Capitolo 5: Il compleanno più strano di sempre

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D'accordo ho mentito: un paio di volte da piccola ho pensato a come sarebbe stato se avessi incontrato i miei veri genitori, o almeno uno di loro. Ci pensavo così tanto per fare, non credevo che potesse accadere realmente, ma ovviamente ho smesso quando ho capito che dovevano avere avuto i loro motivi e che i miei genitori addottivi mi stavano crescendo come una figlia e non avrei potuto chiedere di meglio. Immaginavo abbracci, lacrime e scuse per avermi abbandonata. Non avrei mai pensato a una scena del genere: io impalata, la bocca aperta per lo shock e gli occhi sgranati, e "mia madre" che mi fissava preoccupata aspettando una reazione ma cercando allo stesso tempo di rimanere impassibile.
- Mia.... madre? - mormorai incredula.
Atena era seria, la rabbia di prima sembrava essere svanita. Quando la guardai annuì, come per confermare quanto appena detto. Spostai lo sguardo su Annabeth ma lei lo distolse.
- Tu lo sapevi, vero? - le chiesi - l'hai capito in taxi.
Annuì dispiaciuta - Ci ho pensato quando ho visto quell'arco... È uguale a quelli che usano le cacciatrici di Artemide - poi aggiunse, forse solo per cambiare argomento - Mi hai detto che sai cos'è un Mito Segreto ma non me l'hai ancora detto -
- Un Mito Segreto è qualcosa che gli dei tengono nascosto - le risposi - Può essere un oggetto, un animale, un luogo...o, come nel mio caso, una persona. In pratica quando qualcosa dà fastidio agli dei o li fa vergognare loro lo nascondono da qualche parte e fingono che non sia mai esistito. Poi se qualcono si fa scappare qualcosa lo mettono a tacere spargendo la voce che quello che dice è una leggenda inventata. Tutti i Miti Segreti sono stati raccolti in questo libro, credo che sia l'unica copia esistente -.
- Infatti lo è - intervenne Atena - ed è ora che tu lo affidi a qualcun altro.
- In che senso? - chiesi io.
- Sai, Cassidy, nell'antichità - spiegò lei - era usanza scambiarsi dei doni in alcune circostanze. Una di queste era la partenza di qualcuno. Sarebbe bello se tu dessi ad Annabeth il tuo libro in modo che lei possa saperne di più sui Miti Segreti, e magari lei potrebbe darti qualcosa in cambio. In questo modo entrambe avrete la certezza di rincontrarvi - .
Sembrava una bello avere qualcosa per ricordarmi di Annabeth e di avere avuto una vera amica almeno per un'ora, ma potevo davvero privarmi di quel libro? Si, lo so è una cosa tremendamente egoista da dire ma sapete cosa vuol dire non riuscire a leggere nemmeno una lettera dell'alfabeto senza avere il mal di testa e finalmente avere qualcosa che ti fa sentire come tutti gli altri?
Ma io non ero come tutti gli altri. Io ero una semidea, Io ero un Mito Segreto.
Guardai Annabeth: si controllava ma era chiaro che moriva dalla voglia di leggere quel libro. Sarebbe stato in buone mani. Mi avvicinai a lei e glielo porsi.
- Trattalo bene, d'accordo? -
- Per chi mi hai preso? Per una che piega gli angoli delle pagine per tenere il segno? Certo che lo tratterò bene, gli canterò persino la ninnananna per farlo addormentare!-
Ridemmo entrambe.
- Ora tocca a me - disse Annabeth.
- Non fa niente ho già avuto abbastanza regali per oggi -.
Lei mi guardò perplessa - È il tuo compleanno? -
Annuii.
- In questo caso è un motivo in più. Anzi ti farò due regali - aprì lo zaino ed estrasse un libro - Questo è "Il Manuale del Perfetto Semidio": è una raccolta di consigli per l'allenamento fisico, il riconoscimento di mostri e dei, la scelta delle armi, insomma tutto quello che ogni semidio deve sapere per sopravvivere. Ci sono anche delle fotografie del campo: magari ti farà piacere vedere com'è -.
Non avevo parole così anche io tirai fuori qualcosa dallo zaino: la sciarpa con le lettere greche.
- Ti ho già raccontato cos'è - le dissi porgendogliela - tu mi fai due regali, io te ne faccio due: così è più equo. Se sei così orgogliosa da non voler accettare qualcosa in più allora considerala un regalo per quando compirai gli anni - le feci l'occhiolino.
Lei sorrise estraendo un pugnale dalla cintura.
- Mi fai paura con quel coso in mano -
Lei alzò gli occhi al cielo: - Perché dicono tutti così quando ho un arma? - poi aggiunse - È il mio secondo regalo. prendilo: è tuo adesso.
- Ma è il tuo coltello - dissi incredula.
- Ti sbagli: l'ho preso un po' di tempo fa dall'armeria del campo. Non ha alcun valore affettivo per me, ma per te si: l'hai usato per uccidere il tuo primo mostro! Vedi, questo è il mio coltello - disse indicando l'altro pugnale che aveva alla cintura - me'l ha regalato un amico molto tempo: è una specie di promessa - aggiunse in tono malinconico.
Delle immagini lampeggiarono nella mia mente come il flash di una macchina fotografica: un ragazzo dai capelli biondi, una piccola Annabeth, quel pugnale, "saremo una famiglia": avevo intenzione di dire ad Annabeth che avevo sognato la sua infanzia più tardi, magari dopo aver visitato il campo, ma tra lo shok di avere conosciuto mia madre e di avere scoperto di essere un Mito Segreto me l'ero completamente scordato. Artemide diceva di non volermi lasciare andare al Campo Mezzosangue, dovevo parlargliene ora.
- Annabeth devo dirti una cosa importante...
- Basta con le chiacchere - mi interruppe Artemide - Dobbiamo andare.
- Ma... - protestai io
- Cassidy - mi chiamò Atena - Ora non è il momento. Glielo dirai la prossima volta che vi vedrete - .
Dal suo tono capii che sapeva cosa avrei voluto dire ad Annabeth, ma ubbidii. Sapevo che l'avrei rivista.
Annabeth mi abbracciò e io ricambiai.
- Sappi che questo non è un addio ma un arrivederci. Buona fortuna, Cassidy, qualcosa mi dice che ne avrai bisogno -
- Buona fortuna anche a te, Annabeth. Mi mancherai -
- Anche tu -
E così dicendo mi sorrise, si voltò con il mio libro e la mia sciarpa in mano e si incamminò giù per la collina, verso il Campo Mezzosangue.
Ebbi l'impulso di correrle dietro ma non lo feci: dovevo affrontare i miei problemi.
Gurdai "mia madre". Avevamo lo stesso viso piccolo dal mento appuntito, gli stessi capelli castano-biondo e gli stessi occhi di un marrone intenso. Ci assomigliavamo proprio come...beh come madre e figlia
- Bene - dissi rivolta ad Artemide - portami dove vuoi ma sbrigati, devo essere a casa per cena.
- Tu non tornerai a casa sta sera - rispose lei.
- In che senso? - chiesi incerta, anche se avevo già capito quello che voleva dire.
- Ti porterò in un luogo sicuro dove ti allenerai e ti preparerai. Ma prima dobbiamo fare una fermata. Seguimi.
Non capivo quello che stava succedendo. Dovevo abbandonare i miei genitori? E se si, per quanto sarebbe stato? Una settimana, un mese o...per sempre? Seguii Artemide giù per la collina fino a un meraviglioso carro d'argento guidato da un cervo bianco dalle corna argentate.
- Wow! - esclamai.
- Lui è Aristeo - lo presentò lei.
Non avevo mai conosciuto un cervo, così nel dubbio mi presentai anch'io.
- Ciao Aristeo, io sono Cassidy -
Tesi una mano per accarezzarlo e lui mi leccò la faccia.
- Ehi! Ci siamo appena vi conosciuti è un po' presto per baciarmi - gli dissi sfregandomi la faccia.
- Vacci piano con lei - lo ammonì mia madre. Aristeo chinò la testa spaventato.
- Perché è così impaurito? - le chiesi, anche se non ce ne era bisogno: conoscevo mia madre da neanche venti minuti ma avevo capito che quando si arrabbiava poteva fare veramente paura.
- Una volta era un uomo - rispose - si innamorò di me ma io lo rifiutai. Mi corteggiava in modo talmente irritante che io lo trasformai in un cervo per punirlo e lo costrinsi a trainare il mio carro per sempre.
- Ho già sentito questa storia, ma credevo che l'avevi fatto uccidere dai suoi stessi cani.
- No l'ho fatto inseguire ininterrottamente per due giorni dai suoi stessi cani. Poi ho avuto pietà: i mortali non riescono a controllare i loro stupidi sentinenti e continuano a seguire il loro cuore. Puah. - disse con aria disgustata.
- Tu l'hai mai fatto? - chiesi non riuscendo a trattenermi.
- Cosa? -
- Seguire il tuo cuore. L'hai mai fatto?-
- No - rispose con un tono da "il discorso è chiuso". Il suo sguardo avrebbe potuto congelare un falò.
Se pensava che avrei mollato il discorso si sbagliava di grosso. Infondo aveva una figlia. Mi chiesi chi fosse stato capace di attirare l'attenzione della gelida dea a tal punto da farla innamorare di lui. Chi era mio padre? Doveva essere un uomo fantastico se lei aveva infranto il suo giuramento per lui. O forse non l'aveva infranto, forse ero uscita dalla sua testa come Annabeth da Atena oppure ero nata in un modo peggiore. Rabbrividii e cercai di smettere di pensarci.
Artemide era salita sul carro e io mi misi accanto a lei.
- Tieniti forte - mi disse prendendo le briglie e poi dando un forte strattone. Il carro partì a razzo sfreciando nel cielo. Strinsi il bordo più forte che potei per non essere sbalzata fuori dal veicolo. Il vento mi schiaffeggiava la faccia talmente forte da rendere difficile respirare. Ero terrorizzata. Non avevo mai sofferto di vertigini ma quel coso non aveva nessuna cintura di sicurezza. A un certo punto il carro si stabilizzò e rallentammo, immerse tra le nuvole. La paura svanì lasciando il posto allo stupore. Lassù era magnifico: nuvole di ogni forma si inseguivano come morbidi cuscini bianchi, creando mille disegni e ghirigori in aria. Avevo voglia di lanciarmi su una di loro per vedere se sarei rimbalzata come su un materasso ma resistetti all'impulso. Allungai una mano e ne sfiorai una: mi solleticò il palmo ma allo stesso tempo mi sembrava di non toccare nulla. Il carro si abbassò e uscimmo dalla massa di nuvole. Sotto di noi si estendeva l'intera Manhattan: immensi grattaceli, strade trafficate piene di taxi gialli, persone grandi come formiche lungo i marciapiedi, la lunga striscia grigia dell'East River e la grande macchia verde di Central Park. Ero senza fiato. Aristeo correva nel cielo sicuro e veloce come su una strada asfaltata. Iniziammo a scendere verso il basso puntando verso l'Empire State Building. Ricordai ciò che mi aveva detto Annabeth riguardo alla dimora degli dei e sperai che Artemide mi stesse portando sull'Olimpo. Invece ci passammo soltanto accanto, per poi scendere ancorra più in basso e atterrare in una normalissima strada di New York. Alzai lo sguardo e mi resi conto che ci trovavamo esattamente davanti a casa mia.
- Che ci facciamo qui? - chiesi - avevi detto che non sarei tornata a casa sta sera - .
- Infatti è mattina - non capii stesse scherzando o lo facesse apposta per irritarmi ma non ebbi il tempo di pensarci perché poi aggiunse : - Fai le valigie, saluta i tuoi e torna giù. Io ti aspetto qui. Ah, e ti dispiacerebbe fare presto; ho parcheggiato in doppia fila -.
- Cosa?! - esclamai sconcertata.
- Devi dirgli addio per sempre. È meglio per tutti.
- Fammi capire: tu spunti all'improvviso nella mia vita, dici di essere mia madre e ti comporti come se questo bastasse a farmi fidare di te a tal punto da abbandonare la mia famiglia e tutto ciò che conosco per andare in questo misterioso "luogo sicuro" - mimai le vigolette con le dita - Dandomi come unica spiegazione il fatto che "sia meglio per tutti" - altre virgolette - So che sei mia madre ma questo non ti da il diritto di comandarmi a bacchetta o di rispondere alle mie domande come se fossi una bambina di due anni. Quindi non mi muoverò di qui finché non mi darai un motivo valido - .
Forse avevo parlato in modo troppo aggressivo perché Artemide aveva perso la sua espressione impassibile e mi stava fissando disorientata.
- Ehm... - disse cercando di trovare la parole giuste - Devi capire che la vita dei semidei non è per niente facile... - .
- Si, me ne sono resa conto - la interruppi io. Tendo spesso a diventare acida e sarcastica quando mi arrabbio.
Artemide fece un respiro profondo, come per cercare di riordinare le idee: - Ci sono moltissime ragioni per cui dovresti venire con me. Per esempio il fatto che là sarai al sicuro....
- Questo l'hai già detto. Ma anche al Campo Mezzosangue sarei al sicuro quindi perchè dovrei darti ascolto? -.
- Tu sai chi è Crono? - mi chiese all'improvviso.
- Sì, - risposi confusa - facendo bene i calcoli sarebbe il mio bisnonno. Ma cosa c'entra con me? - .
- Crono si sta risvegliando ed è una minaccia per l'Olimpo. Sta per scoppiare una guerra ma tu non dovrai farne parte. Al Campo Mezzosangue saresti subito addestrata a combattere lui e il suo esercito - .
- E questa è...una brutta cosa...? Non dovrei imparare a combattere i mostri? -
- Sì - disse Artemide. Dalla dua espressione era evidente che non sapeva che cosa dire - Ma... non Crono: sono sicura che lui non prenderà in cosiderazione i Miti Segreti ma se sapesse della tua esistenza ti userebbe per i suoi scopi malvagi e chissà cosa potrebbe convincere a fare tutti gli altri - .
Ok, un punto per lei. Anche se non mi piaceva affatto l'idea di essere utile stando ferma a non far niente mentre gli altri semidei combattevano il male. Ho sempre odiato essere definita inutile ed purtroppo era una cosa che mi succedeva abbastanza spesso a scuola.
Artemide diede voce ai miei dubbi:
- E non saresti affatto inutile. Se venissi con me potresti allenarti per il tuo vero compito -.
- È quale sarebbe? - chiesi incuriosita.
- Salvare i sette e sconfiggere la Grande Minaccia -.
Ci stavo capendo sempre di meno.
- Chi sono i sette e che cavolo è la "grande minaccia" ? -.
- Nessuno sa chi siano, ma i sette sono degli eroi che avranno il compito di salvare il mondo nella prossima guerra. Nessuno sa quando accadrà, se ho dovuto risvegliarti dodici anni fa allora probabilmente avverà presto...
- Risvegliarmi?! - esclamai ma lei continuò.
- Chiunque la scatenerà cercherà il sostegno dei Miti Segreti e tenterà di portarli dalla sua parte. Tu dovrai impedirlo ma soprattutto dovrai impedire che la Grande Minaccia, un mostro terribile e molto potente, venga risvegliata. Se dovesse accadere tu la dovrai affrontare da sola -
- Perché proprio io? -
- Ti sei mai chiesta perché al tuo libro manchino alcune pagine? -
In effetti al libro mancavano delle pagine ma avevo sempre pensato che fosse perché era talmente vecchio che l'avevo riempito di scotch per evitare che cadesse a pezzi.
Artemide non attese la mia risposta.
- Quelle pagine raccontano le storie di miti talmente segreti da non poter essere contenute nemmeno nel libro dei Miti Segreti. Una di queste pagine parla della Grande Minaccia e solo un Mito Segreto potente quanto lui può sconfiggerlo. E questo Mito Segreto sei tu. Un'altra di quelle pagine mancanti... - fece una pausa come per cercare coraggio - Parla di te - .
Rimase in silenzio. Forse si aspettava un altra delle mie domande, e sarebbe stato logico che io ne avessi, ma il punto era che io non ne avevo. Io per la prima volta in tutta la giornata non volevo sapere proprio nulla. Non volevo sapere chi fosse mio padre né come mia madre l'avesse conosciuto né come io fossi nata. Non volevo sapere chi erano i sette né cosa fosse questa fantomatica "Grande Minaccia". Non volevo sapere perché facessi quei sogni né perché dovessi abbandonare la mia famiglia né perché Aristeo il cervo stesse mangiando con gusto della spazzatura da un cestino dell'immondizia. Niente di niente. Avevo fatto Buon viso a cattivo gioco. Avevo accettato di buon grado tutto quello che avevo scoperto oggi. Ma anche la mia sopportazione aveva un limite.
Era come se all'improvviso l'universo avesse bussato alla mia porta e mi avesse detto: "Ehi Cass, come va? Sono solo passato a salutarti. Oh e già che ci siamo volevo dirti che tutto ciò che sai di mitologia greca, non ci crederai mai, ma è reale. E non solo! Tu sei una semidea e oggi conoscerai tua madre che è niente popò di meno che una dea che ha fatto un giuramento di castità e che ti rivelerà quanto diventerà incasinata la tua vita tra eroi da salvare e Grandi Minaccie da uccidere. Insomma cose che accadono tutti i giorni. Divertiti!"
E Artemide di certo non aiutava! Se ne stava lì a disagio con aria imbarazzata cercando di dimostrarsi più interessata a una fila di formiche che stava dando assalto a un hamburger finito sul marciapiede che a sua figlia. Che cosa dovevo fare? Rimasi a fissare il vuoto come se la risposta potesse piombare giù dal cielo.
E infatti lo fece.
La risposta arrivò sotto forma di enorme ammasso di piume nere volante che sfondava una delle finestre del palazzo. Mi voltai: Era la finestra del nostro soggiorno. Senza pensarci due volte mi precipitai verso le scale sperando che i miei genitori non fossero ancora tornati. Sentii un grido e accellerai temendo il peggio. Senza neanche rendermene conto mi tolsi il bracciale. L'arco mi comparve all'istante nella mano sinistra e sentii il peso leggero della faretra sopra lo zaino, sulla schiena. Una volta arrivata alla porta tentai di aprirla con una spallata. L'unico risultato fu quello di farmi male. Non c'era tempo di cercare le chiavi! Feci qualche passo indietro ed estrassi una freccia sperando di riuscire a colpire la serratura. Tesi la corda dell'arco, scoccai la freccia...e la porta esplose! Avevo usato una freccia esplosiva! Mi fiondai nel varco di schegge di legno senza pensarci troppo. Mamma e papà avrebbero potuto comprarsi un altra porta ma non un'altra vita. Mi catapultai in salotto. Una delle finestre del salotto era rotta e c'erano pezzi di vetro sparsi dappertutto. I mobili erano distrutti: il tavolo e le sedie erano stati fatti a pezzi, il divano era stato sfondato, la libreria era caduta rovesciando i libri sul tappeto e il televisore aveva un buco enorme al centro dello schermo. Ma la cosa più inquietante era che non sentivo alcun rumore. Avanzai piano per cogliere il mostro di sorpresa tendendo una freccia già incoccata nell'arco. Passai di fronte alla cucina: era ancora intatta. Proseguii verso le camere da letto. Entrai in quella dei miei genitori. Il letto era distrutto e l'armadio fatto a pezzi. Poi li vidi: erano accasciati a terra svenuti pieni di tagli e ferite. Papà aveva gli occhiali rotti e mamma i capelli arruffati. Mi precipitai verso di loro dimenticandomi del mostro che si aggirava per casa.
- Mamma! Papà! Svegliatevi vi prego! Dobbiamo andarcene! -
Papà aprì leggermente gli occhi
- È una....trappola - mormorò debolmente indicando un punto dietro di me.
- Ciao Cassssidy - sibilò una voce alla mie spalle.
Un brivido gelido corse lungo la mia schiena. Come avevo potuto essere così stupida?!









Eroi dell'Olimpo: I Miti SegretiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora