Capitolo 13 Brandon

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Brandon pov's

I suoi occhi verdi sono cupi, mi guardano ma non mi vedono davvero, piuttosto sono concentrati a collegare qualcosa.

Le labbra sono schiuse come se stesse mettendo tutta se stessa per ricordare e la colpa di questa situazione è soltanto mia, mia e dei miei segreti che continuano a tornare a galla.

«La risposta è davanti ai miei occhi» mormora spostando lo sguardo su Riley che sembra a dir poco soddisfatta mentre rigira tra le sue mani la maschera color oro.

«Che cosa le hai detto?» ringhio contro la mora che mi osserva con un ghigno sinistro stampato in faccia.
«Nulla che lei non sapesse già Brandon, è inutile che cerchi di fare il paladino della giustizia, non lo sei ora e non lo sei mai stato» il tono della sua voce è tagliente e mi colpisce come uno schiaffo, devo fare uno sforzo enorme per non afferrarla e spedirla a Timbuctù.

«Devi restartene fuori da questa storia Riley!» tuono stringendo i pugni e Isabelle al mio fianco continua a rimanere in silenzio stringendo tra le mani qualcosa, ma al momento non riesco a vedere di preciso cosa tenga in mano e mi appunto mentalmente di domandarglielo dopo.

La mora si avvicina e i disegni neri sul suo vestito rosso sembrano muoversi con lei ad ogni piccolo soffio di vento. I suoi occhi non sono più quelli allegri e dolci di un tempo, sono pericolosamente vuoti e spenti, quelli di chi ha soltanto un obbiettivo nella vita ed è quello di distruggere la causa del loro male.

Non c'è bisogno di domandarsi chi sia la causa di questo male, è palese.
«Tu non vuoi proprio capire Brandon caro...» scuote la testa come se volesse rimproverarmi e poggia le mani sul mio petto, mi scosto schifato e lei sorride ancora di più, divertita da questa situazione.

«Te l'ho già detto una volta, il gioco lo conduco io ora e non più tu» si avvicina al mio orecchio e il suo odore dolciastro mi provoca soltanto un'ondata di nausea. Il suo respiro mi colpisce dritto sul collo e parla lentamente.

«Stai attento alle scelte che farai da ora in poi. Voi siete le mie marionette e io sono il burattinaio.» non dice altro e si allontana sussurrando qualcosa anche ad Isabelle rimasta ferma immobile tutto questo tempo, non saprei dire se sia shockata o semplicemente pietrificata.

La mora se ne va rimettendosi la maschera e non faccio nulla per fermarla, non servirebbe a niente con una come lei. Sento i suoi occhi limpidi scrutarmi e mi volto anch'io verso di lei.

«Isabelle» tento di dire, ma mi blocca con un cenno della mano.
«Non parlare, neanche una parola» ha un tono pacato e stento a riconoscerla, credo che sia più shockata di quanto pensassi. La nostra guerra di sguardi viene interrotta dall'arrivo di Austin e Lyla.

Hanno entrambi il fiatone immagino causato dalla corsa e si appoggiano le mani sulle ginocchia in sincronia. La mora è la prima che inizia a parlare a raffica e del suo discorso capisco solo: lavagna, persona incappucciata e lotte clandestine, un nesso tra tutte queste non riesco a trovarlo e stessa cosa sembra pensare la ragazza vicina a me che guarda l'amica visibilmente confusa.

«Che cosa?» si solleva e appoggia un braccio sulla spalla di Austin come per tenersi in piedi.
«Ho detto che mentre perlustravamo il corridoio alla tua ricerca una persona incappucciata è corsa fuori da un'aula scaraventandomi a terra, neanche fossimo ad una gara clandestina e quando siamo entrati in quella classe abbiamo trovato una scritta sulla lavagna che diceva di smettere di cercare, era senza ombra di dubbio una minaccia» dice tutto senza fermarsi e per un momento penso che stia per svenire a causa della mancanza di ossigeno, ma ciò non accade e sollevo un sopraciglio dubbioso.

«Ne sei certa?» mi guadagno una sua occhiataccia.
«Certo che sono sicura Shaggy!»
«Shaggy?» domanda ancora più confusa Isabelle e la sua amica fa un segno con la mano, come a dire ne parliamo dopo.

THE LIGHT (sequel di The Darkness)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora