Chapter twenty

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Il mattino dopo dovetti alzarmi prima del solito. La domenica si dormiva davvero tanto la mattina, ma quel giorno dovevo andare a fare colazione con Emma e Lauren.

Come sempre andammo al solito bar, ma non ci sedemmo vicino alla finestra. Anzi, prendemmo posto nella zona totalmente opposta al nostro solito tavolo.
Subito dopo, prendemmo le ordinazioni – io presi un caffè latte e una brioche alla ciliegia. Non presi il cappuccino perché non avevo nessuno che mi potesse bere la schiuma. O qualcuno, che potesse berla.

«Did you talk to Irama?». Hai parlato con Irama? Mi chiese Lauren.
Scossi la testa.
La sera prima, dopo essere scesa con Lauren alla reception per prendere le garze, io e lui eravamo rimasti qualche minuto da soli in bagno. Ma nessuno dei due aveva detto niente. Solamente un grazie da parte sua. Di seguito, entrambi andammo alla nostra stanza, e tra di noi ci fu un silenzio strano. Non un silenzio tranquillo, nemmeno un silenzio imbarazzante. Era come se entrambi volessimo dirci tantissime cose, ma che non uscivano mai dalla bocca, stavamo sempre a indugiare su cosa dire. Io con Filippo l'avevo subito capito. Il modo in cui si muoveva, si comportava. Guardava solamente in basso, mentre, di norma, il suo sguardo si muoveva in diverse direzioni. Continuava a grattarsi spesso la nuca, questo significava che aveva qualcosa da dire. Ma nessuno, quella sera, disse più niente. Forse solo una buona notte da parte di entrambi dopo essere entrati nelle coperte.
Io non ero riuscita a dormire. Non avevo ancora preso la mia boccata d'aria. Infatti, dopo essermi alzata, mi ero diretta sul terrazzo. Ero rimasta qualche ora lì, seduta, a osservare in alto. Ma più che osservare le stelle, stavo osservando i miei pensieri. Avrò pensato non so per quanto tempo di preciso, ma per ore. Quando però, mi ero accorta che era un orario un po' poco ragionevole per alzarsi la mattina presto, decisi di volare a letto. Non so come, ma sentivo come se qualcuno fosse rimasto sveglio con me in quel momento.
Forse perché il suo respiro non era regolare.

«Dovresti parlare» disse Emma.
«Non ne ho voglia» risposi, osservando il caffè latte, per poi berlo. Faceva schifo.

Decisi di cambiare subito argomento. Filippo l'avevo già troppo immerso nella mia mente, figuriamoci se ne avessimo parlato per tutta la mattinata.
«Settimana prossima siamo a metà marzo. Sceglieranno i primi concorrenti per il serale?» chiesi, mentre dividevo a metà la brioche.
«Yes, and I'm so scared». Sì, e sono molto spaventata. Rispose Lauren.
«Quanti bisogna avere?» chiesi.
«Cinque, mi pare» rispose Emma.
«Tu, Lauren, ne hai già cinque, vero?»
«Lucy!» esclamò l'americana.
«Ne hai cinque?» chiesi, iniziando già a festeggiare per la ragazza.
«No, Lucy! Look!» la ragazza indicò dietro di me con lo sguardo.

Girandomi, notai che, dall'ingresso del bar, stavano entrando dei ragazzi.
Entrarono, rispettivamente, Biondo, Einar e.. sì, Irama.
I primi due andarono verso il bancone per ordinare, mentre l'ultimo li seguiva. Il ragazzo aveva una strana cera quella mattina: non sembrava in forma. Non che gli si fossero smollati i pettorali! Aveva delle occhiaie profondissime. Probabilmente, le mie supposizioni sul fatto che anche qualcun altro fosse rimasto sveglio con me la sera prima, erano esatte. In più, si muoveva con la lentezza di un bradipo, quasi desiderasse che gli venisse dato un letto in quel preciso istante.

Biondo, notandoci, fece un cenno ai ragazzi verso la nostra parte. Oh no. Mi voltai verso le ragazze: «Emma, io ti uccido Biondo» dissi in panico, dato che i ragazzi stavano venendo verso di noi e non avevo la più pallida idea di cosa fare o cosa dire.

«Ciao, pupetta» disse Biondo, dando un bacio sulla guancia a Emma. Osservai quella scena con un misto di invidia, ma anche di tenerezza: cosa mi avrebbe detto Irama?
«Possiamo unirci?» continuò il romano, mentre prendeva una sedia da un altro tavolo e l'aggiungeva al nostro, per poi sedersi accanto alla sua ragazza.
«Ciao ragazze» ci salutò Filippo, leggermente in ritardo. Sì, è proprio addormentato. Mi faceva un certa tenerezza vederlo così. Avrei voluto posare il suo viso sulle mie gambe, farlo riposare un po' e coccolarlo. Era come se, il fatto che fosse così assonnato, cancellasse il ricordo della sera precedente, e ci fosse solo lui nelle mie preoccupazioni.

Cosa resterà - IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora