Capitolo 13

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Il cimitero era come al solito dominato da un surreale silenzio, rotto soltanto dai cinguettii dei pochi volatili che non si fossero ancora dichiarati sconfitti di fronte alla morsa sempre più tagliente del freddo dell'autunno inoltrato.
Harry guardò assorto il paesaggio che lo circondava, sospirando pensieroso.
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte."
«Hey.»
Hermione gli si accostò, stringendogli la mano coperta dai guanti leggeri, e rispondendo al sorriso che l'altro le aveva rivolto.
«Grazie per essere venuta.»
Harry lo sussurrò delicatamente, e l'altra gli strinse un po' più forte la mano, accarezzandogli il dorso con il pollice.
«Sai che non mancherei mai.» disse piano Hermione, gli occhi leggermente lucidi.
«Ci pensi? Sono già passati ventisei anni da quando siamo stati qui la prima volta.»
Harry parlava con la voce calma, e la donna lo ascoltò senza proferir parola, la mente persa in ricordi di un tempo che sembrava appartenere ad una vita fa.
«Era Natale. Vorrei dire che sia stato il Natale peggiore della mia vita, ma devo ammettere che anche quelli degli anni prima di Hogwarts non scherzavano.» concluse Harry sorridendo divertito, ed Hermione si lasciò sfuggire una risata leggera.
Harry guardò con affetto le due lapidi di marmo bianco di fronte a lui, come ogni Halloween.
«Avrebbero avuto sessantatré anni.»
La voce triste dell'uomo si perse nel silenzio assoluto del luogo: ormai anche gli uccelli più temerari avevano spiegato le ali, abbandonando quel luogo in cerca di maggiore calore.
Eppure, Harry si sentì di dire che, nonostante tutto, a lui il calore in quel momento non mancava.
La mano di Hermione intrecciata nella sua gli ricordava tutto l'amore che aveva ricevuto in quella vita, e che ogni giorno gli dava la forza di andare avanti.
Ginny in primis, col sorriso contagioso e le braccia amorevoli che continuavano ad essere il suo luogo preferito al mondo.
Hermione e Ron, la prima famiglia che avesse mai avuto, e che non l'aveva mai lasciato, affrontando con lui ogni sfida possibile.
E James, Al, Lily, che erano la luce dei suoi occhi, ognuno un pezzo di sé così simile eppure così diverso da sé stesso.
Lily. James.
«Avevano solo ventun anni.»
Le parole uscirono lentamente dalle labbra ormai infreddolite di Harry, ed Hermione non riuscì a trattenere un piccolo singulto.
Harry si voltò verso di lei, sorridendo tristemente.
«Piangi ogni anno. Ron prima o poi mi picchierà.» sussurrò dolcemente l'uomo, asciugando le piccole lacrime che si erano formate negli occhi di Hermione.
La donna si arrese a una risata, e Harry si unì a lei.
«Mi dispiace costringerti a venire da loro ogni anno, semmai non volessi più farlo io capirei, dimmelo e...»
«Harry, non l'hai ancora capito? Io starò sempre al tuo fianco, finché ne avrai bisogno e anche dopo quel momento, probabilmente.»
Harry le sorrise, abbracciandola come quando erano ragazzi, da soli, in lotta contro un mondo oscuro. Entrambi consci di non essere più stati figli unici da quando si erano trovati, stringendo un legame indissolubile che non sarebbe mai cambiato.
«Credo sia ora di andare, altrimenti Ginny e Ron ci daranno per dispersi.» commentò infine l'ex Grifondoro, estraendo dal cappotto la bacchetta di fenice.
Con un sinuoso movimento creò un piccolo cerchio di rose bianche, come quello che Hermione aveva donato loro molti anni prima.
«Ciao mamma, ciao papà. Vi voglio bene. Grazie.» sussurrò piano, con gli occhi lucidi, prima di avviarsi verso l'uscita del cimitero di Godric's Hollow, ancora per mano con Hermione.
Quando si smaterializzò, sentì il familiare nodo allo stomaco che la magia gli causava, ma si sorprese a sorridere alle due lapidi lontane, che continuavano a brillare nella semi-oscurità.


Ginny Weasley guardò sovrappensiero fuori dalla finestra del salotto, aspettandosi di vedere il marito e la cognata nonché migliore amica apparire da un momento all'altro.
Era il 31 Ottobre 2023 e, come ogni anno, Harry si era recato al cimitero di Godric's Hollow per salutare i genitori, nell'anniversario della loro morte.
Ginny sapeva che Harry chiedeva sempre ad Hermione di accompagnarlo, e non si era mai sentita gelosa, o preoccupata.
Sapeva che quello era un momento dei due amici sin da quando erano giovani, e rispettava il dolore del marito senza fatica.
Da quando si erano innamorati, Harry aveva condiviso tanto con lei, molto più che con qualsiasi altra persona, e lasciargli quel momento di intimità con Hermione non le era mai pesato.
A volte aveva percepito Ron leggermente infastidito, quasi come se fosse un modo di escluderlo, ma Ginny si era sempre divertita a pensare che nonostante gli anni passassero, suo fratello ogni tanto sapeva ancora sfoggiare lo spettro emotivo di un cucchiaino.
Proprio mentre rideva tra sé e sé per quelle considerazioni, Harry ed Hermione comparvero fuori dal cancello di casa, sciogliendo le mani e sorridendosi a vicenda.
«Ron! Sono arrivati!» chiamò Ginny, sentendo il fratello scendere dallo studio di Harry, dove nel frattempo si era dilettato guardando i vecchi album di foto.
«Ginny! Ne ho trovate di davvero belle, non vedo l'ora di farvele vedere.» esclamò il rosso, con gli occhi che brillavano.
Ginny annuì felice, sistemando la baguette tagliata a fette in tavola e versando del vino elfico nei quattro bicchieri di cristallo disposti a tavola.
«Siamo qui! Scusate il ritardo.» disse Harry, entrando in cucina.
Baciò la moglie con dolcezza e abbracciò il migliore amico, che si era seduto al suo posto con le mani piene di fotografie magiche.
«Merlino Ginny, sembra tutto delizioso!» si congratulò Hermione, abbracciando la donna e sedendosi al fianco del marito.
Ginny passò ad ognuno diverse ciotole, contenenti varie creme da spalmare sul pane caldo al centro della tavola.
«Roxanne mi ha passato qualche ricetta davvero interessante, e non ho saputo resistere.» commentò poi, prendendo posto accanto ad Harry, il quale si era sistemato a capotavola.
L'uomo le sorrise incantato, e senza che lei lo sospettasse gli scaldò il petto con il calore che aveva avvertito poco prima al cimitero.
«Grazie Gin, è tutto stupendo. Vorrei proporre un brindisi.» annunciò Harry, sollevando in alto il suo calice e venendo imitato dagli altri.
«A mamma e papà, Lily e James Potter, che si sono sacrificati affinché io potessi godermi oggi tutto l'amore di cui sono circondato. E a Fred, Sirius, Remus, Ninfadora, Silente, Severus, Dobby e tutti gli altri eroi, che hanno dato la loro vita per costruire il futuro che stiamo vivendo. Non verranno mai dimenticati.»
«Non verranno mai dimenticati.» gli fecero coro gli altri, visibilmente emozionati.
Dopo quella parentesi di nostalgia, Ron iniziò a mostrare agli altri le foto che aveva trovato, per diffondere un altro tipo di lacrime.
«Oh mio dio, Harry, guarda qui! James è mai stato davvero così piccolo?» esclamò Ginny adorante, stringendo tra le mani una fotografia di James a pochi mesi, stretto tra le braccia di Harry.
Il piccolo furfante stava sorridendo estasiato al padre, mentre un bambino di sette anni lo osservava curioso da dietro le gambe di Harry.
I capelli del Teddy nella foto cambiavano colore, passando a intermittenza da corvini, come Harry, a rosso fuoco marchio Weasley.
«Ginny! Guarda!» esclamò Hermione, passandole una foto.
Ritraeva Ginny sul letto dell'ospedale, mentre stringeva a sé Lily neonata.
Ai piedi del letto, Rose di appena due anni batteva divertita le mani, mentre i quasi coetanei Albus e James si spintonavano per buttarsi giù dal letto, sorretti provvidenzialmente da Ron e nonno Arthur.
Ginny quasi si commosse, perdendosi nello sguardo addormentato di quello scricciolo dai capelli rosso rubino che ora aveva già quindici anni.
«Merlino, quando sono cresciuti così in fretta?» domandò pensieroso Ron, tra un crostino e l'altro.
Harry notò che stava guardando un Ron ventiseienne accarezzare innamorato il pancione di Hermione, evidentemente vicina alla fine della prima gravidanza.
«Non lo so, ma vorrei tanto che rallentassero.» sospirò Harry, sfogliando l'album che aveva in mano.
Non era ancora riuscito a capire cosa non andasse in James, e il pensiero che anche gli altri due figli stessero soffrendo, probabilmente a causa di un litigio tra di loro, gli strinse lo stomaco in una morsa dolorosa.
Le risate scaturite dopo il ritrovamento di una foto in cui Ron esibiva un improbabile vestito prémaman - «Hermione sosteneva che non fossero comodi, e quello era l'unico modo per farle cambiare idea!» - vennero interrotte da un ticchettio proveniente dalla finestra della cucina.
Harry andò ad aprire ad un gufo grigio fumo, evidentemente del Ministero, e gli altri attesero in silenzio che leggesse la missiva.
E lui la lesse.
Per ben tre volte.
«Harry, mi sto agitando. Che succede?» domandò Ginny, mentre Ron si avvicinava al suo migliore amico, pensando potesse trattarsi di problemi al reparto Auror.
Quando anche lui però ebbe scorso il messaggio, trattenne il fiato, mettendo una mano sulla spalla del migliore amico.
«Ginny, mi sa che il tuo ottimo brunch dovrà attendere.» disse piano, guadagnandosi uno sguardo confuso e vagamente infastidito dalla sorella e dalla moglie.
Harry chiuse la lettera, sospirando ansioso.
«Dobbiamo andare ad Hogwarts. Immediatamente

***

Il giardino di Hogwarts era visibilmente in subbuglio, con professori che cercavano di mantenere la calma e studenti di ogni scuola che cercavano rifugio dietro agli insegnanti, o si dirigevano verso il Castello, sfidando la fiumana di gente.
«Malfoy, seguimi per favore. Tuo padre è qui e ha urgente bisogno di parlarti.»
La voce di James Potter riscosse Scorpius ed Ethan dalla paralisi che li aveva sopraffatti, incapaci di comprendere cosa stesse succedendo allo Stadio.
Ethan fece per seguire l'amico, ma uno sguardo fermo dell'ex-Grifondoro lo bloccò subito.
«Vai a cercare Sele, ci rivediamo in Sala Comune non appena è tutto finito.» gli disse velocemente Scorpius, prima di seguire James nei meandri del Castello.
Scorpius si ritrovò a camminare in silenzio nei meandri della Scuola, la bocca e la mente vuote di parole.
Non riuscì nemmeno a chiedere informazioni al maggiore dei Potter, che d'altra parte continuava a fargli strada con un'espressione autoritaria e - se lo immaginava lui? - preoccupata.
Quando però James imboccò un corridoio che conduceva ad un'uscita nei pressi dello Stadio, Scorpius si destò dai suoi pensieri e lo affiancò per parlargli.
«Dove stiamo andando? Mi vuoi dire che cosa succede?»
James per tutta risposta gli indicò di entrare negli spogliatoi del Campo di Quidditch, e il Serpeverde, seguendo lo sguardo dell'altro che sorvolava la parete dello Stadio di fronte a loro, notò una cosa che lo confuse ancora di più: le fiamme si erano completamente spente.
Oltretutto, l'esterno della costruzione era assolutamente incolume, il legno intatto e nell'aria non vi era neanche il più leggero accenno all'odore di bruciato.
E allora Scorpius capì, e varcando la soglia degli spogliatoi, non si stupì di chi si ritrovò di fronte.
La professoressa McGranitt, Karkaroff, Madame Maxime e gli altri Campioni Tremaghi erano stipati nello spogliatoio dei Grifondoro, che per l'occasione era stato magicamente ampliato.
Scorpius si accorse, leggermente sollevato, che gli occhi degli altri Campioni gli restituirono le sensazioni che suppose fossero ben leggibili anche nel suo: ansia e incapacità di immaginare cosa li avrebbe attesi.
Il Serpeverde si avvicinò ad Albus, e notò come James, non più così arrogante come suo solito, stesse fissando preoccupato il fratello minore, dal lato della stanza dove si erano sistemati altre persone che Scorpius suppose essere Auror e rappresentanti del Ministero.
«Scorp!»
La voce che lo chiamò dal corridoio però lo stupì non poco: dopo pochi secondi infatti, Draco Malfoy entrò nella stanza, e andò ad abbracciare suo figlio senza preoccuparsi degli altri.
Il Serpeverde non seppe cosa pensare, dato che quello era il primo gesto di affetto in pubblico che il padre gli rivolgeva da che aveva compiuto quattordici anni, ma non si vergognò di ammettere il piacere che il contatto gli procurò.
Alcuni istanti dopo, anche Harry Potter, in qualità di Capo Auror, fece la sua comparsa, e come Draco si fiondò subito a salutare il figlio, con un sorriso che sicuramente cercava di infondergli un po' di coraggio.
«Bene, ci siamo tutti. Vi presento il Dottor Malfoy, Primago Capo dell'Ospedale San Mungo. Si è offerto volontariamente di assistere Madama Chips oggi, mettendo a disposizione le sue ottime credenziali.» commentò la professoressa McGranitt, mentre l'uomo in questione si stava distaccando dal figlio, raggiungendo l'area degli Auror, insieme ad Harry Potter.
Quest'ultimo fece un segno a James, che gli si mise accanto, e appoggiò con dolcezza una mano sulla spalla del figlio,
Scorpius lanciò uno sguardò di sfuggita ad Albus, che sembrava essersi leggermente ripreso, e sfoggiava sul viso un'espressione concentrata.
«Come penso abbiate capito tutti ormai, abbiamo deciso di anticipare la Prima Prova del Torneo Tremaghi ad oggi. Perché? Perché i Campioni Tremaghi devono essere sempre pronti ad affrontare nuove sfide, e proprio in questo momento gli studenti delle tre scuole si stanno accomodando sugli spalti, ansiosi di vedere come supererete gli ostacoli che vi troverete di fronte.»
Scorpius strinse inconsciamente la bacchetta che teneva nei jeans, e questa gli restituì delle piccole scintille verde smeraldo.
Immaginò Ethan e Selene sedersi in silenzio, mano nella mano, entrambi con gli occhi puntati sul Campo, nella trepidante attesa di vederlo esibirsi.
Per un secondo la sua mente si soffermò sull'idea di Lily, ancorata al suo posto e con quel cipiglio nervoso che lui aveva imparato a memoria, nelle ultime settimane.
Avrebbe urlato il suo nome? Il suo cuore avrebbe perso un battito, nel vederlo in pericolo? O si sarebbe focalizzata unicamente sulla sorte del fratello maggiore?
«Le fiamme che avete visto dal Parco erano finte, sì, ma quelle che incontrerete lì dentro non lo saranno.» li ammonì Harry Potter, osservando ognuno di loro con attenzione.
«Ogni coppia fronteggerà a turno ciò che vi aspetta lì dentro, ma non sarete soli. Ricordatevi che non ci saranno solo nemici: il vostro compagno sarà lì per supportarvi e si aspetterà che voi facciate lo stesso. Credetemi, la collaborazione sarà l'unica cosa che vi impedirà di fallire, e vi risparmierà qualche giorno in Infermeria.» disse calmo uno degli Auror più anziani, che Scorpius riconobbe come Leroy Adamant.
Il viso pieno di cicatrici lo rese se possibile ancor più autoritario, e Scorpius si ritrovò a guardare Albus nello stesso momento in cui l'altro si era girato verso di lui.
Si fecero un cenno all'unisono, pronti a contare sull'altro, nonostante tutto.
«Il vostro obbiettivo...» continuò Harry Potter, muovendo velocemente la bacchetta «...sarà recuperare questo.»
Nelle mani del Capo Auror comparve un uovo, grande come quelli di cioccolato che i Babbani si divertivano a mangiare il giorno di Pasqua. Tutti rimasero in silenzio, incantati dalla magnificenza di quell'oggetto: esso infatti non era un semplice uovo. I colori che lo ricoprivano erano in continuo movimento, disegnando sottili linee colorate sul guscio, alternando nuvole di arancione a volute rosa, con qualche scintilla gialla celata da una leggera nebbia verde menta.
Ognuno dei Campioni si ritrovò ad avvicinarsi lentamente all'uovo, e quando Harry Potter lo fece sparire, i ragazzi si guardarono confusi, come se non si fossero nemmeno accorti di essersi mossi.
«Come avete appena constatato, il potere di quest'oggetto non è racchiuso solo nella meravigliosa colorazione.» disse enigmatica la professoressa McGranitt.
Scorpius sentì una sensazione strana in testa, ed ebbe l'impressione di aver già visto quell'uovo in passato.
Quando Harry Potter riprese la parola però, accantonò quell'idea per concentrarsi sulle sue parole, sentendola comunque rimanere in sottofondo come un fastidioso ronzio.
«Soltanto uno per coppia però avrà la possibilità di tenere la propria bacchetta. Scegliete attentamente chi lo farà, e non temete: anche l'altra persona avrà il suo da fare.»
Scorpius ed Albus si guardarono pensierosi, e fu il Grifondoro a prendere la parola.
«Tienila tu, Malfoy»
Il Serpeverde non riuscì ad impedire alle sue labbra di arricciarsi in un ghigno divertito, mentre lo provocava sibillino: «La prendo come una plateale e pubblica ammissione della mia supremazia con la magia e con, beh, tutti i tipi di bacchetta, eh Potter?»
L'altro sbuffò, infastidito dalla solita arroganza del biondo.
«Io ti suggerirei di intenderla come la consapevolezza che tra noi due sono di sicuro il miglior Cercatore, e i miei riflessi perfetti sapranno compensare la mancanza della bacchetta. Nel tuo caso invece, non potrei dire lo stesso.»
Scorpius allargò la smorfia, ma quando comunicarono alla McGranitt la loro decisione, entrambi si sentirono tranquilli delle capacità della propria squadra. Per quanto anche Albus fosse abile negli incantesimi, Scorpius avrebbe saputo reagire con maggiore prontezza sotto pressione, e i riflessi fisici invidiabili del Grifondoro si sarebbero rivelati un aiuto altrettanto indispensabile.
«Molto bene. L'uovo che conquisterete vi fornirà un indizio essenziale per lo svolgimento della prossima prova. Ora estrarremo casualmente i nomi delle coppie, per decidere l'ordine in cui verrà svolta la Prova.» disse calma la McGranitt, procedendo con l'estrazione.
Albus e Scorpius si guardarono nello stesso momento, e respirarono a fondo, quasi fosse l'ultima aria che avrebbero avuto l'occasione di trovare per il resto della loro vita.
«Paura, Potter?» domandò divertito Scorpius, le labbra arricciate in un ghigno da vero Serpeverde.
Albus piegò le labbra in una smorfia sarcastica, ignaro che il padre e Draco Malfoy li stessero ascoltando, divertiti da un déjà-vu che i figli non avrebbero potuto sospettare.
«Ti piacerebbe.»

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