La camera è deserta al mio risveglio. Ma da fuori sento provenire degli strani rumori metallici.
Mi affaccio alla finestra e lo vedo intento a sistemare la sua auto, assieme a Trickster. Sono entrambi in tenuta da lavoro, più o meno, con dei logori pantaloni della tuta e a torso nudo.
Cobra si infila sotto la macchina, mentre l'altro traffica dentro il cofano. Decido di smettere di spiarli e preparare il caffè, magari portandone anche a loro, soprattutto come ringraziamento a Cobra per essermi stato vicino.
Metto il filtro, riempio la caraffa e verso la polvere. Nel frattempo mi vado a vestire. Ovviamente non ho abiti casual, visto che la valigia me l'ha preparata mia madre.
Ma la fortuna mi assiste, facendomi ricordare di avere gli stessi abiti con cui mi sono sentita male.
I jeans e la camicetta smanicata, con dei tronchetti neri. Tiro un sospiro e torno a controllare la caffettiera.
Prendo tre tazze, metto lo zucchero e verso la bevanda calda.
Mi affaccio alla porta, quasi timorosa, vedendoli indaffarati.
"Vi ho fatto il caffè." Mi faccio sentire, si voltano.
"Ciao, grazie." A lunghe falcate l'amico mi raggiunge e prende una tazza, svuotandola in poche sorsate.
"Buono." Si complimenta, me la restituisce e se ne torna nel mondo meccanico.
"Stai meglio?" Cobra si interessa.
"Sì. A proposito, grazie." Gli porgo la tazza, la prende e beve, senza mai staccare gli occhi dai miei.
"Finisco di sistemarla e ti porto a fare spese.
Attiri troppo l'attenzione, vestita così." Non ha tutti i torti, per cui sorrido e sparisco all'interno della casa, per non dare fastidio ai provetti meccanici.
Cerco la borsa e controllo di avere i contanti. Ne ho, quindi non devo prelevare.
Rientrano mentre sto dando da mangiare al gatto, che mi ha artigliata per le caviglie.
"Tieni, rompiscatole."
Inutile dire che aggredisce la ciotola, come sempre.
"Una doccia e andiamo."
Carezza il micio e scompare, lasciandomi con il suo amico, nel totale imbarazzo.
"Comunque, io mi chiamo Patrick." Afferma, poggiato al bancone da lavoro.
"Okay. Grazie di avermelo detto, chiamarti Trickster mi veniva difficile." Fa solo un cenno e il silenzio piomba di nuovo nella stanza.
Controllo il cellulare, giusto per avere qualcosa da fare, quando inizia a vibrarmi in mano. È mia madre.
"Ciao, che succede?" Esco fuori per non far sentire le loro voci, nel caso rientrasse Dimitri e si mettessero a parlare.
"Dove sei?" Indaga.
"Alla casa sul lago di Naomi, perché?" Mi tremano le gambe dal terrore che sappia.
"Ottimo. Resta chiusa dentro e cerca di non incontrare nessuno. Non vogliamo problemi, capito?" Come sospettavo, chiama per assicurarsi che non crei confusione alla sua perfetta vita.
"Ti posso chiedere una cosa?" Non l'ho mai fatto prima, ma le parole della mia amica mi risuonano in testa come una litania.
"Cosa vuoi?" Ribatte.
"Sapere perché mi hai tenuta, se mi odi così tanto." Ecco, l'ho detto.
Il silenzio si prolunga e poi il segnale della linea interrotta mi dà la risposta che volevo.
Rimetto il telefono in borsa e rientro, cercando le sigarette di Cobra. Sono ancora dove le abbiamo lasciate, a terra. Prendo il pacchetto e faccio per tornare fuori.
La porta si apre e appare con solo un asciugamano legato sui fianchi.
Resto immobile, schiava delle sensazioni che mi provoca: calore, eccitazione e qualcos'altro che non riesco a definire bene.
"Scusa, esco subito." Abbasso la testa e fuggo via.
Mi scapicollo fuori, accendo la sigaretta ed aspiro una generosa boccata. Sono tutta scombussolata, anche se l'ho visto più di nudo di così. Ma ogni volta è un colpo al cuore.
Non solo per la perfezione del suo corpo, ma per quello che mi succede quando mi gravita intorno. Ed è il motivo per cui mi sono accanita contro di lui, perché mi fa paura.
Non credo sia un violento, quindi non mi spaventa da quel punto di vista, mi terrorizza perché è esattamente la persona per cui potrei perdere la testa.
"Se sei pronta andiamo" mi spunta alle spalle.
"Certo, aspettavo te." Spengo la cicca e la butto nel cestino che funge da pattumiera, accanto alla porta.
Si è messo comodo, dei jeans corti al ginocchio e una canotta bianca che aderisce al busto come una seconda pelle.
Saliamo in auto, solo noi perché Patrick se ne è andato, dirigendoci verso la zona sud.
"C'è un negozio che vende ogni tipo di cose. Ci sono anche un sacco di vestiti, magari trovi qualcosa, anche se non di famosi stilisti."
"Grazie, non fa niente, alla fine non mi importa poi molto. Sono i miei che ci tengono a farmi essere sempre all'ultima moda." Spiego.
"Lo avevo intuito. Accendine una per me."
Capisco al volo ed eseguo. Gliela passo, lui sfiora la mia mano col pollice.
Mi volto di scatto, guardando il panorama, anche se ci sono solo case e roulotte.
"Hai preso le pasticche?" Si interessa.
"Sì, certo. Appena sveglia, non ti devi preoccupare. Devo guarire alla svelta." Lui fraintende.
"Ti capisco, vuoi scappare via da questo posto di merda il più velocemente possibile." Stringe il volante e gli occhi, come se soffrisse o fosse nervoso.
"Non è per quello, ma prima o poi dovrò tornare alla mia vita. Non ho voglia di affrontare delle lunghe questioni con i miei.
Oltretutto devo partire con le ragazze la prossima settimana. Non posso di certo salpare e farmi vedere in giro ridotta così."
Spero di aver chiarito.
"Salpare? Te ne vai?" Il suo tono è teso.
"Andiamo a Cabo, con lo yacht di mio padre. Vuoi unirti a noi?"
E questa da dove mi viene?
Accosta e spegne il motore.
"Sei seria? Come spiegheresti la mia presenza sulla barca?"
Prendo un momento, poi dico: "Senti, mi sono uscite così. Volevo che non ti sentissi escluso, ma non hai torto, non saprei come giustificare..."
"La presenza di un povero relitto nella tua vita. Senti, chiariamo il punto: non devi avere pietà di me e cercare di ripulirti la coscienza, sparando cazzate a caso.
Io sto bene, anche se non cago mazzette da cento dollari. Non voglio la commiserazione di nessuno, soprattutto la tua.
Non devi sentirti in debito per stanotte o perché ti ospito, non l'ho fatto per bontà d'animo, ma per portarti a letto di nuovo."
Le sue parole sono come pugnalate al petto, ma col cavolo che glielo do a vedere.
"Hai ragione. Non avrei mai dovuto accettare.
Torniamo indietro, prendo la mia roba e me ne vado, non ti voglio disturbare ancora con i miei gesti altruisti che vengono fraintesi."
Mi giro verso il finestrino, lui fa inversione e torna indietro.
Quasi non aspetto che fermi la macchina, una volta arrivati a casa sua.
Scendo al volo e rovisto nella borsa. Afferro il telefono e compongo il numero di Naomi.
"Come avevamo detto, ti avrei chiamata in caso di necessità. Mi vieni a prendere?" Le dico non appena risponde.
"Dammi mezz'ora. Stai bene?" So che non può parlare, per cui mi limito a un sì.
Nel frattempo ha aperto la porta ed è entrato.
Riaggancio, entro e mi dirigo in camera.
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RomanceWattys2018. Pubblicato il 18 marzo 2018. Perché nel nostro mondo, le differenze sociali contano. Eccome... Aveva tutto quello che di meglio la vita le potesse offrire: era bella, ricca, viziata. Nata dalla parte giusta della linea di demarcazione. M...