Capitolo 19: Sono così sconvolta che non riesco a dare un titolo, pensateci voi

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Papà...
Quella parola risuonò nell'aria mentre una lacrima scendeva lungo la mia guancia.
Non riuscivo a crederci.
Io avevo un padre...
Cioè, sì, insomma, lo sapevo, ma vederlo di persona era tutt'altra cosa...
Facevo fatica a credere che quello fosse mio padre.
Non ci assomigliavamo per niente.
Lui avrebbe potuto benissimo essere il modello di copertina di una rivista di moda o un divo di Hollywood.
Aveva un fisico snello ma muscoloso come le statue degli atleti greci. Non faticavo a immaginarmelo impugnare una spada e fare fuori una valanga di nemici in battaglia. In quel momento però stava cullando una neonata con estrema delicatezza. C'era qualcosa in lui che riusciva a rendere regale e armonioso anche un gesto così semplice e familiare.
Io non avevo nulla della sua grazia e della sua eleganza.
Ero una goffa ragazzina imbranata alta un metro e un tappo e con parecchi problemi di autostima.
Osservai il volto di mio padre.
I suoi capelli biondi rilucevano illuminati dai raggi del sole che filtravano dalle finestre della capanna. Il suo viso era squadrato e lungo il mento e la mascella ben definita aveva una barba leggera come se non si fosse rasato per qualche giorno ma potesse permetterselo perché tanto stava bene lo stesso.
Quando ebbi il coraggio di soffermarmi anche sui suoi occhi, potei udire chiaramente il mio cuore spezzarsi e precipitare in un punto impreciso all'altezza delle mie ginocchia.
Avete presente quando un genitore dice al proprio figlio o figlia "sei la luce dei miei occhi"? Ecco. Non credo di aver mai capito il significato di quella frase fino a quel momento.
I suoi occhi azzurri erano colmi di tenerezza. Vedeva solo una cosa: la piccola me tra le sue braccia. Sua figlia, la sua gioia, il suo orgoglio.
Sembrava quasi si meravigliasse di quel minuscolo fagottino rosa che teneva tra le sue braccia, come se non si fosse mai aspettato di trovarsi in una situazione del genere, ma non sarebbe potuto essere più felice altrimenti.
Mi passai il dorso della mano aulla guancia per asciugarla.
A volte è una maledizione riuscire a leggere così tanto in una persona.
Mi strinsi forte le braccia al petto, come a ricreare la pallida imitazione di un abbraccio.

Più lo osservavo mentre cullava la piccola me, però, notavo sempre più somiglianze.
Sì, era vero, a prima vista sembravo la fotocopia di mia madre, ma tutti i particolari li avevo presi da lui. La forma delle spalle, l'ossatura del viso, il naso, la fronte, le sopracciglia... tanti piccoli dettagli nascosti sul mio volto, ora li ritrovavo sul suo, come una sorta di legame speciale fra di noi.

Ero così concentrata che quasi non mi accorsi dell'ombra che si stagliava sul pavimento.
Mio padre invece si.
Alzò lo sguardo e fissò i suoi occhi proprio nei miei.
Il mio cuore balzò provocandomi brividi freddi in tutto il corpo.
Ma non stava guardando me.
C'era qualcuno alle mie spalle.

- Divino Zeus! - aveva esclamato mio padre posandomi nella culla e inchinandosi.
Mi voltai.
All'ingresso della capanna c'era un uomo con una lucente armatura d'oro ed un lungo mantello stretto con una fibbia a forma di fulmine. Il volto austero non era di buon auspicio: gli occhi grigioazzurri sembravano un cielo indeciso se essere sereno o nuvoloso mentre i capelli e la barba grigi emanavano piccoli fulmini come nubi tempestose.
- Non c'è bisogno di inginocchiarsi, principe - il nuovo arrivato disse l'ultima parola con tanto disprezzo che avrebbe potuto sputare veleno.
- Perché siete qui? - chiese mio padre, spostandosi impecettibilmente davanti alla culla. Il suo corpo era teso, come aspettandosi un attacco.
- Per lei - rispose semplicemente il dio - Dammi la bambina -
A quelle parole, il volto di mio padre, si indurì in un cipiglio di determinazione. Anche io facevo quell'espressione...
- Non avrai mai mia figlia! - disse sguainando la spada.
Normalmente avrei pensato, che cercare di combattere contro un dio fosse un gesto estremamente stupido, ma in quel momento l'idea non mi sfiorò nemmeno. Mio padre per proteggermi era pronto a battersi anche con il padre degli dei e degli uomini.
Zeus d'altra parte non sembrò scomporsi e fissò il povero mortale come se fosse un sacco della spazzatura da buttare fuori.
- Oh, non ti preoccupare - disse - Ucciderò entrambi -
Il battito del mio cuore accellerava, sempre più confuso, mentre le mani del dio iniziavano a brillare e a crepitare, caricandosi di energia elettrica.
Avrebbe incenerito l'intera capanna con un fulmine ma una voce lo fermò in tempo.
- Padre! No! -

Eroi dell'Olimpo: I Miti SegretiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora