Chapter six

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Spalancai la porta della stanza nella quale sarei dovuta arrivare qualche minuto prima.

«Mi scusi tantissimo...» stavo per dire alla prof, quando notai che c'era anche un'altra ragazza presente nella stanza: Emma.

La prof notò il mio sguardo interrogativo: «Dato che non arrivavi più, ho pensato di tenerla dentro qualche minuto in più del solito. Tu dov'eri finita?»
Emma mi guardò, e notai che stava sorridendo, cercando di nascondere ciò tendendo il microfono davanti alla bocca.

Di fronte a me c'era uno specchio e mi venne naturale vedere in che condizioni fossi: avevo i capelli un po' spettinati e le guance ancora rosse.
«Ehm... mi ero addormentata» dissi vaga. Non mi era mai capitato di arrivare tardi a lezione – ancor prima che facessi Amici, in quelle che svolgevo dopo la scuola.

Ero troppo presa nel ballare con Irama. Mi ero sentita come se fossi in un altro mondo, un mondo in cui il tempo non esisteva più e potevamo rimanere lì in eterno.
Mai nessuno, prima di lui, mi aveva chiesto di ballare assieme. E in più, lui aveva anche capito i miei gusti musicali. Sapeva che mi piaceva Ermal, e ciò l'aveva capito in un batter d'occhio. Raramente qualcuno mi capiva in così poco tempo.
E il bacio che gli avevo dato prima d'uscire. Penso di averlo fatto pochissime volte in tutta la mia vita, e quando lo facevo, era un gesto che per me significava grazie. Ma un grazie davvero speciale. Un grazie pieno di tenerezza, un grazie profondissimo. Filippo mi aveva fatto sentire libera – nonostante un po' di imbarazzo da parte mia – e importante.

«Va bene fa niente, ma che non capiti più» disse severa la prof. Io feci cenno di con la testa, e andai a posizionare le mie cose in un angolo. «Prima, durante la tua assenza, io e la tua compagna abbiamo provato un brano e sarebbe molto carino farlo diventare un duetto» affermò la professoressa.
I miei occhi si illuminarono. Mai avevo fatto un duetto prima d'ora.
«Certo» risposi con un sorriso a cinquantadue denti.
La professoressa fece partire la canzone. La riconobbi subito. Era Dusk Till Down di Zayn e Sia. Era una delle canzoni più belle di sempre. Ricordavo ancora la prima volta che l'ascoltai, rimasi a bocca aperta. Era proprio bella.

Dopo averne ascoltato un pezzo, ci mettemmo al lavoro. Non sapevo perché – o forse si? – ma quel giorno, io ero caricatissima.

***

Tornai in hotel insieme a Emma.
«Tu non ti eri addormentata» affermò sicura la ragazza.
«Come lo sai?» chiesi io, curiosa.
«Ho visto che andavi con Irama a cantare together» disse, mischiando italiano e inglese.
Diventai tutta rossa in faccia e ringraziai il fatto che era tardi e che il cielo era scuro, quindi non si poteva vedere in che stato fosse mio viso.

«Se ne sono accorti in molti?» chiesi.
«No tranquilla, solo io»
«Mi fai paura, cosa sei, una stalker?» chiesi ironicamente.
La ragazza rise e poi disse: «Sei molto gentile. Irama oggi, dopo litigare con Zic, era molto arrabbiato. Tu sei riuscita a calmarlo». Io non sapevo cosa rispondere. Sì, era vero che ero riuscita a calmarlo nonostante fosse molto arrabbiato, ma comunque non era una cosa che mi aveva stupito molto. Capita di essere arrabbiati a volte.

Arrivate in hotel salutai Emma, che si diresse verso la sua stanza. Io entrai nella mia e notai che Einar e Biondo erano lì già da un po': erano addormentati come dei sassi sui loro letti.
Einar era, nel letto castello, in quello sopra mentre Biondo si trovava nel letto sotto. Simone in più stava russando come se non ci fosse un domani. Era proprio cotto. Risi a quella scena comica, e in quel momento entrò Irama.
Subito mi ritornò alla mente il ricordo di noi due oggi che ballavano insieme, ancora quell'immagine della sua mano sul mio fianco e il mio stomaco sottosopra.

«Ciao Fil» dissi sorridendo.
«Ciao. Mamma mia che finezza quel ragazzo» disse, rivolgendosi a Biondo.
Ridendo a quell'affermazione, mi avvicinai al mio zaino per tirare fuori un libro. Amavo leggere, ed io i libri li divoravo. Quindi, ovviamente, me ne ero portata dietro un paio. Anche se non ero tanto sicura che sarebbero bastati.

«Che libro è?» chiese curioso il castano, avvicinandosi.
«Milk and Honey, è un libro di poesie» risposi.
«No, ma che figata. È quello con le immagini tutte strane?» chiese, e io mi misi a ridere per il modo in cui l'aveva detto; sembrava un bambino quando gli veniva mostrato il suo giocattolo preferito.

Gli risposi di , e lui mi domandò se poteva vederlo. «Certo» gli risposi, dopo averglielo dato.
«È troppo bello» disse quasi a bassa voce mentre lo sfogliava. La frase gli uscì davvero naturale e spontanea – non che le altre volte non lo fosse – ma certe volte amavo troppo la sua naturalezza. Filippo era una persona vera. Così vera.

«Vuoi che te lo presti?» gli proposi.
«Sì, mi piacerebbe un sacco. Ma tu dopo cosa leggi?»
«Tranquillo, ne ho un altro»
«Perfetto, grazie mille».
Ritornai verso il mio zaino e tirai fuori l'altro libro: Shadowhunters Il Principe.

Uscii sul piccolo terrazzo, mi sedetti su una delle sedie, e iniziai a leggere.
Uno dei motivi per cui amavo di più farlo, era il fatto che, quando leggevo, mi sentivo totalmente in un altro mondo; venivo trasportata in quello del libro, quasi mi sentivo un personaggio. Certe volte ero così presa quando leggevo, che se qualcuno veniva da me e mi chiedeva anche solo la cosa più stupida del mondo, io potevo diventare una bestia. Nessuno poteva interrompermi mentre leggevo, era come se mi facessero cadere giù dal letto mentre dormivo. Ero io a scegliere quando ritornare alla realtà.

Poco dopo arrivò anche Irama, che si sedette di fronte a me. Aprí Milk and Honey, accese una sigaretta e iniziò a leggere.
«Non sporcarmi il libro di cenere, mi raccomando. Sennò me lo ricompri uguale» dissi ironicamente.
«Sissignora» rispose Filippo.
Nonostante fossi contro il fumo, per quella sera lo lasciai in pace. Oggi aveva già litigato con qualcuno e non volevo rovinare la giornata – per colpa di una sigaretta – a nessuno dei due.

Rimanemmo lì a leggere per circa un'ora, quando io posai il mio libro sul tavolo e incrociai le gambe sulla sedia, appoggiando su quest'ultima la testa.
Chiusi gli occhi. Ero stanchissima.

Nella mia mente, ritornavano ancora i ricordi di oggi: lui arrabbiato, che cammina velocemente, lui che canta con me, lui che mi fa i complimenti per come suono, lui che mi chiede di ballare insieme, lui che appoggia la sua mano sul mio fianco, il mio viso rosso, e il bacio sulla guancia. Quel tenero bacio che pochissime volte avrò dato a qualcuno in tutta mia vita.

«Vuoi dormire fuori sta sera?» aprii di scatto gli occhi. Era Filippo, davanti a me, a nemmeno dieci centimetri di distanza, che sorrideva.
«Filippo che infarto» dissi.
Il ragazzo rise: «Mi scusi, la prossima volta la lascerò qui fuori e la farò congelare di freddo» affermò, sempre ridendo.

Mi stirai, e con la finezza di un elefante, mi alzai, entrai in stanza e presi il pigiama.
«Io sono in bagno, non entrare» avvisai Filippo. Lui fece okay con il pollice, mentre cercava qualcosa nel suo zaino.

Mi stavo cambiando, quando sentii la porta bussare: «Posso entrare?».
«Due secondi che finisco di cambiarmi» notai la maniglia che si abbassava, quindi la rialzai. «Filippo, mi vuoi stuprare?» chiesi scherzosamente.
Sentii fuori il ragazzo ridere. Che bella risata che aveva. Sorrideva di rado, ma ridere, quello lo faceva ancor di meno.

Mi cambiai alla svelta. Il mio pigiama consisteva in un paio di pantaloncini e una maglietta extralarge – che mi faceva sembrare in mutande, cosa che tutti mi facevano sempre notare. Mentre uscivo dal bagno, notai che il ragazzo mi stava guardando. Presi il suo cuscino e glielo lanciai in faccia: «Sei un pedofilo» gli dissi, facendo ridere entrambi.

Cosa resterà - IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora