Chapter three

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LUCY

Mi alzai subito, gli sorrisi. Sorrise anche lui.
Poi il ragazzo rimase in silenzio e restò lì a guardarmi.
«Non ti prepari?» chiese lui.
«No» risposi facendo spallucce.
Lui inarcò le sopracciglia, quasi stupito. Beh, ormai mi ci ero abituata. Pure mia madre mi chiedeva sempre come mai non mi truccavo o cambiavo quando dovevo andare in giro. Avevo davvero poche cose eleganti nel mio armadio. Avrò avuto solo una gonna e un vestito, che ho indossato per l'ultima volta cinque anni fa, alla mia cresima.

Rimasi quindi con il mio tipico outfit di ogni giorno: una felpa larga bordeaux, un paio di jenas neri e un paio di vans, anch'esse nere.
Prima di uscire però, presi il mio zaino: nero borchiato, non ci uscivo mai senza.

Irama si avviò verso l'uscita della stanza, aprendomi la porta. Allungò il braccio davanti a quest'ultima, come per invitarmi ad uscire per prima.
Sorrisi a quel semplice gesto di galanteria, era davvero molto carino. Quasi mai un ragazzo l'aveva fatto con me. Mi sentii in qualche modo speciale, ma poi compresi che, conoscendoci da nemmeno un'ora, era impossibile che l'avesse fatto solo perché ero io la ragazza in questione. L'avrebbe fatto a qualunque altra ragazza.

Scendemmo le scale e, in quel piccolo arco di tempo volevo conoscerlo meglio.
«Irama non è il tuo vero nome, vero?»
«No, il mio vero nome è Filippo. Irama è una parola in malese che vuol dire ritmo»
«E tu vai a cercare parole malesi per crearti un nome d'arte?» chiesi ridendo «perché proprio in malese? Non poteva essere, che ne so, in inglese? Rhythm magari» guardai bene il ragazzo «mh... no rhythm proprio no»
«Beh, il motivo per cui ho scelto Irama, non fu perché andai su Google traduttore e cercai ritmo in tutte le lingue del mondo, in realtà – » Filippo non riuscì a finire la frase, che Emma corse verso di noi.
«Ciao Lucy, ciao Irama» ricambiammo il saluto. Poi il castano se ne andò verso i suoi due compagni di stanza, che si trovavano fuori dall'hotel. Uscì e lasciò me e la ragazza sole.

«Hai fatto nuovo amico?» chiese, sorridendo, con uno sguardo incuriosito.
«Eh si. Dai, per fortuna. Sai con chi sono in stanza?»
«Oh, Biondo mi ha detto che sei in stanza con lui» disse, cogliendomi di sorpresa.
«Davvero? E si ricordava il mio nome?» chiesi, facendo ridere la ragazza.

Ad un certo punto entrò Einar, lasciando la porta dell'hotel aperta.
«Avete finito voi due di parlare? Dai su andiamo, che qua mister piuma vuole andare a prendersi il gelato»
Tutti noi cinque ridemmo, mentre Irama mi guardò e mi fece l'occhiolino, sorridendo.

***

Camminammo per Roma per circa mezz'ora, trovando un bar vicino a un piccolo parco. Entrammo, non c'era dentro quasi nessuno. E ciò era plausibile, data l'ora. Erano circa le nove e non mi dispiaceva. Sinceramente non mi piacevano i luoghi con troppa gente.

Ci sedemmo a un tavolo vicino a una finestra. Arrivò la cameriera e ci chiese l'ordine.
«Io prendo un gelato, cono, allo yogurt e kinder»
Biondo e Einar presero una birra ciascuno, mentre Emma non prese niente.
«Anch'io un cono allo yogurt e kinder». Guardai Irama.
«Piacciono anche a te?» chiesi tutta entusiasta. Di solito ero l'unica a prendere quei gusti.
«In realtà non li ho mai assaggiati insieme» vedendo il mio sguardo sconcertato il ragazzo continuò «Ho preso ispirazione da te» disse. Notai che aveva alzato il sopracciglio sinistro. Che cosa buffa.

Arrivato ciò che avevamo ordinato, decisi di conoscere meglio i miei compagni.
«Come è iniziata la tua passione per la musica?» chiesi, rivolgendomi a Biondo.
«Beh, sai, io sono sempre stato un grandissimo amante dell'R&B, sin da bambino, e dato che questo stile è piuttosto sconosciuto in Italia, mi piacerebbe portarlo qui e mostrare alla gente quanto può essere bello». Quindi il ragazzo non faceva musica a caso. Aveva anche questo obbiettivo. Difficile, ma sembrava davvero deciso.

«A me piace tuo stile» disse Emma tutta sorridente.
I due ragazzi si lanciarono uno sguardo e sorrisero. Come erano carini.

«Tu Lucy, come hai iniziato a far musica?» mi domandò Einar.
«Sin da piccola amavo la musica e mi sarebbe piaciuto suonare uno strumento. In particolare la chitarra. Non so, ma aveva qualcosa che mi ispirava in più rispetto agli altri strumenti. Ma i miei erano molto contro, specialmente mia madre. Poi, finalmente, a dieci anni riuscii a convincerli. Iniziai a prendere delle lezioni, e, già in poco tempo, diventai davvero brava a suonarla. All'inizio facevo musica classica, poi iniziai a dedicarmi a quella cantata. Quindi una volta provai a scrivere una canzone, dedicandola a delle persone per me davvero speciali. E fu lì che nacque anche la passione per il canto» mentre parlavo i ragazzi non mi toglievamo gli occhi di dosso. Che ansia che mi mettevano. «Dopo iniziai a prendere anche delle lezioni di canto e la mia insegnante notò delle grandi capacità in me, dicendomi che avevo una voce che tutti dovevano conoscere. Ed eccomi qua».

Presa dalla curiosità, chiesi a Emma come mai si trovava qui in Italia.
«Mi sono trasferita qui l'anno scorso. Sin da piccola cantavo e poi qua ho scoperto questo show» disse schietta.

Ormai tutti avevano finito ciò che avevamo ordinato, quindi decidemmo di uscire fuori a fare una passeggiata.

Biondo cingeva le spalle di Emma con il braccio mentre Einar parlava intensamente con Biondo riguardo al parere di alcuni professori. Io e Irama camminavamo insieme, lui con le mani dentro le tasche della tuta, guardando verso l'alto. Perché non riesci mai a conversare con qualcuno? Mi chiesi. Decisi quindi di rompere un po' il ghiaccio.
«Scusami per prima. A volte so essere davvero una rompipalle»
«Tranquilla, fa niente. Anche a me capita di sbottare qualche volta» disse, guardandomi e sorridendo. Ma perché lo faceva? Forse per farmi sentire più a mio agio con lui. Magari aveva notato il mio imbarazzo nel sapere che ero in stanza con tre ragazzi e di conseguenza, quanto ero impacciata con loro.

«Sentite, io vado in hotel. Sono stanco morto» disse ad un certo punto Einar.
«Bro, ma nemmeno mia nonna va a dormire così presto» disse Biondo, facendoci ridere tutti e cinque. Beh in effetti non era poi così tardi.
Einar ci saluto e se ne andò.

«Raga, io e Emma vorremmo fare un giro in solitudine» disse Biondo. Io gli lanciai un'occhiataccia e lui rispose alzando le sopracciglia, facendo uno sguardo, misto di "non è colpa mia" e "mi dispiace". E fu così che anche loro due se ne andarono, lasciando me e Irama da soli.

«Ci fermiamo a quel parco laggiù?» ne indicai uno di fronte a noi. Filippo annuì e ci avviammo.

Arrivati, ci sedemmo su un muretto. Era gennaio, e io, da stupida, uscii solo con una felpa, senza niente sopra. Misi le mani in tasca, ed ebbi un brivido di freddo. Il ragazzo se ne accorse, e quindi, inaspettatamente, mi mise un braccio sopra le spalle per riscaldarmi. Ci guardammo e lui, ancora una volta, sorrise. Oggi, nello studio, aveva sorriso davvero di rado. Come mai adesso continuava a farlo ogni volta?

Appoggiai la testa sulla sua spalla e guardai verso l'alto. Si vedevano le stelle. Io amavo le stelle. Così chiare in un cielo così scuro. Come se ci fosse sempre qualcosa a illuminare i momenti più bui.
«Piacciono molto anche a me, le stelle» disse, leggendo i miei occhi.
«Pensavo che ai ragazzi non piacessero questo tipo di cose»
Rispose facendo spallucce: «Siamo tutti diversi, in realtà»

Non avevamo molte cose da dirci quella sera. Ci eravamo appena conosciuti, e di cose da raccontare ne avevamo. Ma forse l'unica cosa che in quel momento volevamo entrambi, era restare lì, in silenzio, vicini, a osservare le stelle.

SPAZIO AUTRICE

Ciao belli, come state?

Allora, era da un po' che volevo scrivere una storia, e quindi eccomi qui, con protagonisti Lucy e Irama.

Per ora la storia è molto soft, ma tranquilli che fra poco ci saranno dei momenti mooolto più salienti.

Anywayyyy, grazie per le cinquanta visualizzazioni🌸
Non saranno poi così tante (lol) ma è pur sempre un traguardo.

Ci vediamo al prossimo capitolo.

Love u🌹

Cosa resterà - IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora