«Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo.»
BuddhaRilessi lentamente le cinque lettere che componevano quella piccola parola, per capire che non si trattasse del solito scherzo della mia mente. Il solito spiraglio ed eco del mio desiderio, che voleva a tutti i costi conoscere la verità, alla fine si era davvero realizzato? O me lo stavo inventando?
Resta, così aveva scritto. Una sola parola con un significato semplice e coinciso. Resta amore mio e combatteremo assieme, questo era ciò che mi trasmetteva in quel momento. Mi veniva da gridare a squarciagola ma mi trattenni. Anziché urlare, mi alzai dal divano e Kelly mi seguì in cucina non capendo cosa stessi facendo. Nemmeno io lo capivo. Andavo avanti e indietro con il telefono in mano e pensando. Guardai l'orologio che mi invogliava di più a compiere ciò che volevo fin da quando avevo aperto la notifica del suo messaggio. Chiamalo, chiamalo, chiamalo, sembrava dirmi con le sue lancette che ticchettavano al passare dei secondi. Chiamalo e saprai. Chiamalo e troverai vera la parola stessa.
Erano da poco le undici di sera inoltrate. L'avrei senz'altro disturbato e magari svegliato da un sonno profondo. Non riuscivo a stare fermo ne a sedermi per placare il tremolio che avvertivo. Tremavo dalla gioia per quanto fossi contento. Da quanto non mi accadeva una cosa del genere? Forse dalla sera del compleanno di mia sorella, in cui Armie mi aveva baciato di sua spontanea volontà e dandomi in tal modo la conferma che nei mesi prima speravo ardentemente: gli piacevo. Ora però la semplice sensazione di piacere era diventata qualcos'altro di più evoluto. Passione, amore e fiducia reciproca. È questo ciò che cercavo in Armie e ciò che ricevetti.
Poterti fidare ciecamente della persona che ami, permettergli di sconvolgerti la vita in meglio, appartenere a qualcuno e sapere che puoi contare su di lui. Avevo bisogno di sapere solo questo. Ma potevo accontentarmi di un semplice messaggio di cinque parole? No. Conoscendo me stesso volevo di più di una semplice RESTA.
Riguardai la sagoma circolare dell'orologio mordicchiandomi le labbra per il nervoso e l'eccitazione. Non riesco a resistere. Voglio sentire la sua voce, voglio sentire ripetermi da lui, l'esatte parole trascritte per messaggio. Solo allora avrebbero assunto un significato più autentico, più concreto.Volevo la conferma. Era forse troppo chiederla?
Senza pensare ad altri modi per prolungare la decisione, presi la palla al balzo e digitai il numero che conoscevo alla perfezione e pigiai il tasto chiamata. Se entro il terzo squillo non risponde allora riattaccherò. Conoscendolo però avrebbe atteso anche lui una risposta. Dopotutto dovevo riconoscere che non era Armie a tenermi tanto sulle spine con la sua scelta, ma ero io a tenerlo su un rovo.
«Timmy.» Aveva risposto al primo squillo con la tonalità bassa, calda e suadente che solo il mio Armie aveva. Non stava dormendo e sicuramente era su di giri anche lui, dato che sarebbe stata una cosa del tutto nuova per entrambi. Finalmente si era deciso una volta per tutte a consegnarmi le chiavi per entrare nei cancelli invalicabili della sua corazza.
«Allora è vero ciò che mi hai scritto?» gli chiesi senza nemmeno salutarlo, con un filo di voce tremante.
Aspettò. Sentivo il suo respiro diventare sempre più veloce. Era agitato. Chissà quanto sforzo gli era costato capire che i muri eretti da sé, presto sarebbero stati distrutti.
Li avrei distrutti per aiutarlo e per non sentirsi perso nella marea di problemi che lo risucchiavano. Che ci risucchiavano, pensai. Adesso ero libero di attraversare il suo scudo e di porre rimedio alle sue fragilità.
«Si. E lo sai perché» ammise dopo un secondo successivo.
«Perché?» gli chiesi nonostante sapessi già la risposta. Tuttavia sentirmelo ripetere non era affatto male. La conferma della conferma.
«Perché sei la mia famiglia adesso e non voglio perderti.»
«L'hai capito alla fine.» lo dissi con un po' di enfasi giusto per rendergli più leggera l'atmosfera.
Non era una domanda ma lui la capì comunque come tale dato che si apprestò a rispondermi
«Lo sapevo da sempre o forse fingevo di saperlo. Ho capito solo adesso cosa significa che tu, piccolo mostriciattolo, mi fai perdere la testa.»
Aspettai a rispondergli perché volevo metabolizzare le sue parole. Mi fai perdere la testa. Mi fai perdere la testa. Continuai a ripetermi. Aspettai ancora, sentendo il suo respiro ora più rilassato.
«Ci sei?» chiese preoccupato che avessi riagganciato.
«Non andartene per favore Tim.»
«Domani ti verrò a prendere.»aggiunsi infine tutto d'un fiato ricondandomi che l'indomani sarebbe stato dimesso dall'ospedale.
«Grazie. Grazie grazie» rispose sollevato. Sentirlo felice era sempre un buon segno.
Riattaccò dopo esserci scambiati la buonanotte, lasciandomi immerso in una pozza di gioia eterna. Per quanto ero felice iniziai a saltare a destra e sinistra con il cane che abbaiava ai miei piedi.
Ha scelto bene. Ha scelto me e questa volta poteva bastare per sempre.
************
Riposi il telefono sul comodino e ricominciai dopo cinque giorni a sorridere.
«Dio ti benedica Tim» dissi. Era stati i cinque giorni più brutti e più difficili della mia vita. Se potessi classificarli con altre situazioni, avrei senz'altro risposto che erano i peggiori. Persino il mio primo litigio con Timmy al confronto era una bazzecola. In questi cinque giorni tutto poteva cambiare se avessi scelto diversamente. Ero stato più volte incerto sul da farsi e nel chiedermi se potevo che qualcun'altro al di fuori di me, si preoccupasse dei miei stessi problemi. Timmy, un ragazzo di soli ventidue anni, il mio piccolo ometto, aveva vinto. Si era aggiudicato il posto che a nessuno avrei potuto dare. Mi amava, mi desiderava e mi cullava come nessun'altra persona aveva fatto prima d'ora. Il mio angelo era stato duro perché aveva rimesso in gioco la medesima questione del nostro amore impossibile. Era impossibile? Mi ero chiesto martedì scorso. Oggi, avevo ricevuto la risposta. No non era impossibile. Come tutte le coppie, come tutti gli amanti, le divergenze si creavano con la stessa facilità con cui scomparivano. Eravamo perfetti l'uno per l'altro e indispensabili per vivere. Non volevo perderlo, non volevo sentirmi di nuovo perso in un abisso che conoscevo fin troppo bene. La prima volta mi aveva lasciato, se così posso definire la rottura momentanea, per cercare di salvare il mio matrimonio. Un matrimonio finito già da molto tempo prima che conoscessi Timmy. Il dolore evocato dall'allontanamento forzato, aveva lasciato vivide cicatrici pronte a riaprirsi. Di fatti si erano riaperte nel momento in cui Tim entrando nella stanza numero 13 dove ero ricoverato, aveva pronunciato bestemmie. Non bestiemme per imprecare contro Dio ma per farmi svegliare di fronte a ciò che avevo e che potevo perdere per sempre se solo avessi scelto allo stesso modo. Questa volta però, decisi per il mio bene di agire diversamente anche se una parte recondita voleva a tutti i costi opporsi. La zittii con facilità prendendo il telefono e scrivendo una parola di cinque lettere che racchiudeva la mia verità: Resta.
L'attesa però era stata più agonizzante di quanto pensassi. Mi avrebbe chiamato? O aveva già pensato di abbandonarmi dopo tutti quei giorni passati?
Alla fine le domande avevano ricevuto la loro giusta risposta. Mi aveva perdonato anche se non c'era nulla da perdonare e domani mi sarebbe venuto a prendere. Prima però avremmo dovuto parlare con il dottore che mi aveva in cura. L'infermiera April mi aveva consigliato di farmi visitare da un neurologo e così feci. Nei giorni passati in assenza di Tim, il dottor Chang, un cinese dall'aria austera ma pienamente convinto di ciò che faceva, aveva condotto diversi test sulle mie gambe. Tra tac, prelievi e risonanze eravamo giunti a delle conclusioni che purtroppo sarebbero arrivate l'indomani.
Assieme le avremmo affrontate e non mi preoccupavano n gli esiti, ne ciò che il dottor Chang mi avrebbe comunicato perché ora al mio fianco avevo Tim pronto a rafforzarmi come non mai.
Chiusi gli occhi pensando alla parola Resta che fortunatamente il mio ragazzo aveva reso più credibile e conferendole un pizzico in più di speranza. La speranza certa che in nessun caso ci saremmo potuti dividere. Cinque lettere a volte possono compiere davvero miracoli, pensai prima di calarmi in un sonno senza sogni.
STAI LEGGENDO
Tu sei il mio Oliver e io sarò il tuo Elio - La Scelta Di Continuare
Fanfiction«Io senza di te non saprei dove andare, né cosa significhi vivere se non ho te al mio fianco.. Tu sei il mio Oliver, Armie.... Ti prego amore mio ricordati chi eravamo e non lasciarmi affrontare questo abisso da solo.... Torna da me.» Le lacrime, il...