Sine Die.

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Diciassettesimo Capitolo; Sine Die.

-Vieni pure, scusa, è un pò disordinato qui- sorrise imbarazzato, togliendo la palla da football dal ciglio della porta.

-Tranquillo- mugolai io, strabuzzando gli occhi appena vidi un cesto pieno di giochi per bambini.

-Vivi solo?- domandai, cercando di capire senza essere invasiva e, soprattutto, senza chiedergli direttamente "Senti, giusto per sapere... hai figli?".

-No, magari... vivo con mia madre, mia sorella e mio fratello- rispose, togliendosi la giacca e poggiandola sulla poltrona, io feci lo stesso, tenendo la mia tra le braccia.

Io annuii, pensado immediatamente a quanto doveva essere bello vivere con così tante persone attorno, io la maggior parte delle mie giornate le trascorrevo da sola, i miei parenti erano quasi tutti in Italia e li vedevo solo in estate.

-Accomodati pure, io vado a preparare la cena- disse, avvicinandosi a me con un grande sorriso stampato in faccia, velocemente prese tra le mani il mio viso e mi rubò un bacio, andando poi verso quella che doveva essere la cucina.

Mi guardai attorno, osservando alcune foto appese alla parete e poste accanto al mobile della tv.

Sorrisi, guardando un piccolo Ash in braccio a una donna con i capelli biondi, un'altra lo raffigurava da solo, e quella dopo raffigurava due bambini, sicuramente suoi fratelli.

Andai verso il divano, sedendomi nel mezzo, e osservando l'ambiente che mi circondava, che non era così tanto diverso da quello di casa mia, e subito notai che in nessuna delle foto che avevo visto c'era una figura maschile, ma la cosa non mi stupiva affatto, essendo la prima a non avere il ben che minimo ricordo del proprio padre.

Sentii un leggero trambusto provenire dalla cucina, mi alzai, percorrendo il corridoio e trovando Ashton di spalle davanti ai fornelli, così mi avvicinai, cingendo i suoi fianchi con le mie braccia.

-Hey, doveva essere una sorpresa! Vai via- sentii vibrare il suo torace appena ridacchiò, era dolcissimo.

-Ok, vado via, se non mi vuoi, vado via...- cantilenai, facendolo voltare, mi afferrò il polso facendomi tornare tra le sue braccia.

-Sei veramente adorabile come donna di casa- scherzai, notando la sua maglietta sporca.

-Smettila, so che puzzo di cibo, ma ti ricordo che sto cucinando per te- mi rimproverò come se stesse parlando a una bambina.

-Oh, scusa papà- ridacchiai, spostandomi e prendendo il mestolo dal piano cottura.

-Tu, torna qua!- rise, venendo verso di me, posando dietro di se lo strofinaccio che aveva tra le mani.

-No- gli feci la linguaccia, allontanandomi ancora di più.

-Piccola insolente, dammi immediatamente quel cos... oddio suona così male. EV!- rise ancora di più alle sue stesse parole, raggiungendomi verso il salone.

-Ti picchio con quel mestolo, dammelo subito, si brucerà tutto per colpa tua!-

-Ah si? Mi picchierai?- mi imbronciai, con le mani sui fianchi e il suo adorato mestolo stretto a una di esse.

-Si, ti sculaccio con... ODDIO EVELYN, DAMMELO- mi fece indietreggiare, facendo cadere entrambi sul divano.

-Pesi, Ash- risi, mettendo le mani sulle sue spalle per spingerlo via.

-Peccato, perché io sono comodissimo- il suo sorriso malizioso mi fece alzare gli occhi al cielo, facendomi ridere.

-Ash...-

-Mh?-

-C'è puzza di bruciato- dissi, staccando le mia mani dai suoi capelli.

-Cazzo, Evelyn!- si alzò, correndo verso la cucina, io ridacchiai per la sua reazione da nonnina.

Rimasi alcuni minuti su quel divano, prima di sentirlo urlare dalla cucina, dicendomi di raggiungerlo.

-Aw, Ash...- sorrisi, guardando la tavola apparecchiata e un mazzo di fiori accanto a quello che doveva essere il mio posto.

-Mi dispiace non aver potuto fare di più, giuro che la prossima volta ti porterò in un vero ristorante...- disse lui, con lo sguardo puntato verso il pavimento, mentre tamburellava le dita sul tavolo.

-Ash- appena il suo sguardo si posò sul mio gli sorrisi, avvicinandomi a lui e abbracciandolo.

-Nessuno aveva mai fatto una cosa così romantica per me in tutta la mia vita- sospirai, felice di trovarmi lì, in quel preciso istante e con lui.
-Si, ma...-
-Niente ma, non ho bisogno di nessun ristorante lussuoso o cose simili, è la tua compagnia che voglio, non è il luogo che conta- cercai di rassicurarlo, racimolando un po' del mio scarso coraggio e premendo le mie labbra sulle sue, e sentendolo poi sorridere, sorrisi anche io.

-Dai, siediti, sennò si raffredda- sorrise dopo essersi allontanato dal mio viso, voltandosi per prendere alcuni piatti dal marmo.
-Voilà, signorina- mi porse un piatto di pasta con i broccoli, io ridacchiai.
-Chi ti ha detto dei broccoli?- domandai, notando il suo sguardo divertito.
-L'intuito- si mise seduto davanti a me, cercando la mia mano sul tavolo e stringendola con la sua.
-Ok, confesso, è stata Alice- io sorrisi pensando  a quanto impegno ci avesse messo a preparare tutto questo.
-Bene, adesso vediamo se sai cucinare come dici- afferrai la forchetta, sotto il suo sguardo leggermente imbronciato e preoccupato che mi fece sorridere.
-Mh, beh... contando che mia madre è una Chef ed è la proprietaria del più famoso ristorante italiano di Sydney, e tu hai cucinato pasta per la sottoscritta, con madre italiana...-
-Tua madre cosa?! Oddio, non mangiarla, ti prego. Sputala, dai Ev!- s'imbarazzò del tutto, mostrando le fossette e cercando di togliermi il piatto.
-È buonissima, scemo- picchiettai la sua mano che stava per togliermi il piatto, e lo feci rilassare per un secondo.
-Lo dici solo per non offendermi- brontolò, iniziando a mangiare.
-Ok, è il piatto di pasta più schifoso che abbia mai mangiato- scoppiai a ridere quando vidi i suoi occhi strabuzzare.
-Dai, scherzo! Ora mangia, su!- gli rivolsi un ultimo sorriso per poi riprendere a mangiare.

Non parlammo molto, il contatto con le nostre mani strette l'un l'altra bastava per colmare il silenzio che non fu ne imbarazzante ne fastidioso.
Mi resi conto che stava diventando parte integrante delle mie giornate e che, in un solo mese, era riuscito a farmi sentire importante, con tutte le sue piccole attenzioni, che mi facevano sperare sempre di più di poterlo tenere nella mia vita per un tempo indeterminato, che non per forza doveva stare a significare "per sempre", perché si sa, la promessa del "per sempre" è solo un illusione da innamorati che, dopo non molto, decidono che il loro giuramento era solo un mucchio di parole insignificanti, impossibili da mantenere.
Per questo motivo non mi aspettavo nessun "per sempre" da Ashton, ma aspettavo solo che arrivasse un noi, con una fine, se per forza sarebbe dovuta esserci, a data da destinarsi.

My KFC Love Affair. ||Ashton Irwin||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora