6. Di cuore e confusione

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"Ciò che il cuore conosce oggi, la testa comprenderà domani"
-Seneca

Rose sentì dei passi. Erano regolari, come un orologio. Si facevano sempre più vicini a lei, quando una voce squarciò il silenzio. Era la professoressa McGonagall.
-Ci sono novità sulla Signorina Weasley?- chiese, lasciando trapelare dalle sue parole un velo di preoccupazione. Ma perché la professoressa doveva essere preoccupata, pensò Rose. Di quali novità parlava? Cercò di ascoltare, per trovare risposte alle sue domande.
-Non si è ancora risvegliata, ma la pozione ha fatto il suo dovere. Fra qualche giorno dovrebbe rimettersi in sesto. Povera ragazza, povera- rispose Madame Pomfrey, quasi in un sussurro
-Bene. Parleremo dell'accaduto nel mio ufficio. Per favore, mi chiami al risveglio della ragazza, voglio parlarle- disse Minerva McGonagall, decisa.
-Certamente, professoressa-. I passi ricominciarono, sempre con la stessa cadenza regolare. Rose cercò di pensare. Se alla domanda della Professoressa aveva risposto Madame Pomfrey, doveva trovarsi in infermeria. Rose pensò attentamente agli ultimi ricordi, sebbene offuscati, che le venivano in mente. Si trovava nella torre di astronomia. Ma perché si trovava lì? Una fitta forte le trafisse la testa. Aprì gli occhi. Aveva ragione, si trovava in infermeria. Accanto a lei trovò Madame Pomfrey.
-Signorina Weasley, ben svegliata. Come si sente? Prova dolore? Dovrò avvertire la Professoressa. Eh si, la professoressa...la pro-fes-so-res-sa- disse, mentre continuava a rimuginare su se stessa, girovagando in vano per l'infermeria, come se stesse cercando qualcosa. Scarabocchiò poche righe su una pergamena, e la diede all'elfo domestico Bussy, che subito uscì dalla porta. Dopo la Seconda Guerra Magica, alcuni elfi avevano cominciato, seguendo l'esempio di Dobby, a cui era stata riconosciuta una piccola statua al Ministero, a combattere per la libertà degli elfi domestici. Bussy, era uno di questi. Aveva chiesto alla Professoressa McGonagall, uno stipendio, equivalente a un galeone al mese. Bussy era iscritto al C.R.E.P.A., ancora portato avanti da Hermione Granger, e ogni anno promuoveva iniziative come, "Il calzino della libertà". Per alcuni Bussy era fuori di testa, ma grazie alla sua costanza, riuscì a occupare il posto di aiutoinfermiera. Hermione era molto orgogliosa di lui.
-Sign...- provò a dire Rose, ma diversi colpi di tosse la fermarono.
-Signorina, stia a riposo. Le darò presto una pozione. Le passerà presto- rispose Madame Pomfrey. Ricominciarono i passi. Arrivò tempestiva la professoressa McGonagall, piuttosto trafelata.
-Mi duole disturbarla, professoressa, ma...- Madame Pomfrey non ebbe tempo di finire, perché venne interrotta da un distratto e veloce cenno di capo della professoressa, che nel frattempo sembrava essere più interessata a Rose.
-Signorina Weasley! Ci hai fatto preoccupare tutti quanti- esclamò la professoressa, esaminando attentamente la ragazza, che continuava ad essere confusa.
-Professoressa- sussurrò con difficoltà -perché sono qui?- chiese Rose, cercando una risposta.
-Che ci facevi fuori dal dormitorio, poco prima del coprifuoco, signorina?-
Rose rimase perplessa. Perché tutta questa agitazione? I suoi pensieri vennero interrotti da Madame Pomfrey che si stava avvicinando con un vassoio piuttosto grande pieno di cibo.
-Professoressa, la signorina deve riposare affinché la pozione faccia effetto-, disse poggiando il vassoio accanto alla ragazza.
-Ho bisogno di parlare con la signorina Weasley. Potrà riposare più tardi- rispose la McGonagall, ferma. Madame Pomfrey si allontanò, disperata.
-Bene...Weasley- disse, osservando con sguardo torvo la gracile infermiera, che continuava a origliare la conversazione. Nonostante l'età avanzata, la donna aveva detto di voler continuare a lavorare <in questa scuola, fino alla morte>. Ma la vecchiaia si faceva sentire, e la cara Madame aveva cominciato a non ricordare bene. Aveva addirittura ricoperto di ciuffi viola cinque studenti Tassorosso, aggiungendo troppe appendici di Purvincolo ad una pozione. Inoltre negli ultimi tempi era diventata molto (estremamente tanto, a detta di James) curiosa. La professoressa continuò, osservando l'infermiera.
-Sei stata...- . Si voltò verso Madama Pomfrey -Ci può lasciare un attimo sole?- chiese velocemente, ormai evidentemente irritata, -Certo, professoressa- rispose l'infermiera, che uscì dalla porta, quasi spaventata.
-Muffiliato!- pronunciò, agitando la bacchetta. -Ecco ora va molto meglio- disse, sollevata.
-Signorina Weasl...- stava per dire la donna, quando Rose la fermò.
-Professoressa. Qualsiasi cosa sia accaduta, me lo dica, la prego- disse, con tono stanco, implorante, prima di un lungo attacco di tosse.
-Sei stata ritrovata priva di sensi sulle scale della torre di Astronomia. Per fortuna il Signor Gazza ti ha trovata e ti ha portata qui. Non hai...-
-Mia madre? Si è svegliata? Qualcuno al Ministero ha scoperto qualcosa? Io...-
-Tua madre è in ottime mani. Piuttosto, non ricordi nulla di quella sera? Perché sei andata alla torre? Sai che è proibito girovagare nel castello, dopo il coprifuoco-
-Ma...io ricordo di essere salita fin lassù, ma non era buio, il sole stava tramontando. E poi dovevo...-
-È un momento difficile per tutti, signorina Weasley. Ma saranno gli Auror a occuparsi del caso di tua madre-
-Adesso riposa. Suppongo che, tra qualche momento...- stava per congedarsi quando James, Albus, Lily, Dominique, Hugo e Louis, dopo aver quasi buttato giù la porta dell'infermeria e corrotto la povera Poppy Pomfrey, entrarono, travolgendo letteralmente la professoressa McGonagall.
-Signor Potter. James Sirius Potter. A meno che tu voglia essere punito duramente, ti consiglio di ritornare alla tua lezione. Anche a voi, su, andate. Avete un orario scolastico da rispettare e delle lezioni da seguire- disse fredda.
-Ma noi siamo suoi cugini, abbiamo il diritto di vederla!- esclamò arrabbiato Albus, cercando di dissuadere la professoressa.
-Non mi pare abbiate il diritto di saltare le vostre lezioni. Potrete incontrare vostra cugina nei momenti liberi- replicò, dura.
I ragazzi lasciarono l'aula, con aria sconfitta, continuando a fare segni a Rose, che nel frattempo, con un sorriso indulgente, li salutava con una mano.
Rimase sola. Guardò fuori dalle finestre. Era una bella giornata. Ma faceva freddo. Da lontano, oltre le finestre, vide un gufo. Era Twice, il gufo di Teddy. Lo riconobbe dalla coda turchina, una caratteristica di questo particolare animale. Entrò, e poggiò la lettera sulle sue gambe, scappando via. Rose srotolò la pergamena e cominciò a leggere.

Mia cara Rose,
come stai? Spero bene. Solo ieri, al ritorno dal mio lungo viaggio in Normandia, sono venuto a conoscenza del...beh, non so come dire. Penso tu abbia già capito di cosa sto parlando. Sono molto addolorato per Hermione, Harry mi ha raccontato tutto. E mi dispiace ancor di più non essere lì con te. Rose, Rose, devi solo promettermi una cosa. Una. So che in questi momenti ti staranno balenando per la zucca una miriade di ipotesi, di domande, so che ti sentirai una sciocca. Lo so. Ma ti prego, non smettere. Sii curiosa. Sii preoccupata. Fatti delle domande. Cerca di capire. Se mi sentisse zio Ron, molto probabilmente mi schianterebbe subito, perché questo è quasi un invito a cacciarti nei guai. Ma ti prego, segui il tuo cuore. Perché a volte è l'unica cosa che ci rimane.
Api Frizzole, Teddy

Rose rimase perplessa. Teddy, suo affezionato cugino acquisito, era sempre stato un ragazzo profondo (-Eh si, proprio come suo padre- ripeteva sempre Hermione, con gli occhi lucidi). Ma fino ad ora era stato l'unico a chiederle di cercare, di sapere. E poi cosa voleva dire perché a volte è l'unica cosa che ci rimane? Rose stava cercando di capirci qualcosa, ma il mal di testa aumentava e decise di rispondere subito al suo amico.

Teddy,
non sai che bello risentirti. Com'è andata in Normandia? Come stai? Io al momento mi trovo in infermieria, ma va tutto bene. Avevo solo bisogno di...equilibrio, forse, e mi sono ritrovata qui. Sappi che cercherò di seguire il tuo consiglio al meglio. Sei l'unico che me lo abbia detto. Tranquillo, credo che mio padre avrebbe fatto lo stesso con te. Ma da quando sei diventato così...indecifrabile? Mi hai fatto venire il mal di testa per capire le tue frasi filosofiche! Ma, andiamo alle vere cose importanti: come va con Victoire? L'hai raggiunta? Mi raccomando, Teddy caro, segui il tuo cuore!

Api Frizzole anche a te, Rose

Chiuse per bene la lettera e scrisse Ted Remus Lupin a caratteri chiari sulla busta. Ora rimaneva solo un problema: spedirla. Madame Pomfrey non l'avrebbe mai lasciata andare, e da sola non si sarebbe potuta recare in Guferia, pensò. Si guardò intorno. Accanto a lei dormiva assopita solo Sophie Flipper, una Tassorosso del primo anno, ancora non del tutto guarita dalle appendici di Purvincolo. Poppy Pomfrey stava svogliando nervosa un Volume sulle cure e i rimedi, e Bussy giocava allegro con il colletto della sua camicia. Chi poteva...ecco, pensò Rose. Bussy. Doveva attirarlo a sè, e cercare di mandarlo in Guferia.
-Pss, pss- provò, ma fu colpita da un attacco di tosse, che allarmò Madame Pomfrey. -Pss, Bussy- sussurrò di nuovo la ragazza, ma senza alcun successo. Perché, miseriaccia, gli elfi domestici dovevano essere sordi, pensò. -Bussy!- ritentò, più forte. Finalmente l'elfo la sentì e si avvicinò a lei.
-Bussy è qui, signorina Weasley. Bussy può aiutarla?- esclamò, pronto a soccorrerla.
-Ehi, Bussy. Potresti portare per me questa lettera in Guferia? È importante, ti prego- sussurrò implorante. L'elfo rimase a pensare e poi rispose: -Bussy non dovrebbe fare questo. Bussy dovrebbe dire tutto a Madame Pomfrey. Ma Bussy vuole aiutare sua piccola amica, e quindi io porterà la lettera in Guferia- disse, piano.
-Grazie mille Bussy, ti meriti un regalo- rispose con gratitudine Rose.
-Per Bussy è un piacere aiutare sua piccola amica- disse orgoglioso, e si allontanò contento, saltellando. Rose tirò un sospiro di sollievo. Sorrise, pensando ai suoi amici e cugini, che sicuramente in quel momento stavano complottando qualcosa. Decise di riposarsi un po', però. Di non pensare. E di seguire il suo cuore. Perché davvero, a volte, è l'unica cosa che ci rimane.

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