Chapter twenty-five

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NARRATORE ESTERNO

Il ritorno in hotel fu deprimente. Non solo per Lucy, la quale non era pronta ad affrontare mesi – almeno, sarebbero stati mesi oppure sole settimane? – lontana dal suo Filippo. Non si era mai abituata alle distanze con le amiche o con i parenti, figuriamoci con una persona importante come lo era il suo ragazzo.

Nella sua mente aveva già immaginato a come sarebbe stato passare altri mesi con lui, insieme nella casetta, e magari, dormire in letti vicini, fare colazione con un caffè dalla macchinetta oppure mangiare le fragole fresche che la ragazza aveva a volte visto nel frigorifero durante le edizioni precedenti – sì, pensava sempre a mangiare; non che Filippo fosse da meno. Le sarebbe piaciuto dargli un bacio sulla guancia – anzi, sul naso – prima che il ragazzo andasse a lezione e lasciasse la casetta per qualche ora, e, se lei fosse stata libera la sera, farlo ritrovare con del gelato in un bicchiere o con dello yogurt con una spruzzata di cacao sopra. Avrebbe voluto dargli la buona notte con un bacio, anche se da dormire ci sarebbe stato ben poco: avrebbero passato tutta la notte a ripassare le canzoni assegnate o a comporre nuovi brani, nuovi testi, nuove canzoni, nuova musica. Avrebbero magari scritto una canzone insieme, duettato, avrebbero fatto un duetto a squadre. Sarebbero andati nella stanza – all'interno della casetta – in cui sia ballerini che cantanti si esercitavano, e avrebbero suonato per l'ennesima volta una canzone di Ermal al pianoforte, o avrebbero ballato sopra le note di una canzone d'amore. Avrebbero supportato l'un l'altro durante i momenti di sconforto, lei le avrebbe asciugato le lacrime e lui l'avrebbe abbracciata – bevendo thè e mangiando Pan di Stelle. Lucy avrebbe insegnato a Irama a suonare il pianoforte e insieme avrebbero cantato una cover di una canzone con la chitarra. Lui, invece, le avrebbe insegnato a reppare, cosa che la ragazza riusciva poco a fare. Si sarebbero tirati a cuscinate dopo una presa in giro, dopo una piccola stonatura da parte di uno dei due, dopo uno scherzo.

Tutto ciò, era crollato davanti agli occhi di Lucy. Non che Irama avesse pensato a qualcosa di diverso.

Gli sarebbero mancati i baci che la mattina dedicava solo a lui. Gli sarebbero mancati i pochi minuti che impiegava a sistemarsi in bagno, gli sarebbe mancato il suo zainetto nero borchiato che, non gliel'aveva mai detto, lo lasciava sempre sulla scrivania, ingombrandola un poco. Gli sarebbero mancate persino le mattine al bar, quando lei ordinava sempre il cappuccino e lui sempre doveva berle la schiuma. Gli sarebbe mancata la sua voce, quando cantava, quando parlava, quando si emozionava. Gli sarebbero mancati anche i suoi libri che lei teneva sempre accuratamente sul suo comodino accanto al letto a castello, la pila di quattro libri, di cui la maggior parte aveva già letto, e, nonostante i ragazzi passassero la gran parte del loro tempo in sala relax, o alle lezioni, o – in giorni come la domenica – fuori a fare un giro, Lucy trovava sempre del tempo per leggere, e riusciva a divorare libri con centinaia di pagine anche in una sola settimana, nonostante i molteplici impegni. Gli sarebbero mancati i ringraziamenti molto fini di lei dopo una sorpresa o una regalo, come "ma sei scemo?" oppure "sei stupido?" ma Filippo sapeva che, se lei non reagiva in tal modo, probabilmente la sorpresa non le piaceva, ma una reazione alternativa poteva essere il luccichio dei suoi occhi, marrone scuro, che brillavano come un cielo stellato riflesso nel mare la notte. Gli sarebbero mancati i buona notte di tutte le sere, quando lei, prima di salire sul suo letto a castello, gli lasciava un bacio tra i capelli e gli sussurrava qualche parola ormai abituale sentire la sera, ma che mai diventavano retoriche, anzi, erano sempre piene del grande e immenso significato: amore.

Filippo si maledì per ciò. Doveva tenere, come sempre aveva fatto e che aveva intenzione di fare, i piedi a terra e andare avanti, nonostante le mancanze che ci sarebbero state. Certo, ciò non significava ignorarle.

I ragazzi camminavano mano nella mano, ormai vicini al luogo in cui avrebbero dovuto salutarsi. La ragazza guardava a terra, pensava, pensava fin troppo. I due non si stavano parlando, ma le immagini che avevano in testa erano le stesse. Era un peccato per i due giovani sprecare gli ultimi minuti insieme prima di potersi rivedere dopo mesi. Avrebbero potuto parlare, scambiare saluti e congratulazioni con gli amici, ma non ne avevano né la voglia né la forza.

Cosa resterà - IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora