Harry James Potter entrò al San Mungo, la mente affollata di pensieri e cose da fare, e la voce della moglie che gli ricordava di fare presto.
Immaginò la povera Ginny Weasley in Potter a casa, nel vano tentativo di preparare il pranzo e fare in modo che i due figli maschi, James Sirius e Albus Severus, non si uccidessero.
Era una domenica di settembre, tuttavia Harry non fu troppo sorpreso quando un gufo dalle penne grigio fumo, evidentemente proprietà del Ministero della Magia, era planato dolcemente sopra il castello di carte magiche esplosive che stava divertendo James.
Ovviamente, distruggendolo, e altrettanto ovviamente lasciando un alquanto infastidito James Sirius Potter, le sopracciglia completamente bruciate (e subito fatte ricrescere con un secco movimento della bacchetta del padre), ad urlare, in preda ad un attacco isterico.
Harry aveva sbuffato, pregando il figlio di otto anni di calmarsi e con un solo movimento della stecca magica aveva provveduto a rimettere esattamente come prima il gioco del bambino, impedendogli di esplodere a causa di una combustione spontanea, visto il colorito rossastro raggiunto dalle sue guance.
Nonostante tutto però, il Bambino che era Sopravvissuto non aveva potuto fare a meno di sorridere, nel vedere la felicità tornare sul viso del suo primogenito, mentre apriva la missiva dell'Ufficio Auror.
E quindi eccolo lì, diretto a passo veloce verso lo studio del Primago dell'Ospedale inglese magico.
Primago, nonché suo ex nemico giurato.
Non si curò degli sguardi stupiti ed emozionati che lo seguivano ovunque, ormai vi si era abituato molto tempo fa.
L'unica cosa che continuò a controllare fu la stretta della piccola mano che si nascondeva nella sua.
Raggiunse lo studio più grande dell'intero ospedale, all'ultimo piano, e aprì la porta non appena ebbe bussato, senza aspettare risposta.
I vantaggi di essere il Capo dell'Ufficio Auror, dopotutto.
«Potter, quale piacevole sorpresa.»
La voce dell'uomo biondo seduto alla scrivania lasciava trapelare una leggera nota di disappunto, per l'irruzione improvvisata nel suo ufficio, ma non aveva più quella sfumatura di supremazia e arroganza che l'aveva caratterizzata da giovane.
Draco Malfoy sistemò le carte che stava controllando in quel momento e fece segno all'altro di sedersi in una delle comode poltrone poste di fronte alla sua postazione, lanciando uno sguardo curioso verso la piccola testa rossa che appariva appena, oltre il contorno della scrivania.
«Malfoy. Scusa il disturbo, ma la lettera è arrivata poco fa e Ginny non riusciva a tenere da sola tutte e tre le pesti» spiegò Harry Potter, allungando all'altro la pergamena ricevuta la mattina e accarezzando la testa della bambina che ora gli stava accanto, i vispi occhi nocciola impegnati ad osservare avidamente tutto ciò che la circondava.
«Accidenti, quanti feriti?» domandò Draco, leggendo il rapporto su una zuffa da ubriachi tra Maghi del Galles e un gruppo di Babbani, che però erano stati opportunamente obliviati.
Harry fece una smorfia, prendendo la mano della figlia per impedirle di scappare via, come ultimamente faceva spesso (e quell'ultimamente durava dal momento in cui era nata, d'altra parte), mentre si sistemava gli occhiali sul naso.
«Cinque. Per quanto mi riguarda li avrei lasciati a curarsi da soli, ma sai, uno è un lontano parente di Kingsley e quindi ritengono che una tua visita sia d'obbligo, al fine di sistemare definitivamente la faccenda.»
Draco Malfoy annuì, comprendendo come in fin dei conti la parentela con il Ministro della Magia rendesse ogni cosa più complicata.
«E quando credi dovrei andare?» cominciò a chiedere, firmando le carte portate dal Grifondoro, e iniziando a discutere con lui i dettagli della missione.
Attraendo così tanto l'attenzione di Harry Potter, da permettere alla piccola Lily Luna Potter di uscire indisturbata dallo studio, aprendo la porta di vetro appena socchiusa di fronte allo studio di Draco Malfoy, e venendo condotta attraverso un breve corridoio ad un'altra stanza.
Lily vi entrò piano, osservando rapita le foto alle pareti di quello che sembrava una specie di spogliatoio, a giudicare dai vestiti da Mago di Draco Malfoy appesi alla parete, un ricambio di lussuosi camici da lavoro e perfino qualche capo di abbigliamento babbano, in caso il lavoro prevedesse il contatto con persone senza poteri.
La piccola Potter riuscì a tirare giù dalla sedia dove era appoggiato uno dei camici da medimago e lo indossò fiera, con tanto di stetoscopio e guanti di protezione, opportunamente trovati nelle tasche della divisa.
Si vestì di fretta, ridendo di come quei capi fossero enormi per il suo piccolo corpo, e si rimirò allo specchio appeso alla parete, iniziando a ridere.
Immaginò di fare quello strano lavoro che aveva visto solo nei suoi libri colorati ed era proprio nel mezzo di una finta operazione, quando una voce confusa la interruppe.
«Cosa stai facendo con i vestiti di mio padre?»
Lily si girò, d'un tratto impaurita nell'essere stata colta sul fatto, cosa che ad onor del vero, i geni di Fred e George Weasley, uniti a quelli di James Potter, avevano reso incredibilmente difficile.
Un bambino poco più alto di lei, i capelli biondi spettinati e gli occhi grigio scuro puntati su di lei, la stava fissando, piegando le labbra in una smorfia a metà tra il sorriso e il fastidio.
Lily prese un profondo respiro, come quando si preparava ad affrontare James, ed esclamò sicura: «Assolutamente niente.»
L'altro annuì, un sorriso di scherno che ora incorniciava la sua espressione determinata.
«Ah. Quindi mi sono sbagliato, tu ti vesti normalmente così?» domandò, divertito.
Lily aprì la bocca per ribattere, ma il coraggio le venne meno quando capì che la tecnica del "negare tutto sempre e comunque" non avrebbe funzionato quella volta.
E in un secondo si rese conto di una cosa che, prima, le era parsa meno grave: suo padre non era lì.
Al contrario, con lei c'era quello strano bambino che, mentre la vedeva guardarsi attorno terrorizzata, cominciava a perdere il sorriso e iniziava ad agitarsi.
Il culmine venne raggiunto quando due grandi, gigantesche lacrime uscirono prepotentemente dagli occhi di Lily, e Scorpius capì di essere nei guai.
Certo, riflettendoci su non ci sarebbe stato nulla di male in quella situazione, se non fosse che lui, Scorpius Hyperion Malfoy, in quella stanza non ci sarebbe proprio dovuto entrare.
Si ricordava ancora vividamente il volto livido del padre, quando lo aveva scoperto mentre buttava via galeoni e galeoni di pozioni rimpolpasangue, armamentario da medimago e libri di medicina magica di altissimo livello, nel vano tentativo di assomigliargli.
Draco Malfoy era cambiato dopo la Guerra, e di certo non avrebbe mai raggiunto i livelli di severità estrema toccati dall'educazione di Lucius Malfoy; tuttavia non aveva esitato al raccomandare al figlio di stare ad almeno dieci metri da quella stanza, d'ora in avanti.
A meno che non avesse voluto aiutare il loro elfo domestico, Elias, nelle pulizie di Malfoy Manor fino alla maggiore età, ovviamente.
«Shh! Shh! Fai piano, calmati dai.» implorò alla bambina, che stava cominciando ad agitarsi mentre le lacrime sgorgavano lunghe le sue guance piene di efelidi.
«Dai, non piangere. Come ti chiami? Dove sono i tuoi genitori?» domandò allora Scorpius, avvicinandosi a Lily, sperando di riuscire a rintracciarli ed uscire di lì prima che suo padre lo scoprisse.
La piccola Potter però, vinta dalla paura, non riusciva ad emettere che suoni senza senso, troppo impegnata a tenere a bada il groppo che le stava avvinghiando la gola.
«Lil...mio pa...e io...» continuava a sussurrare, tra un singhiozzo e l'altro.
Scorpius imprecò a bassa voce, pregando che suo padre non avesse sentito nemmeno quello, e decise che doveva calmarla, a qualunque costo.
Le prese le mani nelle sue e cercò di sorridere in modo rincuorante, mentre le asciugava le lacrime dal viso.
«Hey dai, calmati. Ci sono io, non sei sola. Allora, riesci a dirmi quanti anni hai?» le chiese, annuendo felice quando lei, un po' tranquillizzata – o almeno con il colorito del viso più vicino al rosa che al viola, come prima -, gli mostrò tutte e cinque le dita della mano destra.
«Cinque! Wow, allora sei una donna ormai!» esclamò Scorpius, mostrando già quelle doti da affabulatore che avrebbe saputo coltivare con maestria, una volta cresciuto.
Lily arrossì per il complimento, e accennò un timido sorriso, sebbene l'ansia le impedisse ancora di parlare.
«Io ho sette anni. Hey, che ne dici se usciamo di qui insieme e andiamo a cercare i tuoi genitori?» le domandò, prendendole la mano di poco più piccola della sua e sistemando in fretta le cose che la bambina aveva toccato.
Lily annuì e Scorpius sorrise suo malgrado, sentendo la stretta forte e sicura di lei.
Uscirono dalla porta e ripercorsero il corridoio, fino all'ufficio del padre di lui, però orrendamente vuoto.
Scorpius soppesò l'idea di far chiamare Draco, ma non avrebbe saputo come spiegargli perché lui fosse di nuovo entrato nel suo studio privato, e allora decise di uscire nei corridoi dell'Ospedale, pregando che qualcuno la riconoscesse.
E così iniziarono a vagare per i piani del San Mungo, mano nella mano.
Scorpius conosceva ormai ogni mattone dell'enorme edificio, e si sorprese a trovare un modo per distrarre la piccola ogni qualvolta lei desse cenno di cedere alle lacrime.
«Guarda! A quel tipo è cresciuto un tentacolo al posto del naso, chissà che male!»
«Sai, in questa stanza una volta ho incontrato una donna che voleva cantare come un canarino, e alla fine si era trasformata i capelli in piume gialle. Faceva morire dal ridere!»
«Mio papà è il dottore più bravo di tutti qui. L'ho visto curare perfino un bambino a cui erano cadute le orecchie, mentre giocava con la bacchetta del padre. La cosa più difficile in realtà è stata fargli dire il suo nome: poverino, non sentiva assolutamente nulla!»
Scorpius continuò a farla ridere, scoprendo che la sua risata riusciva a scaldargli il petto come il fuoco del camino di Malfoy Manor, durante una notte d'inverno.
E Lily non si accorse del tempo che passava, mentre gli occhi gonfi per le lacrime di poco prima si aprivano stupiti, ad ogni nuova storia del bambino che le stringeva la mano.
«E qui ieri c'era un tipo con un ombrello infilato nel...»
«LILY!»
Scorpius si interruppe all'improvviso, quando sentì l'urlo disperato che proveniva dalle loro spalle.
Si voltò e nel momento stesso in cui la bambina, Lily, incrociò lo sguardo del signore con i capelli mori tutti spettinati, gli lasciò andare la mano e gli corse tra le braccia.
Il piccolo Malfoy stava per andarsene, quando vide il padre raggiungere i due che ora si stavano abbracciando.
«SCORP! Vieni qui!» gli urlò Draco, guardandolo confuso.
Scorpius respirò a pieni polmoni, e iniziò a tremare quando comprese chi effettivamente aveva davanti: bastò uno sguardo più da vicino per localizzare la cicatrice a forma di saetta sulla fronte dell'uomo.
Harry Potter.
Scorpius aveva sentito tante storie su di lui, ma aveva anche captato una paura antica negli occhi del padre, mentre gliele raccontava sdraiati sul suo letto.
E l'aveva visto nascondere il segno nero che spiccava maligno sulla pelle pallida dell' avambraccio sinistro.
Aveva sempre immaginato Harry Potter come un uomo cattivo, insomma, doveva essere cattivo, se faceva sentire male il suo papà, no?
Eppure, guardandolo di sfuggita a pochi passi di distanza, vide solo un padre felice di aver ritrovato la figlia tanto amata.
«Scorp, che è successo? Perché Lily era con te?» gli domandò il padre, verso il quale si era ora concentrata completamente la sua attenzione.
«Io... io l'ho trovata che...» iniziò a spiegare, incespicando nel discorso mentre cercava di non tradirsi di fronte a Draco e nascondere la sua malefatta.
«Lui mi ha aiutato.»
Tutti e tre i maschi si voltarono verso la vocina femminile che proveniva dalle braccia di Harry Potter, dove era tenuta stretta e al sicuro.
«Mi ero persa perché ero andata in giro, e lui mi ha aiutato. Mi ha fatto ridere, è divertente! Scusa se sono uscita senza di te, papà.» finì Lily, ingigantendo con la dolcezza gli occhi nocciola nel tentativo di mitigare la rabbia di Harry Potter.
Quest'ultimo la guardò serio, prima di alzare le spalle, vinto ancora una volta dall'amore per la sua piccolina, e aprendosi in un sorriso.
Baciò Lily sulla fronte e allungò la mano verso Scorpius, che la strinse inebetito solo dopo aver controllato cosa stesse facendo il padre: sorrideva anche lui.
«Bravo Scorp, sono fiero di te.» lo elogiò Draco subito dopo, arruffandogli i capelli con affetto.
«Credo sia ora che andiate, Potter. Immagino che la Weasley vorrà la tua testa, per questo ritardo.» disse Draco, sorridendo divertito mentre Harry sbiancava, una volta vista l'ora sull'orologio legato al polso.
«Per Godric, Lily, questa volta credo ti ritroverai senza padre. O senza madre, dipende da cosa hanno combinato i tuoi fratelli nella nostra assenza.» mormorò Harry Potter, sistemando frettolosamente le carte che aveva appoggiato al bancone mentre teneva ancora in braccio la figlia, determinato a non perderla d'occhio.
«Grazie Scorpius, grazie davvero.» aggiunse una volta pronto a recarsi all'uscita, sorridendo all'indirizzo del bambino che gli sorrise di rimando.
Harry Potter si diresse a passo veloce verso il punto più vicino per smaterializzarsi, mentre Draco Malfoy prestò attenzione alle richieste di un'infermiera, riguardo al trattamento di un paziente.
Nessuno dei due notò Lily che, sopra la spalla del padre, scoccò un bacio nella direzione di Scorpius.
O Scorpius che, stupito, arrossì violentemente, accentuando il suo imbarazzo una volta sentita la risata della bambina, poco prima che sparisse nei corridoi del San Mungo.
«Lily.» sussurrò appena il bambino, prima di voltarsi verso il padre che lo stava chiamando, e continuando a pensare a quell'incontro per tutto il resto della giornata, la risata di Lily ancora nelle orecchie che gli riscaldava il cuore.
STAI LEGGENDO
Paper Walls
FanfictionScorpius Hyperion Malfoy avrebbe dovuto stare alla larga da Lily Luna Potter. Era nel corso degli eventi che le loro vite scorressero lontane l'una dall'altra. Eppure, lui non riusciva a dimenticare la stretta della mano di quella bambina dai capell...