Capitolo 6

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Alzai gli occhi e guardai la persona che mi aveva parlato, nonostante l'avessi riconosciuta dalla voce.

-Oh, ma che gioia.- dissi ironica guardando i suoi occhi nocciola -Non sono affari tuoi, comunque.- continuai brusca.

-Emma, io lavoro qui, non è colpa mia se mi hanno dato il tuo tavolo da servire.- mi disse tranquillamente. Mi venne una strana voglia di strozzarlo lì davanti a tutti. Ma cercai di frenare i miei istinti omicidi.

-Sì, come vuoi. Non dovresti lavorare, invece di parlare con me?- domandai fissando un punto indefinito dietro alle sue spalle.

-Perché vai sempre in giro con la chitarra?- ignorò la mia domanda e io, ovviamente, ignorai la sua. Volevo stare serena e in pace sorseggiando una bella cioccolata calda e poi continuare le ricerche del mio James, ma evidentemente non era possibile.

Dopo qualche minuto di silenzio lui continuò -Non me lo dirai, vero?- mi fissò negli occhi.

Lo fissai di rimando -Ti hanno mai detto che sei molto perspicace?- chiesi ironica.

-Va bene, ho capito.- si alzò -Cosa ti porto?- disse poi, con un tono freddo.

Mi alzai dalla sedia e afferrai la mia chitarra e il cellulare -Porta il tuo culo ad almeno un chilometro di distanza da me, grazie.- mi girai dalla parte opposta e iniziai a camminare.

Lui mi seguì -Perché sei così acida con me?- il suo tono era indecifrabile. Sembrava vagamente triste, ma non era possibile. Lo guardai ma non risposi. Poi rivolsi lo sguardo altrove, mentre lui si avvicinò -Senti, io finisco il turno tra una decina di minuti. Aspettami, così parliamo un po'.- propose sorridendo dolcemente.

-Io... non so... ehm...- ero arrabbiata con lui - E va bene, Zayn.- sbuffai e lui ridacchiò.

-Stai seduta qui mentre mi aspetti.- mi accompagnò al tavolino di prima.

Dopo circa quindici minuti Zayn mi mise una mano sulla spalla, come per richiamare la mia attenzione.

-Facciamo una passeggiata?- mi chiese sorridente. Aveva un bel sorriso, questo non si poteva negare.

-Va bene, come vuoi.- risposi scocciata. Mi alzai dalla sedia e presi la mia chitarra, ma lui mi fermò.

-Te la porto io.- propose. Io mi limitai ad annuire.

Poi rimasi in silenzio osservando il pavimento dell'edificio.

Una volta usciti lui iniziò a parlare, probabilmente imbarazzato da quel silenzio che si era creato -Allora... ehm... quanti anni hai?- io alzai gli occhi al cielo.

-Diciassette. Senti, so che mi vuoi chiedere qualcosa. Quindi, per favore, evita giri di parole.- sbottai, senza nascondere il mio fastidio.

Lui rise divertito dal mio comportamento -Ok, volevo chiederti perché sei così acida, insomma, nemmeno mi conosci e già mi tratti a pesci in faccia.- concluse serio.

Evidentemente gli interessava realmente il motivo del mio comportamento.

-Beh, non penso di volerlo dire a te il motivo. Ma che sto dicendo, non c'è nessun perché, io sono così e basta.- perché mi metteva così in agitazione? Probabilmente per paura che potesse giudicarmi.

Mi girai di scatto per allontanarmi da lui, ma mi prese il braccio per bloccarmi.

La sua pelle era in contrasto con la mia.

Bianca e gelida come la neve io, abbronzato e caldo come la sabbia sotto il sole lui.

Mi vennero i brividi lungo la schiena per quel contatto: il suo calore era troppo diverso dal mio e quella vicinanza mi aveva scossa.

Così allontanai il braccio velocemente e lui sorrise -Scusa, non è colpa mia se sei gelida.- mi guardò negli occhi.

-No, sei tu ad essere bollente come se fossi stato attaccato per tutto il giorno al calorifero.- lui rise e io sorrisi lievemente.

-Comunque, potresti parlare con me. Voglio dire, io non posso giudicare in modo soggettivo, non è un vantaggio per te? Io potrei essere oggettivo e sincero.- ritornò al discorso precedente.

Il suo ragionamento non faceva una piega. Aveva pienamente ragione e io avevo bisogno di un consiglio da parte di qualcuno che non avesse mai preso parte alla mia storia. Perché i miei genitori ed Alex erano stati influenzati troppo dalla mia sofferenza e dai miei pianti disperati.

Sospirai e mi arresi -Ok, hai ragione. Magari potresti essermi d'aiuto.- conclusi.

Lui annuì e successivamente mi indicò una panchina per sederci ed essere più comodi. La raggiungemmo e mi sedetti, seguita da lui che appoggiò la mia chitarra sulle sue ginocchia.

Dimenticai momentaneamente la mia storia e gli dissi -Ho conosciuto Waliyha e Safaa al bar, prima.- lui alzò lo sguardo dalle corde al mio viso e sorrise.

-Davvero?- chiese e io annuì.

-Sì, stavo suonando e ho notato che Safaa era affascinata dalla musica, così mi sono avvicinata.- risposi fissando le mie unghie.

Lui rise, probabilmente pensando alla sua sorellina -Lei adora la musica. Sono sicuro che da grande diventerà una musicista come il suo fratellone.- disse fiero.

Io scoppiai a ridere immaginando Zayn e sua sorella da grandi in una band. Era complicato raffigurarsi Zayn da adulto, ogni tentativo risultava fin troppo ridicolo.

-Perché ridi?- mi chiese divertito dal mio comportamento.

-Niente, niente.- avevo le lacrime agli occhi per le risate.

-Dai, dimmelo ti prego.- mi supplicò lui.

Scossi la testa -No, spiacente. Magari un giorno, chissà.- risposi vaga.

-Guarda che io ho una buona memoria, ti avverto.- gli sorrisi sinceramente.

Il silenzio tornò a regnare intorno ai nostri corpi.

Iniziai ad avere freddo e rabbrividii.

Lui se ne accorse -Hai freddo, Emma?- mi chiese preoccupato.

La temperatura era veramente bassa e avrei preferito rimanere al tavolino del bar, riscaldata da una bella cioccolata, ma ormai... -No no, è tutto a posto. Poi sono gelida di mio, quindi...- dissi tranquillizzandolo.

-Sei gelida e quasi trasparente. Ti si vedono le vene ai lati degli occhi.- disse osservando il mio viso. Poi appoggiò delicatamente le dita al di sotto del sopracciglio sinistro e mi accarezzò lievemente. Quel tocco era stato piacevole e i brividi aumentarono nuovamente per il suo calore.

-Sembri una di quelle palle natalizie di vetro, quelle piene di brillanti.- mi disse dolcemente. Lo presi come un complimento per il suo tono di voce. Quelle palline mi erano sempre piaciute, così sorrisi.

Dopo alcuni minuti di silenzio, parlò nuovamente -È molto triste la tua storia?- mi chiese.

Io lo guardai dritto negli occhi. Il colore mi trasmetteva calore, era una visione piacevole. Sospirai e iniziai a raccontare.

Kiss me underneath the mistletoeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora