Capitolo 1

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Tre giorni dopo l'incidente...

Sento un suono fastidioso continuare a ripetersi nella mia testa. È un bip continuo e se qualcuno non lo fa smettere entro cinque secondi mi arrabbio davvero! Sento il corpo pesante e intorpidito, fatico a muovermi.

«Bambina mia ti prego apri gli occhi.» sento mormorare a bassa voce alla mia destra e fatico a riconoscere la voce a causa dell'incessante rumore nella mia testa, che rischia di scoppiare.

Cerco un appiglio di speranza che mi dia la forza di aprire gli occhi e affrontare il mondo, ma non riesco a trovarlo, mi sento debole e insignificante.

«Se... se non vuoi tornare da me lo capisco, ma ti prego so che è da egoisti ma ho bisogno di rivedere i tuoi occhi un'ultima volta, non riuscirei a convivere con il dolore della tua perdita. Non riuscirei più a vivere senza vederti sorridere e ridere quando inciampi per la casa, quindi ti prego bambina mia svegliati.» una goccia mi colpisce la mano, la sento scivolare lungo le dita e infine cadere sulla superficie su cui sono appoggiata.

Ora sono certa che la voce apparteneva a mio padre, lui che mi ha vista in uno dei momenti più difficili della mia vita finora, lui che ha subito in silenzio il dolore ingiusto che gli infliggevo e lui che non ho mai visto o sentito piangere.

Ha detto che capisce se non voglio più tornare da lui, ma io voglio farlo solo che non riesco a trovare la forza necessaria per farlo.

Lo sento appoggiarsi al mio braccio con la testa e i suoi capelli mi solleticano la pelle, singhiozza e vorrei così tanto che non lo facesse, non lo merita.

Una scossa elettrica mi attraversa tutto il corpo e finalmente mi decido ad aprire gli occhi lentamente, una luce bianca abbagliante mi colpisce subito e chiudo per poi riaprire le palpebre velocemente.

«Papà.» cerco di dire, ma la voce sembra non uscire, sento la gola più secca di un deserto e quando provo a parlare la voce graffia.

Debolmente sollevo il braccio e accarezzo i capelli di mio padre, lasciando sfuggire una lacrima dai miei occhi lucidi.

«Isabelle!» esclama sollevando la testa di scatto e sfiorandomi la mano con la guancia. 
«Ciao papà.» gli dico semplicemente a fatica per colpa del bruciore in gola.

«Non parlare, riposati, vado a chiamare un medico.» mi dice agitato e annuisco semplicemente, mentre lui esce a cercare qualcuno.

Mi guardo intorno, è tutto così bianco e spoglio come una tela senza colori che ti mette tristezza e angoscia.

«Buongiorno Isabelle come ti senti?» mi domanda all'improvviso un medico entrando nella piccola stanza con un sorriso gentile, ma di circostanza.

«Mi gira la testa e sento il corpo intorpidito.» dico osservandolo da capo a piedi. Avrà all'incirca l'età di mia madre, capelli castani corti e caldi occhi nocciola, irradia tranquillità e sicurezza.

«E' normale ti sei appena risvegliata da un coma di quasi tre giorni, ora eseguiremo una serie di controlli, nulla di spaventoso e poi vedremmo quanto dovrai stare a riposo.» mi spiega tranquillamente e annuisco senza ascoltare veramente.

Tre giorni, sono stata tre giorni senza contatti con il mondo e senza sapere cosa mi succedeva attorno.

Entrano altre due infermiere nella stanza e iniziano a farmi una serie di controlli, parlottando tra di loro e mostrando radiografie al medico di prima, che annuisce grattandosi il mento pensieroso.

«Ritieniti fortunata, una botta del genere di solito comporta danni molto gravi, mentre tu hai riportato solo ferite superficiali e qualche lesione, ma nulla di irreparabile come danni al cervello o al midollo spinale. Direi che un paio di giorni qui in ospedale sotto controllo possano bastare e dopo di che un bel riposo di almeno una settimana a casa e tornerai come nuova.» parla osservando un foglio e quando alza lo sguardo verso di me mi sorride facendo segno alle due infermiere di uscire.

THE LIGHT (sequel di The Darkness)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora