7. Legami

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"Le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella"
-Galileo Galilei

Erano passati tre giorni da quel brusco risveglio in infermeria. Da allora, la salute di Rose continuava ad essere cagionevole e ormai la tosse, forte e tempestosa, era diventata una sorta di compagna per lei, rimasta intrappolata in quella stanza da giorni ormai. I suoi cugini, cercavano di corrompere l'infermiera per visitare Rose, e la poveretta, a malincuore, molto spesso cedeva ai soprusi, cercando però di far mantenere la discrezione. In quel periodo, stranamente, nessuno arrivava in infermeria e Rose, rimasta sola dopo la guarigione della giovane Tassorosso, cercava in qualche maniera di far scorrere il tempo il più velocemente possibile. Leggeva la Gazzetta del Profeta o il Settimanale delle streghe, facilmente reperibili tramite Dominique o James, studiava Trasfigurazione (materia in cui eccelleva particolarmente) e si informava sulle ultime novità del Quidditch nel mondo, sognando la sua Firebolt, regalatale da suo papà quando aveva conquistato il posto di Portiere nei Grifonforo (-Tale padre, tale figlia-, diceva orgoglioso).
Stava per calare la sera, quando la felicità di Rose aumentò notevolmente. Aveva ricevuto una lettera da suo padre, che le annunciava il suo imminente arrivo ad Hogwarts.
L'indomani mattina, sveglia e pimpante, Rose si fece accompagnare in presidenza, disse la parola d'ordine ed entrò. Sulla soglia trovò un Ronald Weasley trasandato e sciupato. Aveva delle occhiaie molto accentuate e i suoi vestiti sembravano molto più larghi del solito. Rose, sorridente, accorse verso il padre, che subito l'abbracciò forte. Ma un colpo di tosse della ragazza disturbò quel momento e i due Weasley si sedettero.
-Mi ha parlato la professoressa McGonagall. Come stai?- chiese, pacato -Vedo che il mostro...ehm...come si chiamava...ecco! sì, ci sono! L'animaletto appiccicoso!- concluse, felice di aver trovato la parola che cercava, -Era così che la mamma chiamava il raffreddore! Animaletto appiccicoso!- disse, ridendo. Per un attimo i suoi occhi parvero riacquistare la loro luminosità abituale, speciale.
-C'era una volta, l'animaletto appiccicoso, un esserino molle molle... - disse Rose, -...che amava giocare con i bimbi!- continuò Ron, ricordando felice quella storiella.
-Così, quando poteva, andava a trovare i bambini, portando con sé i suoi amici...- disse Rose, quasi nostalgica, -Il signor Tosse, il signor Starnuto, il signor Febbre...- continuò Ron, lento, -Miseriaccia, eravate così piccoli tu e Hugo!- sussurrò, in preda ai ricordi, fissando un punto in quella stanza, paurosamente identica a prima. Il cappello parlante era sempre lì, al suo posto. Le caramelle di liquirizia sul tavolo, i libri. I quadri dei presidi affissi al muro, che osservavano attenti i due.
Ron stava giocando con un piccolo soprammobile di legno. Era a forma di topo, tutto d'un pezzo. Ma quando lo prese in mano, questo prese vita, cominciando a mordicchiare le dita del malcapitato.
-Miseriaccia, che male! Ma che diavol...- stava per dire, quando la porta si spalancò forte.
-Signor Weasley, quello è un campanello d'allarme, utile quando alunni come lei, non sanno tenere le mani a posto!- disse la professoressa McGonagall, orgogliosa. Dalla sua voce si scorgeva però un pizzico di nostalgia, forse causata dai ricordi. Le marachelle dei Weasley, in fondo, erano state davvero memorabili a volte.
-Bene, signorina Weasley. Ti ho convocata perché volevo avvisarti che, dopo aver parlato con Madame Pomfrey, abbiamo ritenuto opportuno che da domani tu sia dimessa dall'infermieria. Inoltre, tuo padre ha richiesto un incontro per parlare con voi. Tra qualche momento dovrebbe arriv... - stava per concludere la professoressa quando un burrascoso Hugo Weasley travolse la porta della presidenza.
-Ehm, scusate. Buongiorno, professoressa. Perché...oh... papà...-
-Hugo! Vieni qui, su!- esclamò suo padre, contento del fatto che finalmente suo figlio si era deciso a incontrarlo. I due si strinsero forte, tanto, da rimanere attaccati per qualche minuto. Rose vide qualche lacrima che scorreva sulle guance rosse del fratello. Lui subito le asciugò con la punta suo mantello, per evitare di far trasparire quello che in realtà stava provando.
-È meglio che rimaniate da soli- sussurrò la professoressa, anche lei commossa, uscendo silenziosamente.
Dopo qualche istante, Ron e Hugo si separarono e si sedettero.
-Eccoci, ragazzi. Dai su, cosa sono quei musi lunghi! Miseriaccia, sembrate zia Muriel! Ehm.. vi ho portato qualche soldo, sapete, per gli acquisti a Hogsmeade. Pensate a me qualche volta! Adoravo andare lì con vostra madre... - disse, preso dai ricordi.
I visi di Rose e Hugo si incupirono e Ron capì di aver sbagliato a nominare quel delicato argomento.
-Comunque, ero venuto qui per darvi una notizia importante- disse, molto serio, -Domani partirò- enunciò, fermo. Hugo rimase a bocca aperta. Rose invece si alzò, impetuosa, con le gote rosse dall'agitazione.
-Tu non puoi lasciarci qui! Tu non puoi andartene e lasciare noi, la mamma. Non puoi! Non te lo permetto!- gridò forte, lasciandosi cadere sulla sedia. Hugo, dopo un momento di riflessione, chiese cauto: -Quando ritornerai?-
-Sarò di ritorno a Natale. Lo so, è davvero tanto tempo, ma non posso fare altrimenti. Ho già programmato tutto con gli zii. Per qualsiasi evento, catastrofico o meno che sia, ci saranno con voi loro. E poi, esistono i gufi! Ci potremmo sentire quando volete, tranquilli-
-Tu...tu...non puoi lasciare la mamma in queste condizioni. Non sappiamo nemmeno cosa sia successo e tu vai via per mesi- disse Rose, in preda alla rabbia.
-Rose, lascia che ci spieghi, miseriaccia!- esclamò Hugo, esasperato dal comportamento della sorella.
-In effetti vi volevo parlare anche di questo. Cioè era questo che dovevo dirvi...comunque. Devo risolvere una faccenda segreta del Ministero...e non vi posso dire nulla a riguardo. Siete dei Weasley-Granger, nipoti di Harry Potter. No, no,  non posso dirvi proprio nulla-
-Ma quindi tu sai cosa è successo alla mamma!- esclamò Rose sorpresa, -Hai parlato di faccende del Ministero- continuò a blaterare.
-Ragazzi, davvero, non so nulla e questo mi fa stare sempre peggio. Purtroppo non ci sono novità sulla mamma. Gli Auror e il Ministero stanno facendo il loro dovere, tranquilli. So che siete curiosi, vi fate delle domande, volete salvare il mondo, ma la realtà è molto più difficile e complicata. Mi dispiace tanto lasciarvi, ma ci rivedremo presto, a Natale. Magari si risolverà tutto presto e questo sarà solo un brutto ricordo- concluse, con tono triste.
-Su, venite ad abbracciarmi. Miseriaccia quanto siete grandi! Eravate così piccoli e indifesi e adesso siete due guerrieri. Se avrò novità, vi farò sapere. Mi raccomando, voi non vi cacciate nei guai!- continuò Ron, sorridendo.
-Detto da te, papà, è poco convincente- disse Rose, mettendosi a ridere.
-Ma io alla vostra età...- stava per dire Ron, -Ti cacciavi nei guai cercando di sconfiggere Voldemort- conclusero i ragazzi, all'unisono.
-Ok, ok, avete vinto voi. Cercate di non farvi espellere però!-
I tre, dopo aver riso, con un pizzico di malinconia si separarono. Da troppo tempo non ridevano o scherzavano. La professoressa McGonagall, ritornò in presidenza, e i Weasley-Granger, lasciarono la stanza. Nessuno dei due disse una parola. Sorpresa, forse. O meglio, rabbia. Rabbia, che cresceva ad ogni passo, ad ogni respiro, ad ogni battito. Era così difficile, tutto era così difficile. -Perché tutto a loro-, si chiedeva Rose. Nonostante la sua testardaggine, la sua spavalderia, Rose era come Sir Spaventa. Sir Spaventa era l'armatura posta vicino all'entrata della Sala Grande. Ogni volta, era un divertimento vedere come i ragazzi del primo anno si spaventavano al suo movimento. Così, alcuni Serpeverde, lo avevano nominato Sir Spaventa. Ma in fondo Sir Spaventa era solo un'armatura. Dura, fredda, che può far spavento, ma ignota e misteriosa al suo interno. Rose era così. Era come Sir Spaventa. La sua armatura però, a volte si rompeva, facendo così, che la vera Rose ne venisse fuori. Era questo uno dei suo tratti migliori, a dir di qualcuno. In quel momento, la rabbia superava il resto. Ma suo fratello, tanto impetuoso quanto delicato, ruppe quella corazza, così forte da far star male Rose.
-Rose- disse, piatto. Era bastato nominare il suo nome, dopotutto. Come un incantesimo potente, quasi oscuro.
-Scusa Hugo. Sono stupida, davvero. Miseriaccia, ho quindici anni, e mi comporto come una bambina viziata. Davvero Hugo, scusa. Non dovevo... - stava per dire, disperata, quando la voce del fratello la interruppe. - "Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo" disse un giorno Silente. Rose, non sei stupida. Sei una strega, sei un'adolescente. Siamo al centro di tutto, da ancor prima di nascere. È ovvio tu sia...su, smettila, mi fai sentire un rimbambito! Abbracciami, dai! Non sono mica un Drago Spinato!- I due si abbracciarono forte. Era davvero un Corvonero suo fratello, pensò. Rimasero insieme. Quel contatto, si riaccese, come sempre. Perché loro erano magici. Erano un bellissimo incantesimo.

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