5. Rabbia

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"Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato."
-Haruki Murakami

-Niente! Niente di niente! Ahh...- gridò Rose esasperata, lanciando le mappe all'aria e schiantando la lavagna al muro. Avevano passato più di due settimane a cercare. Notizie, libri, maledizioni, avevano guardato in ogni angolo della biblioteca, letto anche il più breve dei fascicoli, rovistato tra tutti gli articoli della Skeeter, ma senza alcun esito. Rose stava portando all'esasperazione tutti. Era più nervosa, irascibile.
-Rose, cerchiamo da settimane. Calma, prima o poi capiremo. Magari avevo ragione io. È stato un incidente!- disse Albus, scandendo bene le parole, per cercare di placare l'ira della cugina.
-NON È STATO UN INCIDENTE, ALBUS!- rispose furente Rose, -Ci sarà pur qualcosa, da qualche parte qui dentro. I nostri genitori hanno sconfitto Voldemort, e noi non riusciamo a trovare neanche uno straccio di informazione!- continuò sbuffando, gettandosi fragorosamente su una poltroncina.
-Rose, forse dovresti riposarti un po'. Questa situazione ti rende nervosa e irascibile. Perché non fermiamo le nostre ricerche per qualche giorno?- disse pacata la bella Dominique, con un fil di voce.
Rose perse le staffe.
-Voi non capite. Pensate che sia solo una pazza, che questa impresa sia una follia. Ma mia madre è stata colpita da una maledizione, miseriaccia! Se sono così insopportabile, andate pure! Io continuerò da sola!- disse scattando in piedi, e uscendo di corsa dalla Stanza delle necessità.
Incontrò Lucy per i corridoi. Lei schivò il suo sguardo, accelerando il passo. Strano, pensò Rose, aveva detto di essere impegnata per l'incontro. Scacciò i suoi pensieri, e continuò decisa il suo percorso. Non doveva arrendersi, pensava. Dopotutto lei era Rosaline Minerva Granger-Weasley. Ce l'avrebbe fatta.
Ma la Rossa, in realtà, non sapeva cosa il futuro serbava per lei.
Aveva pensato di tutto in quei giorni. Chiunque avrebbe potuto aggredire sua madre. Un mago oscuro, un collega o un loro amico. Chiunque. Si maledì per aver pensato di nuovo a quella faccenda. Doveva ragionare, pensava. Stava camminando per i corridoi, quando incontrò Christopher Nott. Era alto, magro, dai capelli bruni e dagli occhi verdi. Era il figlio di Pansy Parkinson e Theodore Nott. Qualche mese prima da quell'incontro, il Corvonero aveva cercato di avvicinarsi a Rose. Ma lei, non fidandosi di quel ragazzo, lo evitò. Riuscì ad allontanarlo per qualche settimana, fino a quando, prima di un allenamento di Quidditch, lo affrontò, cercando di capire cosa volesse da lei. Lui non rispose alle domande di Rose, ma le diede un libro, Guida alle insidie magiche, Vol. 1. Rose non capì, ma dimenticò ben presto quell'episodio. Sua madre e le interminabili ricerche avevano rimosso il ricordo di quell'incontro. Non lo aveva più rivisto da quel giorno.
-Ciao Rose- disse il ragazzo quasi con aria malinconica. Rose rispose con un cenno. Aveva uno strano comportamento, quel ragazzo. La ragazza proseguì fino ad arrivare al Cerchio di pietre. Nessuno conosceva questo suo posto segreto. In realtà, non era sconosciuto, ma rannicchiandosi dietro una delle pietre, Rose si sentiva isolata, protetta. Era un luogo di pace per lei. Piangeva, rideva, sognava. In quel momento aveva bisogno di riflettere. Troppe cose la stavano travolgendo, come una maledizione, colpendo ogni parte di lei. Era diversa, non era più la stessa, lo sapeva. Doveva riprendere in mano le redini del gioco, e ripartire, ricominciare. Sarebbe stato meglio per lei e per tutti gli altri. Rose prese un sasso da terra. Era piccolo, levigato dal tempo. Chissà quanti avvenimenti aveva vissuto, quel sassolino. Quanti alunni di Hogwarts aveva visto litigare parlare o scherzare. Lì, impassibile, ad aspettare, a vedere scorrere il tempo. Lo lanciò il più lontano possibile. Doveva smetterla di rimuginarsi su se stessa e i suoi problemi, pensò. Così prese il suo libro, la sua sacca, e andò al dormitorio. Non trovò nessuno, così inviò una lettera a suo padre, e a sua zia Ginny. Scrisse un metro di pergamena per la lezione di Storia della Magia, e mangiò qualche Caramella Mou. Nel frattempo arrivò Dominique, trafelata e, molto probabilmente, in ritardo.
-Cosa è successo, 'sta volta?- chiese Rose, quasi sbuffando. Dominique era perennemente in ritardo. Una volta, al terzo anno, arrivò in ritardo di due ore alle lezioni perché doveva sistemare la divisa. Un altro giorno ancora, era rimasta a pomiciare con un ragazzo del quarto anno, senza accorgersi del tempo, che passava molto velocemente. E così, per una lunga serie di avvenimenti e ritardi, tipici del carattere di Dominique.
-Josh Edward Simon Collins, si è "accidentalmente" scontrato con me e mi ha soccorso, accompagnata "preventivamente" in infermieria e portata fino alla Sala Comune, completando il lavoro con un bacetto sulla guancia- rispose Dominique, disgustata. Amava poco i ragazzi appiccicosi, che cercavano in tutti i modi di seguirla a ogni ora del giorno (-Ammaliati dalla mia bellezza!- diceva lei).
-Ah- commentò disinteressata Rose. Lei era piuttosto famosa a Hogwarts, ma poco le importava. Continuava a vivere tranquilla, con i suoi amici e soprattutto la sua famiglia.
-Ancora arrabbiata per oggi? Scusaci, 'Ose, ma questa situazione stava cominciando a degenerare- chiese Dominique, pensando di dover assistere ad un'altra crisi isterica di sua cugina. Invece Rose, più calma del solito, rispose cautamente.
-Ehm...no tranquilla. Sono stata insopportabile in questi giorni, avete ragione-. La solita Rose avrebbe risposto mandando tutto all'aria, gridando. Questa volta invece era strana, aveva la testa fra le nuvole.
-Tutto ok, Rose? Ti porto in infermieria?- chiese Dominique, stranita.
-No no, va tutto bene.- continuava a fissare un punto, con aria sognante. Somigliava molto a Luna Lovegood, in quel momento.
Dominique ignorò quel comportamento e uscì dal dormitorio. Conosceva bene Rose. Aveva solo bisogno di riflettere. Quel momento di confusione le sarebbe passato presto, pensò Dominique.

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