È possibile amare mio fratello?

Addio papà.

Mi svegliai intorno alle 6 di pomeriggio, ancora assonnata andai in bagno per lavarmi la faccia e i denti, avevo fame quindi tornai in cucina e presi un gelato dal congelatore. Riaccesi nuovamente il cellulare e trovai: due messaggi da parte di Justin e quattro chiamate perse da mia madre. Col sorriso aprì i due messaggi di Justin:

Da: Justin.
Piccola, richiamami quando ti svegli, perché sicuramente stai dormendo. Ti amo.

Quanto mi piaceva quando mi ricordava che mi amava, era una sensazione bellissima.

Da: Justin.
Amore vai in ospedale, io sono in aereo. Torno domani! Vai subito.

Mi salì immediatamente l'ansia, io odiavo gli ospedale. Collegai le cose: Le chiamate di mia madre, il messaggio di Justin. Stava succedendo qualcosa, ed io dovevo scoprirlo.

Gettai il gelato e uscì subito di casa, chiudendo la porta a chiave. Iniziai a correre e in nemmeno mezz'ora ero davanti all'edificio. Non mi accorsi nemmeno che delle lacrime erano cadute sul mio viso, ero davvero preoccupata.

Non ebbi nemmeno bisogno di chiedere all'infermiera, che vidi mia madre piangere con il viso tra le mani. Corsi verso di lei "Mamma, che è successo?" quasi urlai, mi abbracciò d'impulso, allora capì che c'entrava mio padre. "Lui.. lui.. è.." balbettava, non riusciva a parlare, le parole le si bloccavano in gola. Andai dall'infermiera per farmi spiegare la situazione. "Mi dispiace non possiamo dare informazioni a nessuno, apparte la moglie." non mi guardò nemmeno, mi arrabbia, avevo il diritto di sapere "Io sono la figlia, e voglio sapere che cazzo è successo" le urlai in faccia, era più grande di me di qualche quattro anni. "Calma signorina" mi guardò "Dimmi cosa è successo!" il mio tono non cambiò, era uguale a prima, urlavo. "Hanno avuto un'incidente, suo padre è grave, sua madre no apparte qualche graffio"  mi spiegò, annuì e tornai da mia madre "Stai bene?" le chiesi sussurrando, ero distrutta. Mio padre non meritava di morire. "È molto grave, Brianna" appoggiò la testa sulla mia spalla, le accarezzai i capelli. Per quanto volevo piangere, mi era impossibile. Mia madre era distrutta ed io non volevo che lei mi vedesse in quello stato, dovevo resistere, essere forte per lei. "Puoi dirmi com'è successo?" le chiesi molto lentamente e dolcemente, non alzò il viso ma parlò guardando una parete bianca "Eravamo in macchina, per tornare a casa, da te" iniziò a spiegarmi, ma iniziò anche a piangere, ed io piansi insieme a lei "Quando un camion non fece in tempo a frenare, correva, correva fortissimo. Io non capì cosa stava succedendo, pensavo che tuo padre avesse il controllo" alzò il viso guardandomi "In quel momento lui ha pensato a me. Mi afferrò per il braccio coprendomi con il suo, allora ho capito che in quel momento qualcosa stava succedendo" la sua voce era sottile, spezzata dai continui singhiozzi e pianti, io ascoltavo ma volevo solo urlare dalla rabbia e dalla paura. "Lui ha sbattuto la testa contro il volante, e poi sul vetro del finestrino. Sono voltai pezzi di vetro enormi, il camion è arrivato sopra la macchina, e ha preso tuo padre molto più di me. Lui mi ha salvata, e adesso chi salverà lui?" il mio cuore perse un battito dalla troppa paura, stavo per dire qualcosa ma il medico si intromise "Posso parlare con qualche ragazzo?" ci chiese "Scusi? Non può dare informazioni a noi?" chiesi nuovamente a tono "No, signorina. Mi dispiace" mi stavo davvero arrabbiando, ma possibile che non ne poteva parlare con noi? Eravamo sua figlia e sua moglie, avevamo il diritto di sapere. "Mio figlio arriva domani, ne può parlare con lui" rispose mia madre sussurrando "Certamente signora" e andò via.

L'abbracciai più forte che potevo "Lui non deve lasciarmi, non può" stava davvero male, bastava sentirle il tono di voce con cui pronunciava qualsiasi parola "È forte mamma, ce la farà!" non ero sicura di quella frase, ma volevo essere ottimista, aveva ragione mia madre: lui non poteva lasciarci, non doveva. Avevamo bisogno di lui, era l'uomo di casa, il nostro uomo.