Chapter eleven

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La mattina seguente mi svegliai tra le braccia di Irama. Lui dormiva ancora, dato che teneva la bocca semiaperta. Il suo braccio si trovava ancora sotto le mie spalle. Non si sentirà più il braccio, quando si sveglierà.

Ciò che mi svegliò era stata la luce mattutina: Emma era già in piedi – a quanto pare era rimasta a dormire nella nostra stanza.
«Andiamo insieme, baby?» chiese Biondo, rivolgendosi a Emma. Probabilmente parlavano di andare a fare colazione.
«Certo» rispose lei. Come erano carini.
Chiusi gli occhi, non avevo la minima voglia di alzarmi. Sentii il suono di un bacio a stampo. Non riuscii a trattenere un sorriso. Mettevano troppa tenerezza quei due.

Dopo che furono usciti dalla stanza, aprii di nuovo gli occhi. Irama dormiva ancora: era vestito con la tuta del programma – nera, che gli donava davvero molto – con la maglietta stropicciata, la bocca ancora semiaperta, gli occhi chiusi, il braccio addormentato sotto di me, con la mano che cadeva sul lenzuolo del letto, l'altro braccio sul suo petto, che si alzava e si abbassava regolarmente.

Non riuscii a fare a meno di sorridere. Chi se lo sarebbe mai aspettato di dormire fra le sue braccia? Due anni fa non l'avrei nemmeno pensato. Non avrei nemmeno pensato di incontrarlo e di diventare sua amica.

«Bello il principe azzurro?». Saltai in aria.
«Einar che infarto» dissi, sedendomi. Mi ero dimenticata totalmente della sua esistenza. Il ragazzo rise.
«Vi lascio soli» disse. Il bresciano rise ancora, e andò in bagno a cambiarsi.

Rimasi da sola nella stanza, con nessuno con cui comunicare.
Poi vidi Filippo muoversi. Si stirò alzando le braccia, e aprì leggermente gli occhi. Fu come ricevere un'ondata di acqua cristallina di notte.
«'Giorno» disse, con la voce ancora impastata dal sonno.
«Salve, dormiglione» dissi, sorridendogli. Metteva troppa tenerezza.
Il ragazzo si girò in costa e riprese a dormire. «Dormito bene?»
Mugolai un .
Mi sdraiai in parte a Filippo. Non ero abituata ad andare a dormire tardi. Sono vecchia dentro.

Il ragazzo era girato di schiena rispetto a me e aveva un corpo decisamente più grande del mio: davanti a me avevo il suo corpo, così bello, con le spalle muscolose che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro.

Poi il ragazzo si girò verso di me.
Chiudi gli occhi. Chiudi gli occhi.
«Non stai dormendo» disse lui.
«Come hai fatto a capirlo?» chiesi, aprendo gli occhi, stupita.
«Perché stavi sorridendo». Rimasi a bocca aperta. Davvero stavo sorridendo?
Il ragazzo notò il mio sguardo – misto tra sconcertato e stupito – quindi sorrise. Ricambiai, per poi essere interrotti da Einar, che era uscito dal bagno. «Ditemi quando avete finito di mangiarvi con lo sguardo, che io voglio andare a mangiare»

***

In sala relax c'era uno strano clima di tranquillità. Probabilmente avevano quasi tutti guardato Sanremo, e, di conseguenza, andati a letto tardi. Sembrava di stare in biblioteca, dove nessuno poteva parlare ad alta voce.

Quel giorno avevo avuto lezione solo di mattina, quindi avevo tutto il pomeriggio libero. Decisi di andare a provare qualche mio brano.
Entrai nella stanza – quella in cui sia ballerini che cantanti potevano esercitarsi – e notai che c'era dentro già qualcuno.
«Ciao» Emma e Biondo mi salutarono in coro. Questi, si lanciarono uno sguardo di complicità e sorrisero. Io non riuscii fare diversamente.
«Ciao, che fate?» chiesi.
«Proviamo i brani» Biondo era seduto a terra, mentre la mora su una sedia, di fronte a lui.
Il ragazzo iniziò a cantare Dejavu. No, non sopporto quella canzone.

Dato che, sembrava, che i due non mi stessero considerando molto, decisi di uscire, dopo averli salutati. Chiusi la porta e sbuffai. Uffa, volevo cantare.

Cosa resterà - IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora