«Che significa che è in ospedale?» chiese con tono di voce agitato, una volta sganciata la notizia.
Ero pazzo ad aver voluto coinvolgere una persona già instabile di suo. È sua moglie, mi ripetei. Divorzio o no, figli o meno, Elizabeth doveva saperlo a tutti i costi. Perché se non ce l'avrebbe fatta, sarebbe stato peggio. E il peggio lo volevo evitare.
Avevo premuto il tasto chiamata sul touch-screen superando in tal modo il bilico spinoso, perciò non potevo in nessuna maniera tirarmi addietro. Avevo buttato l'esca e il pesce aveva abboccato. Per tirarlo su e avvicinarlo più a me, dovevo per forza dirle la verità, senza escamotage, senza vie di mezzo. Semplicemente le dovevo lasciar in mano una granata pronta ad esplodere. La vera domanda è, la granata avrebbe colpito Elizabeth oppure me? Una granata poteva essere anche respinta e ferirmi. Per cui dovevo essere cauto a manovrarla.
«Gli hanno sparato.» le dissi tutto d'un fiato chiudendo gli occhi. Rieccolo li, il fucile, la scintilla rossastra che preannunciava il colpo, il sangue, i suoi occhi che cercavano i miei, il corpo a terra.
Mi strinsi le spalle e aspettai l'esito della sua risposta. Sentivo che stava metabolizzando l'effetto della parola "sparato". Per un momento pensai che fosse caduta la linea o che mi avesse riattaccato in faccia, ma dopo due secondi, Elizabeth fece un respiro lungo e rispose: «Cosa cavolo stai dicendo? Perché gli hanno sparato? Chi è stato?»
La granata stava per esplodere e il colpo decisivo era proprio dietro l'angolo. Mi sarei parato facilmente? O mi sarei sbriciolato in mille pezzi?
«Mio padre ha sparato ad Armie. Perché ....» non riuscivo a trovare le parole che solo poco prima avevo usato con l'infermiera April. Nemmeno il telefono, che assicurava una certa distanza tra me ed Elizabeth, mi aiutava a pronunciare "ragazzo".
«Timotheé cosa stai aspettando? Perché tuo padre ha sparato a mio marito?»
«Tuo marito?» gli domandai sorvolando alle sue richieste.
«In quale ospedale siete?» fece finta della mia offensiva e andò dritta al sodo.
«Great Samaritan Hospital. Si trova a ..»
«So dove cazzo si trova.» mi riattaccò in faccia prima però di essere riuscito a sentire parole sconcie rivolte al sottoscritto. Era senz'altro incavolata e presto ne avrei assaggiato la sua furia. Me l'ero cercata perché i cavoli miei non sapevo farmeli. Però lo dovevo fare per Armie, mi convinsi. Tornai nella sua stanza e mi sedei su una sedia affianco al letto su cui giaceva in un sonno indotto da droghe artificiali. Sembrava un bambinone anche in quel modo. Era totalmente rilassato. L'unica cosa che quel sonno ingannava alla vista era ciò che lui stava vivendo nel suo subconscio. Cosa gli avrebbe conferito la sua mente? Era malata quanto la mia ? Od era razionale e normale?
Speravo con tutto me stesso che fosse più razionale del solito, che la sua mente non gli giocasse nessun brutto esito come aveva sortito la mia nei miei momenti più bui.
Le sue parole dette prima che lo portassero su in sala operatoria, ancora mi angosciavano. Non riuscivo a tormele di dosso. Era come se le avesse scritte sulla mia pelle con inchiostro indelebile: Ho paura che scomparirai se chiudo gli occhi.
Amore mio, pensai mentre gli accarezzai il volto, le palpebre chiuse e le sua labbra.
«Non scomparirò, sarò qui al tuo risveglio. Non andrò da nessuna parte. Perché non avrebbe senso un luogo dove tu non ci sei, dove non esiste nessun ricordo che mi possa aiutare a connettermi con te, dove non esiste nessun noi. Sei il mio sole angelo mio. La mia benedizione personale. Svegliati presto e sorridimi come tu sai fare. Fammi venire le farfalle allo stomaco con il tuo sorriso da vampiro perché è questo che sto aspettando. Aspetto che tu Oliver mi riscaldi.»
Speravo con tutto me stesso che mi sentisse, che un briciolo o una singola parola di quel discorso lo avrebbe raggiunto dritto nel cuore e lo avrebbe aiutato a sentirsi meno solo in quel baratro già profondo di suo. Armie aveva paura a rimanere solo e la colpa era solo mia. Settimane prima, convinto di aiutarlo, avevo deciso di troncare e buttare giù ogni ponte che avevamo eretto tra noi per rendergli in tal modo, una vita più semplice, senza impicci e senza dolori. Il risultato invece era stato l'opposto. Avevamo sofferto entrambi ma lui più di me. Se tornassi indietro a quella sera, mi sarei dato una mazzata sui piedi. Anzi mi sarei direttamente ucciso per farla finita per sempre. Perché quella sera non era niente al confronto con ciò che era successo. Non mi sarei mai perdonato per averlo quasi perso, per colpa di un mio familiare. A pensarci ora, sembrava che il mondo ci dicesse che il nostro amore, se pur semplice, unico e irripetibile, era impossibile a durare per sempre, perché ad ogni angolo che giravamo trovavamo un muro ad ostacolarci il cammino. Prima mio padre, ed ora sicuramente sua moglie.
Io non volevo lasciarlo, non volevo rivivere i minuti agonizzanti passati tra singhiozzi, incubi e urla notturne. Non potevo nemmeno vedere i suoi occhi blu diventare opachi per il pianto perché avrebbe alimentato i miei sensi di colpa. Il mio uomo, il mio centro dell'universo, il mio tutto, non avrebbe retto l'ennesima rottura.
Io sarei solo che diventato semplice un rottame da buttar via. E lui ?
Lui, conoscendolo sarebbe affondato assieme a me come il pirata con il suo veliero durante un naufragio. Perché come dice il detto, il capitano non abbandona mai la sua imbarcazione.
Io ero la sua nave ed Armie il mio capitano. Perciò se lo avessi lasciato di nuovo, cosa tutt'altro impossibile e da pazzi, mi sarei schiantato contro gli scogli cedendo al mare però non solo il mio corpo ma anche quello del mio condottiero. Tantovaleva evitare gli scogli se volevo sfuggire all'agonia della separazione.
Entrò April a controllare che la situazione fosse rimasta invariata. Era concentrata sul suo lavoro, di fatti con tanto di cartella, fonendoscopio e una penna, si cimentò nella misurazione dei parametri vitali. Gli prese la pressione e la frequenza per poi terminare con la temperatura.
«Si sta riprendendo egregiamente» disse finalmente guardandomi negli occhi con un sorriso genuino stampato sul volto mulatto.
«Grazie» l'abbraccia forte e nonostante la tensione eccessiva che avevo subito in quelle ore, mi trattenei a piangere.
«Non c'è di che. Il merito non è mio m del tuo uomo che è forte come una roccia.»
Lo poteva dire forte. Armie era una roccia nata. Dura sia per la sua testardaggine sia per la sua voglia di vivere. Rimaneva tuttavia la questione irrisolta delle conseguenze.
Da quello che avevano detto i dottori era ancora troppo presto per sapere se il proiettile aveva danneggiato i nervi spinali, inibendo così il movimento.
«invece per le gambe? Rischia di rimanere paralizzato?»
«Dovremo aspettare il suo risveglio. Ma stai tranquillo.»
Facile a dirlo ma ad esserlo, erano un altro paio di maniche. Se anche quella conseguenza posttraumatica si fosse avverata, mi sarei sentito definitivamente una persona persa. Armie meritava di meglio, pensai.
«Lui merita di più. Più siamo assieme e più lui rischia.»
«Non dire assolutamente così- mi prese il volto e con una mano mi asciugò una lascrima fuggiasca.- devi saper combattere Timmy, non puoi arrenderti per una cosa del genere. L'amore significa anche saper combattere per ciò che si ama.»
«E se lui perisse?»
«Non succederà più. Tuo padre è in prigione» mi fece notare.
Non avevo paura di mio padre perché tanto era solo che un uomo.finito. Avevo paura del futuro, perché non sapevo con certezza se il nostro noi avrebbe incontro altri impedimenti.
April tornò in infermiera e mi lasciò solo con Armie.
Mi feci vicino a lui montando sopra il letto. Volevo restare accanto a lui e odorare il suo aroma di pino, respirare la sua stessa aria e sentire i nostri cuori uniti. Gli baciai le orecchie, il collo e per ultimo le labbra.
Notai un piccolo movimento delle palpebre e poi come se lo avessi chiamato ad alta voce, si si risvegliò come prima.
«Tim»
«Armie»
Ci guardammo negli occhi e sorridemmo. Ecco il mio raggio di sole che veniva a riscaldare tutto il mio corpo e a sovrastare la coltre di nuvole nere.
«Quanto mi è mancato questo sorriso» gli dissi toccando il mento.
«Non sei scomparso allora?»
«Certo che no. Non ti ricordi che sei già rinvenuto dopo l'operazione? Del bacio?»
«Se ti dicessi di si sarei bugiardo.»
Avevo ragione. Quel bacio e il lieve momentaneo rinvenimento, era solo frutto di una reazione post anestesia. Si era risvegliato solo perché lo avevano staccato dal respiratore artificiale e solo dopo avergli somministrato un farmaco contrastante l'effetto sedativo.
Mi accoccolai ancora di più verso il suo collo barbuto. Mi pizzicò la faccia.
«Non ti ricordi nemmeno della tua erezione quando ti ho toccato?» gli chiesi curioso.
«No» rispose confuso.-Te la sei presa?» aggiunse in fine con la sua voce ancora rauca.
«No amore.»
Cosa stavi aspettando nel dirgli che sua moglie sarebbe arrivata qui? Dovetti riconoscerlo. Stavo prendendo tempo per elaborare come dirgli che avevo disubudito alle sue richieste.
«Arm.»
Non volevo scombussolarlo con altre preoccupazioni eppure presto lo avrebbe scoperto da sé. Meglio anticipare i tempi, pensai.
«Ho chiamato Elizabeth. Le ho raccontato dove ti trovi e il perché.»
«Tu cosa? No Timmy perché ? Perché ? Perché?» disse urlando e scansandomi per farmi scendere dal letto. Caddi a terra di sedere.
«Perché l'hai fatto?» urlò di nuovo.
Lo sapevo. Il suo voler essere invincibile era tornato più forte di prima. La sua corazza lo rendeva impenetrabile.
«Doveva sapere. I tuoi figli devono sapere.»
«Di noi?» gridò ancora.
Il.monitor segnalò che la pressione e la frequenza del cuore stavano salendo alle stelle. Dovevo calmarlo.
«Arm amore calmati. Ti sentirai male.»
«Tu non sai il casino in cui mi hai messo in mezzo dannazione Timotheé.»
Sentire il mio nome intero pronunciato da lui, non era mai un buon segno. Lo avevo fatto adirare per la mia stupida cocciutaggine. Me lo meritavo.
«Ti prego Armie.» gli dissi con calma.«Per favore respirava a fondo o ti sentirai male di nuovo. Ti prego di scusarmi. Io non sapevo se fossi...»
«Ma sono vivo cazzo. Sarà mia moglie ad uccidermi. Timmy hai solo che allargato una piega tra noi.»
Che voleva dire?
«Non è colpa mia se vi siete lasciati.»
«No certo che no. Stupido di un ragazzino. Mi hai solo dato un pasto ai leoni. Ora vieni qua.»
Lo raggiunsi di nuovo sul lettino e mi sedetti tra le sue braccia.
«Non farlo mai più. Non prendere una decisione senza il mio consenso. Sono più grande di te e le questioni familiari meglio lasciarle da parte. Se no ...»
«Dovevo starmi fermo quella maledetta notte nell'hotel. Se non ti avessi baciato, ora non staremmo qui. Non staremmo a litigare qui in ospedale e tu staresti con tua moglie e i tuoi figli.» gli dissi.
«Ancora con questa.storia? Timmy non dirlo mai più. Non dirlo neanche per scherzo. Ragazzino se avessi forza a sufficienza ti gonfierei di botte e solo dopo di bacerei.»
Eravamo passati in un secondo da minaccie a dichiarazioni amorevoli.
«Ma se fosse per il tuo bene. Lo farei.»
«Scordatelo»
Mi strinse nel suo tipico abbraccio da orso solo che questa volta fu più dolce. Posò le labbra sul collo e lentamente risalì sul mento fino alla bocca.
«Arriverà a momenti tua moglie»
«Non mi importa. Basta che tu sei qui.»
«Io sono qui.»
Ci ricambiammo di nuovo dolci effusioni, sempre tuttavia con cautela. Non volevo di certo che anche un bacio lo potesse destabilizzare di nuovo. Delicato e lento era la giusta dose per accontentare entrambi. Le sue labbra parlavano chiaro: baciami subito, ora o mai più, fallo piano perché voglio gustare il momento e perdermi in esso. Toccami la lingua con la tua e facciamo ci che danzino liberamente. Questo dicevano ogniqualvolta si incontravano con le mie.
«Ora si che ce l'ho duro Elio.»
«Sei un porco Oliver.»
Proprio nel momento in cui le nostre salive si univano, la porta della stanza si aprì con un tonfo assordante. Ci girammo all'unisono per poter vedere con i nostri occhi, il nuovo problema familiare arrivare.
«Non ci credo. Non tu e non lui.»
«Elizabeth» disse Armie sbiancando.
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Tu sei il mio Oliver e io sarò il tuo Elio - La Scelta Di Continuare
Fanfiction«Io senza di te non saprei dove andare, né cosa significhi vivere se non ho te al mio fianco.. Tu sei il mio Oliver, Armie.... Ti prego amore mio ricordati chi eravamo e non lasciarmi affrontare questo abisso da solo.... Torna da me.» Le lacrime, il...