Capitolo 4: A quanto pare i cavalli possono volare

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Era un martedì sera, per la precisione l'11 aprile. Anche conosciuta come l'ultima sera normale della mia vita.
Ero seduta alla scrivania in camera mia e stavo cercando di finire un disegno.
- Cass -
Mi voltai. Mia madre era in piedi davanti sulla soglia della stanza.
- È tardi, va a dormire - mi fece l'occhiolino - Domani è una giornata importante -
Chiusi il quaderno e infilai il mio pigiama rosa con i coniglietti (non giudicatemi: tutti hanno pigiami imbarazzanti). Mi addormentai subito e, come succedeva quasi tutte le notti mi misi a sognare. Ma sta volta era diverso.


Mi trovavo ai piedi di una collina, in cima c'era un pino. L'avevo già visto quel posto: era il luogo in cui era morta la ragazza dai capelli neri. Di solito, quando facevo quel sogno, vedevo la bambina dagli occhi grigi che veniva trascinata via, piangendo, dal ragazzo biondo. Sta volta non c'era nulla di simile. Per la prima volta nei miei sogni non stavo osservando cose successe ad altri, ma avevo il controllo di me stessa e potevo fare quel che volevo. 

Salii in cima alla collina e ciò che vidi oltre fu spettacolare: sembrava una specie di campo estivo. Lo so, lo so, vi starete chiedendo cosa c'è di spettacolare in un campo estivo. Be', quello lo era. C'erano enormi distese di campi di fragole rosse e mature, un fiume che attraversava un boschetto verde, per poi sfociare in mare, e una bellissima spiaggia di sabbia bianca. Dodici casette erano disposte a "U", erano l'una diversa dalle altre: una era fatta di sassi bianchi, una sembrava la casa delle barbie, un'altra un'officina, un'altra ancora era rossa e aveva davanti una testa di cinghiale. Tutte, però, sembravano dei templi dell'antica Grecia. Più lontano c'era una casa più grande. Sembrava una normalissima casa per le vacanze, di quelle che si trovavano lungo la baia di Long Island, tranne per i colori: bianco e azzurro. Sotto la veranda della casa due uomini stavano giocando a carte: uno era seduto su una sedia a rotelle, l'altro portava una camicia hawaiana leopardata. C'erano campi di pallavolo, delle stalle, un'area per il tiro con l'arco, alcuni capannoni che sembravano delle officine, un muro per l'arrampicata e un enorme gazebo pieno di tavoli da picnic. Un enorme anfiteatro in stile greco e un'arena circolare sorgevano poco lontano dalla casa più grande.

Tantissimi ragazzi di tutte le età popolavano quel luogo ed erano tutti impegnati nelle più svariate attività: giocavano a pallavolo contro ragazzi con le gambe pelose come capre, si esercitavano a duellare con la spada o a tirare frecce con un'arco, cavalcavano cavalli alati, raccoglievano fragole nei campi, fabbricavano armi nelle officine o si arrampicavano sull'apposita parete che sembrava proprio colare lava vera. Tutti quanti indossavano una maglietta arancione e sembravano essere assolutamente felici. Per quanto quel posto potesse essere strano, mi faceva sentire a casa. Dovevo andarci assolutamente.

Ma appena feci un passo avanti una voce mi fermò.
- Ferma -
Mi voltai: in piedi davanti al pino c'era una donna che sembrava essere sbucata dal nulla. Aveva lunghi capelli biondi e seri occhi grigi che avevo l'impressione di avere già visto Indossava una camicia bianca, jeans e scarpe sportive.
- Non è ancora giunto il momento - mi disse.
- Ehm...Quale momento? - chiesi disorientata.
- Il momento di andare al Campo Mezzosangue, Cassidy -
Era un nome un po' inquietante per un posto così bello, ma la cosa più importante al momento era: perché quella tipa conosceva il mio nome?!
- Ci conosciamo? - chiesi facendo un passo indietro.
- Si, ci siamo viste una volta -
- Quando? Io non ti ho mai vista -
- Forse posso rinfrescarti la memoria -
In men che non si dica si trasformò in un'anziana donna dai capelli grigi: la vecchietta della bancarella di libri.
- Lei?! - esclamai. Ecco dove avevo già visto quegli occhi!
- Si, io. Vedo che i miei regali ti sono piaciuti - disse guardandomi.
Abbassai lo sguardo. Non indossavo il pigiama (per fortuna. Sarebbe stato imbarazzante) ma avevo la mia felpa preferita, grigia con un teschio fucsia, jeans strappati su un ginocchio, le mie scarpe da ginnastica e...il foulard nero con le lettere greche. Non mi ero nemmeno accorta di avere in mano il libro che mi aveva regalato la vecchietta.
- Chi è lei? - chiesi praticamente senza parole.
- Lo capirai domani -
Ma che razza di risposta era?! Decisi di non essere scortese e di non farla arrabbiare, così chiesi: - Dove siamo? -
- In un sogno -
- Si, questo lo so. Intendevo dire questo posto, il Campo Mezzosangue, dove si trova?
Immaginavo un nome poetico come quelli dei libri che mi leggeva la mamma. Che ne so, qualcosa tipo "Narnia" o "Hogwarts". Invece lei rispose tranquillamente: - A Long Island -Tranquilla ti basterà aspettare domani e capirai meglio.
Si trasformò di nuovo nella giovane donna dai capelli biondi, poi aggiunse: -Hai altre domande da farmi? -
- Se ho delle domande?! Mi prende in giro? Ne avrò solo due o tre milioni! Perché sto sognando questa roba? Perché da quando l'ho incontrata ho iniziato a fare sogni strani? Quei cavalli volano davvero? Perché quei ragazzi si allenano a combattere? Che razza di campo estivo è questo? Perché lei è nel mio sogno? E che cosa diavolo succederà di così importante domani? -
Ansimai cercando di riprendere fiato.
La donna sollevò le sopracciglia e mi squadrò.
- Sai, credo che le domande siano segno di curiosità. E la curiosità è segno di intelligenza. Per cui di solito incoraggio a farne, ma tu ne hai veramente troppe! In ogni caso... - sospirò con fare  enfatico - No, non ti sto prendendo in giro. Stai sognando "questa roba" perché sono io ad averti inviato questo sogno. Fai sogni strani perché stai crescendo e la tua natura e i tuoi poteri si stanno risvegliando. Si, volano davvero. Quei ragazzi si allenano per combattere contro i mostri. Questo è un campo per persone come te. E sono nel tuo sogno per darti questo -
Mi lanciò un oggetto e io lo presi al volo: era un bracciale di cuoio dipinto d'argento con sopra il disegno di una falce di luna.
- Grazie - replicai, non sapendo che altro dire.
- Prego - rispose lei - E ora è giunto il momento di andarmene -
- Aspetta! - gridai.
Non poteva andare via così! Avevo ancora un mucchio di cose da chiederle!
- Si? -
- Non ha ancora risposto all'ultima domanda .
Mi guardò con sguardo furbo. - Be' Cassidy, semplicemente domani sarà il tuo compleanno - disse sorridendo in modo scaltro.
Rimasi a guardarla senza parole.
Stavo per urlarle contro che non poteva dare risposte del genere alla povera gente confusa, ma poi aggiunse: - Per tutte le risposte che vuoi, domani vai sulla quinta strada. Troverai una persona che risponderà a tutte le tue domande -
Detto questo, scomparve nel nulla. Continuai a pensare alle cose che mi aveva detto: l'unica certezza che avevo era che, a quanto pareva, i cavalli potevano volare.

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Angolo dell'autrice
Ciao ragazzi, spero che la mia storia vi piaccia. Commentate e fatemelo sapere. La vostra opinione è molto importante per me. :-)

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