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Sento un freddo bestiale invadermi le ossa, apro gli occhi appesantiti dal sonno e vedo solo buio attorno a me. Mi giro svogliatamente verso la sveglia, sono solo le due di mattina e la portafinestra è completamente spalancata. Mi stropiccio gli occhi cercando di abituarmi alla penombra e noto che accanto a me non c'è nessuno, eppure ero convinto di stare abbracciando Sarah fino a pochi secondi fa.

Sento dei singhiozzi provenire dal balcone, così l'ansia comincia a prevalere sulla pigrizia e mi tolgo le coperte di dosso, beccando una folata di vento che mi fa rizzare i peli sulle braccia. Non poteva prendersi una casa alle Maldive come ogni riccona, no, lei l'ha voluta nella periferia dimenticata della zona industriale di Manchester.

Lancio un'ultima occhiata al caldo piumone imbottito, poi sbuffo tirando giù le maniche arrotolate del pigiama che ho addosso e cammino,o meglio, mi trascino verso la finestra dove i singhiozzi soffocati si fanno più forti.

Non riesco a vedere dov'è, sul terrazzo ricoperto da mattonelle tutte diverse dai colori bizzarri c'è solo una seggiola a dondolo scura e la povera palma nana incenerita dal tempo. Sto per urlare il suo nome quando vedo qualcosa che penzola dal cornicione, mi avvicino di più e noto che sono le sue gambe che si muovono avanti e indietro come il pendolo di un orologio antico.

-Sarah? Che ci fai lassù?- la richiamo sporgendomi dal balcone per vederla meglio, sussulta spaventata per poi sorridermi tra le lacrime, i denti bianchi perfettamente allineati e splendenti che fanno da triste contrasto con il mare in tempesta racchiuso nei suoi occhi.

-mi sembra ovvio- risponde con una mezza risata sarcastica, tirando su con il naso mentre si asciuga una lacrima fuggita al suo controllo con la manica del maglioncino nero più grande di lei di tre taglie -mi godo il paesaggio, no?- indica l'orizzonte composto da capannoni e fabbriche davanti a noi.

-e dovevi per forza farlo lì sopra? Si vede benissimo pure qui sul terrazzo. In camera sotto al piumone poi è ancora meglio- le sorrido empatico, mentre lei scrolla il capo passandosi una mano tra i capelli color zucchero filato.

-sto bene qui, tu torna pure dentro-

-sei sicura?- le chiedo accarezzandole piano la caviglia, lei annuisce sorridendo triste.
Sospiro passandomi una mano tra i capelli mentre mi guardo attorno in cerca di un qualcosa che possa usare come scala per raggiungerla.

-Thomas, torna dentro, sto bene- mormora lei, cerca di cammuffare la tristezza nel suo tono di voce fallendo miseramente.

-tu non stai bene, Sarah- la rimprovero apprensivo sedendomi accanto a lei dopo essermi arrampicato sulla griglia ricoperta di edera -e non hai voluto parlarne prima, quindi ne parliamo adesso-

Abbassa la testa concentrando lo sguardo sulle mani che tiene strette in due pugni, le prendo tra le mie accarezzandone il dorso e lei sorride piano,mentre il suo petto si alza di scatto a causa di un singhiozzo.

-mi spieghi cosa ti succede?-

-considerazioni delle due di notte, è da quando sono partita che succede- sbuffa cercando di controllare il suo respiro -tutte le emozioni represse di giorno si manifestano di notte-
Si gira verso di me, i suoi occhi chiari brillano anche con questo buio pesto.

-è una merda, Thomas. La mia vita è una merda- si passa una mano tra i capelli folti per quella che sarà la millionesima volta, alza gli occhi al cielo cercando di reprimere le lacrime che però lottano contro il suo volere e le inondano completamente le guance.

-perché dici così? Adesso siamo fuori pericolo- cerco di rassicurarla ma lei ride amaramente, tirando su con il naso.

-non sarò mai fuori pericolo, Thom. La mia vita è un cazzo di film giallo scadente scritto da due sadici che godono nel vedere la propria figlia soffrire-

Si nasconde il viso tra le mani, ricominciando a piangere disperata. La stringo subito a me, facendole appoggiare la testa sul mio petto per poterle accarezzare i capelli in modo da calmarla un po'. Le sue mani affusolate cercano subito il tessuto del mio pigiama, aggrappandosi alle maniche come se la sua vita dipendesse solo da questo.
Mi si stringe lo stomaco nel vederla così disperata, vorrei poter sistemare tutto e farle avere qualsiasi cosa voglia, ma mi rendo conto che il suo desiderio è più che irrealizzabile.

-perché mi odiano così tanto, Thom?- singhiozza distrutta, facendo crescere in me un senso di tristezza misto ad una compassione incredibile - io volevo solo una famiglia-

-tu hai me, sarò io la tua famiglia- le prendo il viso tra le mani, obbligando il mare racchiuso nei suoi occhi a calmarsi per ascoltare le mie parole.

-ti stancherai, tutti lo fanno prima o poi- i goccioloni salati che brillano come cristalli sotto la luce flebile della luna e delle stelle scorrono silenziosi lungo le sue guance, gliele asciugo con il pollice scrollando il capo in totale disaccordo con la sua affermazione.

-no, Sarah, io non ti lascerò mai. Ci sarò sempre per te, ti seguirò ovunque tu vorrai. Io ti amo, non potrei mai vivere senza di te- dico tutto d'un fiato e in tono solenne, come se stessi recitando il credo alla messa della domenica a cui la mamma mi costringeva ad andare.

Mi sorride rotta, sbattendo le palpebre gonfie d'acqua facendosi scappare le ultime due lacrime di dolore.
Appoggia la testa sulla mia spalla, rimanendo in completo silenzio, senza rispondere verbalmente a ciò che le ho detto.
Non mi aspetto una risposta, lo so che esprimere sentimenti del genere per lei è complicato, e stasera si è rivelata fin troppo.

Strofina la punta del suo naso contro la pelle del mio collo, lasciandoci poi un bacio veloce, e questo mi basta per capire che adesso è tutto okay.
Ormai sono diventato un esperto nel capire il significato dei gesti delle persone, potrei diventare uno psicologo specializzato nello studio del linguaggio non verbale.

-torniamo dentro? Sto congelando- mormoro sottovoce, lei alza lo sguardo verso di me, annuendo stanca.

Scendiamo con molta agilità dal tetto, o meglio, Sarah salta sul terrazzo con l'eleganza di un grillo zoppo, mentre io quasi mi schianto di faccia contro la ringhiera scura.

-fammi un favore, la prossima volta fatti trovare sul divanetto che hai nel patio- lei ride divertita, e mi basta questo perché il nodo che mi si era formato attorno allo stomaco si sbrogli definitivamente.

Ci sdraiamo entrambi nel grande letto matrimoniale che è forse un po' troppo alto per i miei gusti, si copre con il piumone fin sopra alla testa, recuperando così il calore che aveva perso rimanendo là fuori.

Le circondo la vita con un braccio, portandola più vicino a me, lei si accoccola contro il mio petto facendo battere più forte il mio cuore, come da routine.
Le stampo un bacio sulla fronte, indugiando a lungo con le mie labbra contro la sua pelle.
Chiude gli occhi ormai esausta, e un sorriso stanco si tinge sulle sue labbra, mentre si addormenta tra le mie braccia.

-dormi, amore, a te ci penso io-

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 19, 2018 ⏰

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