Capitolo 2

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-L'hai trovato, Emma?- mi chiese Alexandra il giorno dopo a scuola.

Non specificò, ma sapevo bene a cosa si riferisse. Chiusi il mio armadietto grigio, affranta, e le risposi -No. Inizio a pensare che ormai sia già passato troppo tempo.- mi appoggiai al metallo freddo e sospirai.

-No, un anno non è...- la interruppi subito, non volevo che cercasse di consolarmi anche in una situazione del genere.

-Sì invece, Alex. Un anno è molto tempo, tantissimo. Potrei fare una marea di cose in 365 giorni.- mi spostai una ciocca castana dietro l'orecchio, segno di nervosismo.

-Però tu non hai fatto altro che uscire da scuola e andare al centro commerciale, tutti i giorni. Questo vuol dire che un po' ci speri ancora.- mi disse la bionda sorridendo. Beh, non potevo negare l'evidenza: io ancora nutrivo la speranza di vedermi passare davanti il mio James. Lo aspettavo impaziente ogni giorno davanti a quel bar, con la chitarra sulle gambe incrociate. Eppure lui non arrivava. Avevo visto passarmi davanti di tutto e di più, ma non lui.

Abbracciai la mia migliore amica con tanto affetto e le sussurrai nell'orecchio -Grazie, veramente. Grazie di tutto, non so come avrei fatto senza di te in tutti questi mesi.- le diedi un bacio sulla guancia che lei ricambiò, poi ci avviammo verso le nostre classi.

-Di niente Emma. Ma anche Kate ti è stata vicino in questo periodo.- feci una smorfia a quelle parole.

Mia madre aveva cercato in tutti i modi di rallegrarmi, ma questo i primi mesi. Poi mi aveva fatto intendere che per lei io avrei dovuto dimenticarmi di James. Non sapeva assolutamente che io restassi seduta interi pomeriggi sullo sporco pavimento del centro commerciale. Però stavo iniziando a pensare che lei avesse ragione, o almeno in parte. Di certo non sarei mai riuscita a scordare definitivamente il moro dagli occhi blu, quello era impensabile. Avrei dovuto frequentare gente nuova, innamorarmi di un bel ragazzo e riuscire a ricordare senza rancori tutta la felicità che mi aveva portato nella vita James. Sarebbe stata la cosa giusta da fare.

-Sì, ovvio. Ma lei è mia madre e qualunque mamma lo avrebbe fatto per il proprio figlio, no?- le chiesi davanti alla porta dell'aula in cui avrei passato l'ultima ora di quella giornata scolastica.

-Certamente.- mi sorrise ed entrò nella classe di fronte alla mia dopo avermi guardata un'ultima volta.

Mi sedetti al mio banco accanto alla finestra e iniziai ad ammirare il paesaggio: gli alberi spogli mi trasmettevano una tristezza infinita. Sembrava quasi che non ci fosse una via di scampo per quei rami nudi e secchi. Invece verso Marzo, così come ogni anno, sarebbero spuntati dei piccoli germogli verdi, grazie al calore del Sole. Poi, tempo qualche mese e avrebbero lasciato il posto a fiori colorati e profumati.

Io avevo bisogno del mio Sole, quello che mi avrebbe scaldata e fatta fiorire nuovamente. Già, perché io ero ormai paragonabile a quegli alberi che riempivano il giardino della scuola. Con l'unica differenza che il mio inverno durava da quasi un anno. Speravo con tutto il cuore che la primavera si sbrigasse ad arrivare e che rimanesse per sempre.

I miei pensieri furono interrotti dal suono della campanella. L'ora era già terminata e io non avevo seguito niente, non sapevo nemmeno di cosa avesse parlato la professoressa. Pazienza, al centro commerciale avrei controllato sul libro l'argomento successivo a quello studiato per la lezione precedente.

Mi infilai il giubbotto nero velocemente, presi lo zaino e uscii dall'aula per incontrare Alex.

Una volta fuori dall'edificio intravidi una chioma bionda e una cartella verde. Identificai la persona come la mia migliore amica e la raggiunsi.

-Ehi Alex! Com'è andata la lezione di matematica?- le chiesi, ghignando. Conoscevo benissimo il suo odio nei confronti di quella materia e del professore che gliela insegnava.

- Oh, ma come sei simpatica. Tu mi sfotti solo perché sei un genio in quella cazzo di matematica di merda.- disse arrabbiata.

Avrei giurato di aver visto del fumo uscirle dalle narici. Ma probabilmente era solo la mia immaginazione. Mi sarebbe piaciuto fare un disegno per ricordare la sua espressione infuriata. Magari avrei anche inventato una storia a fumetti dove lei fosse la protagonista. Di sicuro appena arrivata a casa quella sera, avrei iniziato qualche schizzo.

Era la mia passione disegnare, fin da quando ero solo una bambina con i codini castani e il vestitino azzurro. Poi da quando avevo conosciuto James, la chitarra aveva affiancato la matita. Avevo sempre amato la musica in generale, ma mi ero sempre limitata al canto. Il moro mi aveva insegnato a suonare quello strumento perfetto dal suono che si addiceva ad ogni minima situazione. Gli ero veramente molto grata per avermi fatto scoprire come muovere le dita su quelle sei corde.

-Vedo che non perdi mai la tua finezza, eh?- dissi ironica, poi continuai seria -Comunque, cos'è successo? Mi sembri più isterica del solito, sempre se sia possibile.- finii la frase scherzando, in fondo io e lei ci prendevamo sempre in giro e ci volevamo tanto bene, come se fossimo sorelle.

-Hai presente Matt?- mi chiese abbassando il tono di voce.

-Matt? Intendi Matt Kayse, capitano della squadra di football della scuola, quello per cui hai una cotta che ormai dura da non so quanto tempo? Meglio conosciuto come Matt-ho scartavetrato le ovaie a Emma perché Alex parla solo di me-Kayse?- chiesi stizzita alla mia migliore amica.

Lei rise divertita e quando si calmò disse -Sì, proprio lui.- si lasciò sfuggire un'altra risatina, poi continuò cercando di tornare seria -Comunque, per qualche motivo a me ignoto, dobbiamo fare una relazione noi due con Payne, capisci?- mi chiese lei come se fosse una cosa abbastanza scontata. Bene, avevo appena capito fino a dove potesse spingersi la sua stupidità. Di sicuro quello era il limite.

-Sinceramente? No, non capisco. Ma dico io, sei scema o cosa? Finalmente hai l'opportunità di stare con Matt, e tu sei arrabbiata?- domandai io seria. Dal suo sguardo intuì che si era appena ricordata qualcosa di importante.

-Oh sì, dimenticavo. Quella gallina scostumata di Jennifer, ha convinto il professore a farsi inserire nel nostro gruppo, dicendo che lei non se la cava in matematica e che le sarebbe d'aiuto stare anche con Payne. Quindi adesso siamo io, Matt, quell'oca di Jennifer e quel secchione.- mi disse sconsolata.

-Beh, ma che ti importa? Poi Liam è simpatico e dolce, non trattarlo come se fosse una nullità.- lo pensavo veramente. Quel ragazzo era gentile con tutti, sorrideva sempre, nonostante lo maltrattassero, e io non potevo sopportare la gente che etichettava le persone come se fossero articoli di un supermercato. Ma sapevo che era solo un momento di rabbia per Alex e aveva bisogno di sfogarsi.

-Scusa, hai ragione. Io non ho niente contro Liam. Ma strozzerei volentieri quel mucchio di tette e ignoranza!- strinse i pugni e io scoppiai a ridere. -Senti, questo mese faranno un mercatino ogni venerdì, che ne dici se andassimo domani io e te? Ci divertiremo e ci sarà un sacco di gente.- disse alludendo alla mia disperata ricerca del moro.

Sorrisi e fui felice di rispondere -Non vedo l'ora, Alex. Ci vediamo domani a scuola.- le diedi un bacio sulla guancia e iniziai a correre verso casa, per afferrare la mia chitarra e dirigermi al centro commerciale come tutti i pomeriggi.

Kiss me underneath the mistletoeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora