Capitolo 16

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«Che diavolo ci fai tu qui?»
La voce di Scorpius era un misto di emozioni, dalla sorpresa alla rabbia, fino alla delusione. Neppure lui sapeva cosa avrebbe dovuto provare, ma gli avvenimenti appena accaduti erano stati talmente fulminei da lasciarlo completamente senza fiato.
Dopo avergli coperto gli occhi con le mani, Zoe gli aveva sussurrato di indovinare chi fosse, e ancor prima di alzarsi, Scorpius aveva temuto di sapere la risposta.
Lei lo aveva baciato dolcemente sulle labbra prima ancora che lui potesse dire qualsiasi cosa, e non appena i loro corpi si furono separati, lui aveva afferrato la mano di lei e si era allontanato dalla festa quasi correndo.
In quel momento si trovavano in un angolo del giardino della Tana, e il Serpeverde stava facendo di tutto per non guardarla negli occhi.
«Sono tornata, e volevo farvi una sorpresa. Volevo farti una sorpresa.»
Zoe lo stava fissando negli occhi, lui lo sentiva dai brividi che gli correvano sulla pelle, e bastò far saettare lo sguardo sul suo viso per accorgersi con orrore di un'ineluttabile realtà: nonostante tutto, quegli occhi azzurri continuavano a fargli perdere un battito.
Cercò con tutto sé stesso di non farle sospettare quanto profondamente riuscisse ancora a scuoterlo, e ghignò beffardo.
«Un anno di silenzio e all'improvviso vuoi farmi una sorpresa? Va' a quel paese, io non voglio più saperne niente di te. Non voglio più vederti in vita mia
Scorpius si era incamminato per tornare dov'era la festa, ma la voce di lei lo bloccò di nuovo.
«Non sono qui in vacanza. Da domani tornerò ad Hogwarts, per finire l'ultimo anno. Quindi credo sarà inevitabile rivederci, Scorp
Quando si voltò, il Serpeverde trattenne l'impulso di urlare di frustrazione.
Qualche invitato passò loro accanto, scoccando sguardi di evidente apprezzamento nei confronti della ragazza.
Zoe indossava un vestito senza spalline completamente nero, salvo per la gonna lunga che, verso la fine, era adornata di lucenti brillantini come fosse il cielo di una notte d'inverno. I capelli erano stati lasciati sciolti, perché nonostante gli anni trascorsi, lei non aveva mai imparato ad acconciarli in modo elegante.
E un tempo lui aveva amato prenderla in giro per questo.
Le labbra piene erano completamente prive di trucco, e il biondo si odiò quando il suo sguardo vi si posò sopra, facendolo perdere per qualche secondo in frammenti di un passato che bruciava come una ferita aperta.

«E' il mio primo bacio.»
Aveva sorriso imbarazzato, e lei gli aveva accarezzato la guancia, non distogliendo mai lo sguardo.
«Anche il mio.»
Il suo giovane cuore di quattordicenne aveva cominciato a pulsare quasi dolorosamente, vinto da un'euforia incredibile.
«Non ci credo. Tu? Mai baciata da nessuno?»
L'aveva detto più beffardamente di quanto volesse, ma lei aveva capito.
Lei aveva sempre capito.
Gli si era avvicinata, una risata muta sulle labbra naturalmente piene e screpolate.
«Non è colpa mia se non vieni mai a trovarmi in Germania, Scorp.»

Scorpius si ridestò dai quei ricordi funesti, e la fissò con una smorfia di rabbia trattenuta a stento.
Zoe però non arretrò di un passo, conscia che se gli avesse permesso di allontanarla non avrebbe mai avuto altra occasione di parlargli.
«La torre dei Corvonero è parecchio distante dai Sotterranei, credo che non sarà un problema trovare un modo per evitarti.» sputò adirato lui, con un ghigno prepotente dipinto in volto.
«È vero, non avresti problemi ad evitarmi, se davvero lo volessi... ma non lo farai.»
Scorpius sgranò gli occhi in uno spontaneo moto di sorpresa, preso alla sprovvista dalla fermezza con cui lei gli si rivolgeva.
«Non lo farai...» continuò Zoe, avvicinandosi cautamente al biondo, le labbra strette e gli occhi fissi in quelli grigi di lui.
«...perché sai come me che noi due ci attraiamo sempre come calamite. Ho fatto un errore, lo so...»
«Tu mi hai abbandonato!» la interruppe Scorpius, urlando ad alta voce l'accusa che gli stava graffiando il petto come un animale inferocito. Che l'aveva dilaniato per un anno intero.
Gli occhi azzurri di Zoe diventarono lucidi e la voce iniziò a tremare, ma non per questo lei arrestò i suoi passi verso il ragazzo.
«Ho dovuto farlo. Quando...quando lei è...quando mia madre è morta, io non potevo restare. Lo sai, sai quanto fossi distrutta, quanto ogni cosa qui mi ricordasse lei! Avevo bisogno di fuggire, di andare in un posto lontano per darmi il tempo di guarire, di ricominciare a respirare.»
Scorpius sorrise amaramente, lanciando uno sguardo in direzione dei tavoli lontani: qualcuno doveva aver detto qualcosa di molto divertente, perché gran parte degli ospiti era scoppiata in una sonora risata.
«Non puoi odiarmi per aver avuto bisogno di spazio. Avevo dodici anni e avevo appena visto seppellire mia madre!»
Le parole di Zoe erano aspre, ma anche velate di qualcosa che Scorpius fece fatica a sopportare: la supplica di un perdono.
«Anche Ethan aveva dodici anni. Credi che sia stato semplice per lui? Credi che io e Selene abbiamo fatto i salti di gioia? Ethan aveva bisogno di te. E tu avevi bisogno di lui.»
Zoe distolse lo sguardo di ghiaccio dagli occhi grigi di lui, che ora la squadravano, famelici e desiderosi di assaporare un confronto che lei gli aveva negato a lungo.
«Sono stata un'egoista, forse è vero. Ma ormai il tempo è passato ed Ethan mi sembra in gran forma, anzi, ancora meglio: finalmente è riuscito a capire che Selene è sempre stata la donna giusta per lui.»
Le labbra di Scorpius si piegarono in una smorfia irritata, e si scoprì geloso del merito per la neonata relazione tra i due migliori amici. O meglio, della gioia che essa aveva sprigionato. Ethan stava iniziando a stare meglio, a vivere distaccandosi dal passato e lei non aveva alcun diritto di condividere con loro quel suo momento di felicità.
«Ethan aveva bisogno di Selene. E io avevo bisogno di te.»
Alle parole di Zoe il Serpeverde accennò una risata di scherno, ma non riuscì ad ignorare le fusa roche che sembrarono vibrargli nel petto. L'animale inferocito che aveva nascosto per anni ora sembrava essersi calmato, e Scorpius fremette al pensiero che potesse davvero essere così facile per lei tornare nella sua vita.
Scorpius rabbrividì al pensiero che potesse essere una parte di lui a rivolerla, in fondo.
«Tu mi hai avuto, sei stata la prima ad avermi. E ti è bastata una notte per buttarmi via.» sputò lui, più ferito che arrabbiato.
Il ricordo del vuoto accanto a sé, dopo essersi svegliati in quel meraviglioso hotel, per la prima volta insieme.
Del vuoto dentro di sé, che sembrava impedirgli di respirare.
«Non l'ho saputo gestire, tu che eri lì e io...» iniziò lei, ma il biondo la interruppe bruscamente, dando voce a recriminazioni che scoprì riuscivano a scivolargli facili sulla punta della lingua.
«Ti faccio un riassunto dal mio punto di vista, vuoi? Perché sembra così facile perdonare la storia dove tu sei la vittima, ma se invece esplorassimo la mia? Quella dove sei sempre stata la carnefice?»
Prima che Zoe potesse obbiettare, Scorpius aveva già cominciato a parlare sommessamente, camminando avanti e indietro di fronte alla ragazza, con un sorriso sarcastico stampato in volto.
«Ti conosco il primo giorno ad Hogwarts, insieme ad Ethan e Selene. Diventiamo amici inseparabili, noi quattro contro il mondo. Poi, la tragedia. Ethan piomba in un limbo di sofferenza e autodistruzione, e la persona che meglio lo conosceva al mondo, scappa. La sua gemella, sangue del suo sangue. La sua migliore amica.»
Ogni parola del discorso del Serpeverde era intrisa di emozioni diverse, e Scorpius prestò particolare attenzione a rendere ancor più avvincente il racconto con silenzi e cambi di tonalità.
Zoe era diventata passiva spettatrice degli ultimi sette anni, e lui sorrise tronfio, al pensiero che forse, per una volta, sarebbe stata lei quella a scoppiare in lacrime da sola, di notte.
«Nessuna lettera, nessun biglietto. Sei perfino rimasta lì per ogni festa fino al nostro quarto anno, e fu come se tu non fossi mai esistita. Poi, d'improvviso, mi scrivi. Inizi con una missiva quasi insignificante, e io sapevo che avrei dovuto bruciarla. Ethan ti odiava, e io avrei dovuto fare lo stesso. Ma non lo feci, perché sono sempre stato troppo buono e in fondo avevo iniziato a sperare che le cose potessero tornare come prima. Che idiota.»
«Così abbiamo iniziato una corrispondenza segreta, della quale all'epoca non sapeva nemmeno Selene, figuriamoci Ethan. E settimana dopo settimana, pagina dopo pagina, ho commesso l'errore peggiore che potessi fare: ho iniziato ad innamorarmi di te.»
Le ultime sei parole furono sussurrate piano, quasi come se fossero troppo fragili per sopportare qualcosa di diverso di un'estrema dolcezza nel pronunciarle.
Lo sguardo di Scorpius però, quello rimase duro come la pietra, e Zoe trattenne brevemente il fiato, l'aria sempre più carica di rimorsi vecchi di anni.
«Abbiamo continuato così e io non ho mai voluto spingerti a fare qualcosa che ti mettesse a disagio. Alla fine, dopo un anno e mezzo di promesse impresse su pergamene, l'invito. Il tuo sedicesimo compleanno, e tu volevi passarlo con me. Dopo la festa con Ethan sono partito con una Passaporta, con la complicità ottenuta a fatica da mia madre.»
Scorpius dovette fare una pausa per calmarsi, poiché l'idea che perfino Astoria all'epoca fosse stata coinvolta in quella messinscena gli faceva venire la nausea.
Era arrivato a litigare con Astoria, per lei.
«E poi via, verso Berlino. Una serata che sembrava solo nostra, noi due contro il mondo, com'era giusto che fosse. E quella notte. La mia prima notte, la nostra prima notte e, speravo ingenuamente, solo la prima di molte altre.»
Quella confessione cominciò a pesare come un macigno, e lo sforzo di rivangare dolori che stavano finalmente iniziano a cicatrizzarsi gli fece sentire di essere esausto, completamente svuotato di ogni energia.
«E poi te ne sei andata, come se non fossi mai esistita. Nessun biglietto, nessuna scusa. Mi hai lasciato solo in quella suite d'Hotel pagata da mia madre, coi cuscini che sapevano ancora del tuo odore e la certezza che non saresti mai più tornata. Non credo davvero di aver mai odiato nessuno più di te in vita mia, Zoe.»
Non seppero se fu il fatto che Scorpius aveva pronunciato il suo nome per la prima volta da quando avevano cominciato la conversazione, o la tristezza impressa in ogni angolo del viso del Serpeverde, ma lei ritrovò il coraggio di parlare.
Fu appena un sussurro, quasi come se temesse di spaventarlo come fosse un animale selvatico in procinto di fuggire.
«Ho fatto il più grande errore della mia vita. E non passa giorno, senza che io mi odi per questo.»
Scorpius scoppiò a ridere, di una risata però amara e senza gioia.
«Ethan aveva ragione, aveva sempre avuto ragione su di te. Sai solo scappare, sei soltanto una codarda senza cuore.»
Qualsiasi ragazza sarebbe scoppiata a piangere senza freni di fronte a tutto il disprezzo che Scorpius le stava riversando addosso come colate di lava fumante, ma lei sembrò non battere ciglio, nonostante le lacrime salate che iniziarlo ad annidarsi sulle ciglia scure, come piccoli uccellini in attesa di prendere il volo.
L'aveva sempre rispettata per la sua forza, per la determinazione che nasceva così spontanea sopra le sue piccole spalle.
L'aveva sempre rispettata e un tempo era arrivato anche ad amarla.
«Non è finita tra di noi. Nonostante il dolore che ti ho inflitto, nonostante l'odio che provi per me e che io provo per me stessa, non è finita e lo sai anche tu.» mormorò Zoe, allungando titubante la mano per accarezzargli delicatamente la guancia.
Scorpius trattenne il respiro, chiudendo gli occhi, concedendosi quell'istante per formulare una frase sensata tra il caotico subbuglio dei pensieri che era in quel momento la sua mente.
«Forse non è finita, ma non puoi decidere tu quando farla ricominciare.»
Aprì le palpebre e la durezza del suo sguardo vacillò solo per un secondo, ma tanto bastò per farla sorridere appena.
Scorpius si voltò e si diresse verso Ethan e Selene, sapendo che Zoe non l'avrebbe seguito.
Conscio del fatto che non ne avrebbe avuto bisogno, perché lui non aveva detto "se", ma "quando".
Ed entrambi avevano appurato ormai da tempo che Scorpius Malfoy non avrebbe mai dimenticato la scelta di una parola, anche se pronunciata senza riflettere.

Specialmente se pronunciata senza riflettere.

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