Chapter one

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Respiravo. Piano. Cercavo di far battere il mio cuore a una velocità normale. Ma invece andava a mille. Questo era il mio momento per dimostrare a tutti di cosa ero capace. Troppe volte mi hanno abbattuta, ostacolata, derisa per ciò che facevo. Ma ora eccomi qua. E ora dipendo solo da me stessa.
«Lucy sei pronta?»
Le parole del professor Zerbi attirarono la mia attenzione e il mio cuore accelerò ancora di più.
Feci di con la testa, e lì iniziò la vera sfida. Amici era l'unica speranza che avevo per accendere una luce dentro di me e sperare di illuminare il cuore degli altri.

«Canto il mio inedito Gold»
Questo brano mi emozionava ogni volta che lo cantavo. L'avevo scritto e dedicato ai miei nonni, loro erano una fonte di ispirazione per me. Il loro amore era la mia fonte di ispirazione. Proprio un anno fa avevano fatto sessant'anni di matrimonio. Il loro è un amore vero, che stimo.
E così, iniziai a cantare.

«You looked him into his blue eyes
you tried to keep from crying
while he was smiling
after all these years
he was on a bed hospital
he wasn't giving up
just for her
your love is little things
your love is the biggest thing
your love is this
your love is gold»

Flashback

Ero andata a trovare mia nonna a casa sua, anche se non ci voleva tanto ad arrivarci, abitava al piano sopra di casa mia.
«Ciao bella»
«Ciao nonna. Notizie?»
Non c'era bisogno di spiegare su cosa o chi fossero quelle "notizie".
Vidi lo sguardo di mia nonna posizionarsi su una foto di lei e il nonno da giovani. Si trovavano in una baita di un loro amico. Stavano entrambi sorridendo. Mia nonna rideva e sorrideva molto, infatti era una donna molto ottimista. Ma mio nonno da quel giorno, quel giorno di ottobre di quindici anni fa, quando io avevo solo tre anni, smise di sorridere. O almeno, lo faceva di rado, dopo quel giorno.

«Sta bene. Si riprenderà. Il nonno è forte» disse senza staccare lo sguardo dalla foto. La sua ultima  frase mi colpì molto. Il nonno è forte. Lui lo è sempre stato, sin da bambino.
Lui lo è per la nonna, per i suoi nipoti, per i suoi figli, per gli amici, per i suoi cari. Lui stava soffrendo, ma stava resistendo solo per noi.

Fine flashback

Il ricordo svanì dalla mia mente quando sentì che la base della canzone si era fermata. La mia esibizione era finita. Ora bisognava sentire solo il parere dei giudici, e sperare di ottenere un banco. Un banco che poteva cambiare la mia vita.

Il primo a parlare fu Rudi.
«Io ti ammiro molto. Quando canti mi colpisci davvero tanto. I tuoi occhi lo dimostrano quando canti».
Dopo questa affermazione notai che avevo una guancia bagnata da una lacrima. Non me ne ero nemmeno accorta di aver pianto questa piccola goccia.

Anche i pareri di Paola Turci e Giusy Ferreri furono positivi, un po' meno quello della prima, la quale disse che quando cantavo ero troppo seria e dovevo sorridere di più. Me lo dicevano sempre. Non solo lei. Anche mia madre me lo ripeteva in continuazione. Il punto era che io dentro ero davvero piena di emozioni e non provavo serietà – emozione che potrei far percepire ai professori – perché in realtà ero molto colorata dentro di me.

«Ci proverò» risposi semplicemente.
Ero una tipa abbastanza timida, e non avevo mai molto da dire. Io dimostravo tutto ciò che avevo dentro cantando. Anche se, a volte, quando mi dovevo sfogare, potevo essere una bestia, parlavo a raffica e nessuno riusciva a fermarmi. Ero troppo testarda.

Poi ci fu il parere di Carlo di Francesco. Era quello che temevo di più. Si vedeva dal suo sguardo che con me era molto diffidente.
«Io sono d'accodo con Paola sul fatto che dovresti sorridere di più, ma con una piccola differenza. Tu a me non sei arrivata per niente. Sempre con quello sguardo serio e scazzato»
Avevo il cuore che batteva a mille. Avevo lo sguardo offuscato.
Respira piano. Respira. Respira.
Non riuscivo mai a sopportare gli insulti. Ci ero abituata, ma facevano sempre male.
Cercai di rispondere nel modo più educato possibile, perché io ero una persona educata, ma quando la mia voce usciva, sembrava sempre che io avessi un tono veramente scazzato, freddo e distaccato. Ma io non ero così in realtà. Facevo fatica a dimostrare quella che ero veramente. Non ci riuscivo mai.

«Io spero che lei mi possa dare una possibilità. Non sono arrabbiata quando canto, anzi sono piena di colori dentro, mi dia solo la possibilità di dimostrarglielo».
Di Francesco mi lanciò uno sguardo agghiacciante, serrando gli occhi a una fessura. Quell'uomo mi metteva troppa soggezione.

Poi sorrise.
«Ne avrai la possibilità».
Il pubblico esultò e gridò. Erano quattro . Uno dei banchi era lì ad aspettarmi.
Maria parlò. «Allora Lucy, vediamo... allora, vai nella squadra Fuoco, il banco al centro nella terza fila!»
Avevo il cuore che batteva a mille. Ma sarei mai riuscita a stare calma?

Corsi verso il banco che mi fu dettato, e feci un sorriso, finalmente, ero così felice e fiera di me. Io sorridevo molto. Ma che paradosso era? O ero scazzata o sorridevo e basta. Ma la vera me non si abbatteva mai, si rialzava a testa alta e andava avanti. Col sorriso. E questo era uno di quelli veri.
Ero pronta a spaccare tutto.

***

Dopo la mia audizione ci furono altri ragazzi a cantare e ballare, ma solo uno ottenne il banco; non mi ricordavo neanche il suo nome. Potevo leggerlo sulla targhetta che aveva sulla felpa, ma ringraziai come sempre la mia miopia che mi impedì di sapere il suo nome.

Ad un certo punto entrò un ragazzo. L'avevo già visto da qualche parte, ma non riuscivo a capire bene chi fosse.

«Ciao Irama, che ci fai qui?» la voce di Maria mi lasciò spiazzata. Irama? Ma cosa ci fa qua ad Amici? Ha partecipato a Sanremo giovani, a cosa gli servirebbe venire qui?
«Beh, ho avuto vari problemi con la mia casa discografica. Ecco, non mi ci trovavo bene, non mi sentivo più me, non stavo vivendo a pieno la mia carriera, quindi ho strappato il contratto, ed eccomi qui» disse facendo un sorriso alla fine.

Povero, mi dispiaceva molto per lui. Lo conoscevo già dai tempi di Tornerai da me, due estati fa ero in fissa con quella canzone. Ma oltre a quella non ne conoscevo altre sue. Sembrava davvero un ragazzo molto gentile e educato, nonostante fosse davvero bello. Di solito i ragazzi come lui erano un po' dei narcisisti.

«Okay Irama, cosa ci hai portato?»
chiese Maria.
«Un mio inedito, si intitola Un respiro»

Notai, mentre il ragazzo si era girato per dare un occhiata ai banchi, che aveva degli occhi azzurri stupendi. O forse erano grigi? Avevano un colore bellissimo, così intensi. Bellissimi. Ad un certo punto si posizionarono su di me. Diventai tutta rossa, e la mia vicina di banco, Emma, notando la mia espressione, mi disse: «Stai tranquilla, sta guardando tutti. Forse lo fa perché, se entrerà, spera di riconoscere qualche faccia quando saremo nelle casette»
Notai che la ragazza aveva un accento inglese.
«Ti porti già così avanti?» dissi ridendo.
La ragazza sorrise anche lei. Era davvero bella. Castana e occhi azzurri. Sembrava molto gentile e simpatica. Magari riuscivo a farmi un'amicizia, data la mia timidezza e il mio apparire un po' fredda e distaccata. Anche se questi erano causati dalla soggezione che una persona mi metteva. Perché se una persona mi appariva gentile come lei, mi sentivo più tranquilla.

«Lo conosci? Io non ho mai sentito parlare di lui»
«Si si, l'ho conosciuto l'anno scorso, quando...» ma non riuscì a finire che Maria mi ammonì.
«Lucy per favore, da quando sei diventata così chiacchierona?»
Disse sorridendo, cosa che fece ridere il pubblico, i professori e anche me. In parte volevo sotterrarmi perché avevo tutte le attenzioni su di me, ma dall'altra parte ero contenta, perché magari potevo apparire simpatica a qualcuno. E magari ispirare amicizia. Mi servirebbe avere qualche amico qui. Un amico vero.

Notai che anche Irama si era girato a guardarmi, cosa che ricambiai. Poi lui sorrise. Strano, quando era entrato sembrava così serio, aveva sorriso solo una volta. Ricambiai il sorriso, un po' in imbarazzo.
Poi si girò, parti la base e cantò.

Cosa resterà - IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora