23- La fine

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Grazie ad un rapido passaparola, sia le guardie che le hostess presenti sul volo verso Anchorage non dissero nulla riguardo la mancata presenza dei documenti. Ciò sembrò molto strano al gruppo, che però decise di pensare positivo.

Tutto tranquillo, tutto nella norma.

Il volo era quasi pieno, infatti ognuno dei "fuggiaschi" era seduto in posti disparati sull'aereo.

Passò così la prima ora di volo. Chi in preda allo sconforto, chi in preda all'ansia,chi semplicemente distrutto psicologicamente dallo stress, ma tutti con i nervi saldi, pronti ad affrontare gli ostacoli che si sarebbero posti dinanzi.

La forza che provavano era data dall'adrenalina. Tutti loro stavano vivendo esperienze assurde, al limite dell'immaginabile.

La loro forza fu spenta però, in un attimo.

-Lunga vita a Schuyler! Lunga vita a Schuyler!- urlò il pilota al microfono.

Jean collegò subito il tutto. Passare i controlli così facilmente senza documenti non poteva essere fattibile: erano stati, in ogni momento, circondati dai seguaci di Schuyler.

Subito dopo aver urlato quelle frasi, il pilota iniziò a far salire di quota molto rapidamente il velivolo. La pressione fece attaccare ai sedili tutti quanti. Dopo circa un minuto di salita, l'aereo si raddrizzò. Per un attimo, gli sguardi di Sara e di Jean si incrociarono. Entrambi avevano la morte negli occhi. Come sarebbe andata a finire era chiaro a tutti. Jean aprì la bocca per dire qualcosa a Sara, forse qualcosa che aveva sempre voluto dirle, forse voleva solo sapere se stesse bene. Quelle parole però, non furono mai pronunciate.

La stabilità dell'aereo, infatti, durò poco, poiché in men che non si dica iniziò la discesa, ripida tanto quanto la salita.

A causa della crescente pressione, Jean dovette mettersi composto sul sedile, onde evitare ulteriori ripercussioni fisiche. Ciò però, portò all'inevitabile separazione della breve connessione creatasi tra Sara e Jean.

L'aereo perdeva quota e dal finestrino si poteva vedere il terreno avvicinarsi sempre di più.

Urla strazianti di gente terrorizzata, pianti di bambini, rumori assordanti provocati dall'aereo, batticuore, lo schianto.

L'aereo impattò in un campo, chissà dove, forse già in Canada, forse ancora negli Stati Uniti, ma poco importa. Nessuno uscì vivo da quella esplosione, nemmeno un superstite.

Cessò così di esistere la Jajihu Squad.

Come le cose sono andate dopo lo schianto è già noto. -"Un tragico incidente"-, -"Piangiamo le perdite di uno spiacevole errore tecnico: aereo difettoso perde quota e si schianta"-.
L'influenza di Schuyler e di Hamilton avevano portato all'insabbiamento della faccenda, dicendo alle famiglie i quali figli erano defunti nell' "incidente" che, date le loro qualità di studenti eccellenti, avevano meritato un viaggio per New York di qualche giorno.

Dei genitori piangeranno i loro figli senza sapere cosa fosse veramente successo, senza sapere che, nel loro piccolo, avevano la stoffa degli eroi.
Nel loro piccolo, non sarebbero dovuti essere premiati per il grado di cultura o le abilità, ma per il modo in cui riuscivano ad affrontare la vita, restando uniti, cercando di agire intelligentemente.

Nonostante le loro qualità però, la Morte li ha colpiti mentre erano di spalle. Nemmeno li ha lasciati per terra morenti, ha tolto loro la vita in un attimo, senza nemmeno che potessero ragionare e pensare ad un piano per salvarsi.

Perché la Morte stessa sapeva, che lasciando del tempo alla Jajihu Squad probabilmente l'avrebbero scampata.

La guerra tra i due fratelli continuò. Nessuno sa per quanto tempo è durata, nemmeno chi avesse vinto e chi avesse perso.

L'augurio migliore che si possa fare a qualcuno, è quello di non scoprirlo mai. Nel momento in cui si entra nel mondo di Hamilton Ontario e Schuyler Manitoba nessuno ne esce vivo e, chi lo fa, ha le mani insanguinate di un assassino.

FINE

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