto del figlio. Erano due bellissime gocce d'acqua anche nel dolore. La donna fece per avvicinarsi a lui e...

- Ragazzino, fuori dai piedi! Voi! Dal capitano Shadis, subito! -
-No, aspetti, la prego! Mi faccia almeno salutare mio figlio, la prego! -
- MAMMA! PAPÀ! NONNO! RESTATE CON ME! -

Ma era troppo tardi. Armin era stato portato via con la forza da quel soldato della Guarnigione, senza dare neanche la possibilità alla famiglia di abbracciarsi un'ultima volta.
Quella guardia passò davanti a me, con Armin imprecante su una spalla, come fosse un sacco di patate.
- E tu che ci fai qui, ragazzina? -
Balzai in piedi davanti a lui ed iniziai a tempestarlo di pugni e calci e avrei voluto gridare tutto il mio disprezzo. Colavo dal naso e dagli occhi.

> Siete delle bestie schifose!

Il soldato sbuffò e mi prese sull'altra spalla, poi, gettò sul terreno me ed Armin qualche metro più avanti, con violenza. Andò via su una vettura, mentre alle nostre spalle vennero aperte e chiuse subito dopo le porte di Trost, con ben tre navi cariche di civili e soldati mandati a morire. Armin balzò in piedi.

- NOOO! -

Correva con una mano avanti con gli occhi rossi e gonfi, mentre urla agghiaccianti e disperate uscivano dalla bocca di quel corpo così fragile che inciampò e cadde. Gli finì la terra sulle mani, sulla faccia, sulla camicia, dappertutto, il corpo scosso da violenti singhiozzi, il volto pallido come un fantasma, lo sguardo perso nel vuoto. Il suo grido disperato risuonò lungo tutto il porto. Non avevo alcun potere per placare il suo dolore, che era diventato anche il mio.

- Non è giusto! Non è giusto! -

Consapevole del fatto che nulla sarebbe servito, lo abbracciai portandolo sul mio petto.
Dopo qualche ora smise di piangere, stremato. Era il tramonto. Attorno a noi, qualche ragazzo della nostra età o persona anziana.

- Sono solo al mondo. Mi hanno portato via tutto...-

Fu l'unica cosa che disse prima di cadere in un profondissimo sonno.
Dovevo fare qualcosa, ero pronta ad aiutarlo...Non potevo dirglielo, ma potevo dimostrarglielo. Mi slacciai la mantella e gliela sistemai addosso, poi posizionai la sua testa sulle mie gambe. Man mano che il sole calava, lo spiazzale si svuotò e nessuna guardia venne a soccorrerci.

> Prima ci portano qui in salvo, poi ci rispediscono indietro. Tutto questo non ha senso...Oh, Armin, quanto hai dovuto sofferire, anche tu? Ma non ti preoccupare, ci sono io qui con te...Non so se ti basterà, ma io ce la metterò tutta...

Erano forse inutili quei pensieri, dato che non li avrebbe mai sentiti.
Mi addormentai poco dopo, gelida, ma tranquilla. Armin era con me.

Armin, All in! - Scommetto tutto su di te_Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora